“La città è un recinto o un insieme di recinti, dove matura l’arte di maneggiare le medie e piccole distanze, quel che intendiamo da allora in poi per ‘architettura’.”1 In queste parole di Benevolo si concretizza la lettura che il contributo qui proposto vuole suggerire in tema di perimetri murati delle città. Cingere, o meglio recingere, è l’atto primo dell’abitare, il gesto che separa lo spazio dell’uomo da quello della natura impervia e minacciosa. Il recinto è quel limite che protegge e prima ancora che misura, che separa e che unisce e parimenti, come traccia esterna, esso rappresenta l’epifania della forma. Il muro, d’altro canto, esprime l’atto in cui questa linea si materializza e da cui lo spazio architettonico si origina. Lo studio si muove a partire dalla riflessione che le mura in fondo non sono che muri, quindi recinti e come tali sono portatrici delle medesime categorie significanti e strutturali. Architetture del limite, prima ancora che apparati di difesa militare, le cerchie fortificate hanno rappresentato per secoli l’immagine fisica e politica dell’urbs e della civitas, la sintesi della forma e al contempo del potere e non di meno, come pareti porose, esse sono state l’involucro, la pelle urbana, su cui si è strutturato l’antico binomio “città–campagna” (diremmo oggi “città–paesaggio”). La ricerca parte dall’assunto che il mutato panorama della città aperta contemporanea ha radicalmente alterato il rapporto mura-città invertendone l’ordine semantico, se un tempo le mura contenevano la città ora è la città stessa a contenere le mura. Ne consegue che i recinti murati, pur se hanno perso il significato di limite ultimo, continuano a costituire un limite e, di più, rappresentano quel delicato margine tra centro storico e città d’espansione extra moenia. Questo rilevante aspetto induce a indagare l’oggetto mura non solo e non tanto dal punto di vista storico o conservativo, ma dal punto di vista urbano, nella convinzione che i perimetri antichi possono ancora giocare un ruolo fondamentale nelle dinamiche della città. Dispositivi lineari bifronti, le mura rappresentano i luoghi della permeabilità urbana ed esprimono un immenso potenziale in termini di valorizzazione dei centri storici proprio in relazione al tema dell’accessibilità, e quindi in senso lato dell’accoglienza. D’altra parte, la tutela e la salvaguardia dei beni patrimoniali non può prescindere, al di là delle azioni di consolidamento, dalla riabilitazione in chiave urbana di certe architetture del passato ai luoghi del futuro. Lungi dalla pericolosa accezione di monumento, le cinte murarie devono essere restituite alla contemporaneità come architetture, e come tali per vivere, semplicemente, debbono essere vissute. In tale direzione la ricerca si struttura sostanzialmente in tre parti. Una prima parte teorico-critica approfondisce il significato storico delle mura e quello mutato contemporaneo, fornendo un spunto di riflessione sullo stato dell’arte in tema di recupero e valorizzazione delle architetture fortificate urbane. Una seconda parte, di carattere più metodologico, illustra l’oggetto della ricerca, gli obiettivi, le fasi di studio a partire da una strategia di intervento suggerita. La tesi dottorale si sviluppa a seguito dell’esperienza personale di ricerca già intrapresa su due casi studio italiani, quelli di San Gemini e Viterbo, condotta all’interno del Dipartimento di Architettura e Progetto nel triennio di dottorato. Da ciò il contributo proposto vuole essere una sperimentazione su un caso studio straniero, quello di Siviglia, come strumento di verifica di una metodologia già applicata. La terza parte riguarda il progetto relativo al perimetro murato di Siviglia e diviene l’occasione per illustrare con dettaglio l’iter operativo, i risultati ottenuti e il programma strategico interno alla ricerca. La cerchia muraria di Siviglia rivela numerose divergenze rispetto agli esempi già citati: è infatti una cinta fortificata di matrice araba con uno sviluppo dimensionale molto più esteso, ma soprattutto è un perimetro murato in gran parte demolito. Questa caratteristica, pur se può apparire un paradosso, diviene determinate nella scelta. L’integrità del circuito assume infatti un ruolo centrale nella trattazione della ricerca, comprovando l‘innata capacità di “resistenza” che le mura mantengono anche attraverso le sole tracce che di esse rimangono. 1 L. Benevolo, La città nella storia d’Europa, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 10

Le mura delle città antiche. Nuovi paesaggi urbani tra memoria e progetto / Fiorelli, Angela. - (2018 Feb 23).

