A seguito dell’opera di Bramante a Roma, nella prassi architettonica si diffonde l’impiego del ‘dorico archeologico’ che, definito ‘difficile’ da Vitruvio, nelle esperienze del secolo precedente non era mai stato utilizzato nella sua completa declinazione. Numerosi disegni di rilievo e analisi dei ruderi antichi testimoniano della ricerca e messa a punto di un possibile modello di riferimento. Tuttavia evidenti differenze tra monumenti come il teatro di Marcello, la basilica Emilia, il tempio di Ercole a Cori, causavano difficoltà nell’univoca definizione del genere e comportavano diverse interpretazioni degli elementi distintivi del dorico, ora riferiti con rigore alla sua origine tettonica, ora riproposti in senso ornamentale. Diversamente da Peruzzi, Raffaello e dallo stesso Bramante, che utilizzano liberamente tale ordine anche nelle sue valenze puramente formali, Antonio da Sangallo il Giovane, interessato a un’approfondita analisi dei prototipi antichi, si mostra particolarmente attento all’accezione costruttiva del dorico, piegato all’evidenziazione dei punti nodali della struttura muraria. La dialettica tra sistema colonnare e muratura, tra volte e coperture piane, porta Palladio a interpretare il ruolo degli elementi del dorico in relazione al contesto della fabbrica, utilizzandone il riferimento a significati strutturali anche al di fuori del sistema degli ordini. In tal modo, Palladio giunge, seppure secondo una via profondamente diversa, a un impiego del linguaggio degli ordini memore della libertà degli ‘architetti artisti’ del primo Cinquecento.
«Questo tempio è di opera dorica». Il dorico da Antonio da Sangallo il Giovane a Palladio / Zampa, Paola. - In: ANNALI DI ARCHITETTURA. - ISSN 1124-7169. - STAMPA. - 29:(2017), pp. 127-134.
«Questo tempio è di opera dorica». Il dorico da Antonio da Sangallo il Giovane a Palladio
Paola Zampa
2017
Abstract
A seguito dell’opera di Bramante a Roma, nella prassi architettonica si diffonde l’impiego del ‘dorico archeologico’ che, definito ‘difficile’ da Vitruvio, nelle esperienze del secolo precedente non era mai stato utilizzato nella sua completa declinazione. Numerosi disegni di rilievo e analisi dei ruderi antichi testimoniano della ricerca e messa a punto di un possibile modello di riferimento. Tuttavia evidenti differenze tra monumenti come il teatro di Marcello, la basilica Emilia, il tempio di Ercole a Cori, causavano difficoltà nell’univoca definizione del genere e comportavano diverse interpretazioni degli elementi distintivi del dorico, ora riferiti con rigore alla sua origine tettonica, ora riproposti in senso ornamentale. Diversamente da Peruzzi, Raffaello e dallo stesso Bramante, che utilizzano liberamente tale ordine anche nelle sue valenze puramente formali, Antonio da Sangallo il Giovane, interessato a un’approfondita analisi dei prototipi antichi, si mostra particolarmente attento all’accezione costruttiva del dorico, piegato all’evidenziazione dei punti nodali della struttura muraria. La dialettica tra sistema colonnare e muratura, tra volte e coperture piane, porta Palladio a interpretare il ruolo degli elementi del dorico in relazione al contesto della fabbrica, utilizzandone il riferimento a significati strutturali anche al di fuori del sistema degli ordini. In tal modo, Palladio giunge, seppure secondo una via profondamente diversa, a un impiego del linguaggio degli ordini memore della libertà degli ‘architetti artisti’ del primo Cinquecento.File | Dimensione | Formato | |
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