Le mura delle città antiche. Nuovi paesaggi urbani tra memoria e progetto

FIORELLI, ANGELA
23/02/2018

Abstract

“La città è un recinto o un insieme di recinti, dove matura l’arte di maneggiare le medie e piccole distanze, quel che intendiamo da allora in poi per ‘architettura’.”1 In queste parole di Benevolo si concretizza la lettura che il contributo qui proposto vuole suggerire in tema di perimetri murati delle città. Cingere, o meglio recingere, è l’atto primo dell’abitare, il gesto che separa lo spazio dell’uomo da quello della natura impervia e minacciosa. Il recinto è quel limite che protegge e prima ancora che misura, che separa e che unisce e parimenti, come traccia esterna, esso rappresenta l’epifania della forma. Il muro, d’altro canto, esprime l’atto in cui questa linea si materializza e da cui lo spazio architettonico si origina. Lo studio si muove a partire dalla riflessione che le mura in fondo non sono che muri, quindi recinti e come tali sono portatrici delle medesime categorie significanti e strutturali. Architetture del limite, prima ancora che apparati di difesa militare, le cerchie fortificate hanno rappresentato per secoli l’immagine fisica e politica dell’urbs e della civitas, la sintesi della forma e al contempo del potere e non di meno, come pareti porose, esse sono state l’involucro, la pelle urbana, su cui si è strutturato l’antico binomio “città–campagna” (diremmo oggi “città–paesaggio”). La ricerca parte dall’assunto che il mutato panorama della città aperta contemporanea ha radicalmente alterato il rapporto mura-città invertendone l’ordine semantico, se un tempo le mura contenevano la città ora è la città stessa a contenere le mura. Ne consegue che i recinti murati, pur se hanno perso il significato di limite ultimo, continuano a costituire un limite e, di più, rappresentano quel delicato margine tra centro storico e città d’espansione extra moenia. Questo rilevante aspetto induce a indagare l’oggetto mura non solo e non tanto dal punto di vista storico o conservativo, ma dal punto di vista urbano, nella convinzione che i perimetri antichi possono ancora giocare un ruolo fondamentale nelle dinamiche della città. Dispositivi lineari bifronti, le mura rappresentano i luoghi della permeabilità urbana ed esprimono un immenso potenziale in termini di valorizzazione dei centri storici proprio in relazione al tema dell’accessibilità, e quindi in senso lato dell’accoglienza. D’altra parte, la tutela e la salvaguardia dei beni patrimoniali non può prescindere, al di là delle azioni di consolidamento, dalla riabilitazione in chiave urbana di certe architetture del passato ai luoghi del futuro. Lungi dalla pericolosa accezione di monumento, le cinte murarie devono essere restituite alla contemporaneità come architetture, e come tali per vivere, semplicemente, debbono essere vissute. In tale direzione la ricerca si struttura sostanzialmente in tre parti. Una prima parte teorico-critica approfondisce il significato storico delle mura e quello mutato contemporaneo, fornendo un spunto di riflessione sullo stato dell’arte in tema di recupero e valorizzazione delle architetture fortificate urbane. Una seconda parte, di carattere più metodologico, illustra l’oggetto della ricerca, gli obiettivi, le fasi di studio a partire da una strategia di intervento suggerita. La tesi dottorale si sviluppa a seguito dell’esperienza personale di ricerca già intrapresa su due casi studio italiani, quelli di San Gemini e Viterbo, condotta all’interno del Dipartimento di Architettura e Progetto nel triennio di dottorato. Da ciò il contributo proposto vuole essere una sperimentazione su un caso studio straniero, quello di Siviglia, come strumento di verifica di una metodologia già applicata. La terza parte riguarda il progetto relativo al perimetro murato di Siviglia e diviene l’occasione per illustrare con dettaglio l’iter operativo, i risultati ottenuti e il programma strategico interno alla ricerca. La cerchia muraria di Siviglia rivela numerose divergenze rispetto agli esempi già citati: è infatti una cinta fortificata di matrice araba con uno sviluppo dimensionale molto più esteso, ma soprattutto è un perimetro murato in gran parte demolito. Questa caratteristica, pur se può apparire un paradosso, diviene determinate nella scelta. L’integrità del circuito assume infatti un ruolo centrale nella trattazione della ricerca, comprovando l‘innata capacità di “resistenza” che le mura mantengono anche attraverso le sole tracce che di esse rimangono. 1 L. Benevolo, La città nella storia d’Europa, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 10
23-feb-2018
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