Negli ultimi anni, le nanoparticelle di ferritina hanno ricevuto crescente attenzione per le loro peculiari proprietà ed il loro impiego per applicazioni diagnostiche e terapeutiche. Le ferritine infatti sono nanoparticelle proteiche stabili, biocompatibili, versatili, uniformi ed omogenee con 24 subunità assemblate in modo da formare una gabbia sferica, con una cavità interna di 8 nm di diametro, in grado di ospitare qualsivoglia molecola. Inoltre le ferritine possono essere internalizzate all’interno delle cellule mediante endocitosi mediata dal recettore TfR1, un recettore largamente sovraespresso nelle cellule cancerose. Per queste caratteristiche le ferritine emergono come nanoparticelle ideali per l’incapsulamento ed il delivery selettivo di varie molecole endogene. Tuttavia le ferritine di mammifero sono assemblate in una forma stabile e chiusa di tetraeicosamero, in grado di dissociare solo in condizioni estreme quali pH acidi potenzialmente dannosi sia per la proteina che per le molecole incapsulate. Al contrario, la ferritina di Archaeaoglobus fulgidus (AfFt) è in grado di dissociare e riassociare dipendentemente dalla forza ionica dell’ambiente in cui si trova. Tale ferritina è stata perciò “umanizzata” mediante tecniche di ingegneria genetica producendo un mutante di superficie di AfFt con un loop esterno in grado di mimare il motivo di riconoscimento della ferritina umana per il recettore TfR1 in cellule umane e con l’architettura e le proprietà di oligomerizzazione tipiche della ferritina di AfFt. Le proprietà di associazione e dissociazione dipendenti dalla forza ionica del sistema sono state attentamente caratterizzate da un punto di vista sia termodinamico che cinetico, tramite funzionalizzazione della proteina con molecole fluorescenti di pirene. Tale fluoroforo è inoltre stato utilizzato per la visualizzazione, mediante la tecnica di microscopia di fluorescenza a due fotoni, dell’uptake di ferritina all’interno di cellule cancerose quali le cellule HeLa. L’effettiva internalizzazione della ferritina dimostra quindi sia l’avvenuto riconosciuto del mutante umanizzato da parte del recettore TfR1 sia il potenziale di tale nanoparticella per applicazioni di microscopia e bioimaging. In aggiunta l’utilizzo della ferritina umanizzata come nano particella per l’incapsulamento ed il delivery selettivo su cellule cancerose di brevi sequenze di DNA è sotto sperimentazione. In conclusione questi studi dimostrano la potenzialità della ferritina umanizzata come nano particella versatile, facilmente modificabile ed in grado di incapsulare molecole all’interno della cavità in condizioni fisiologiche al fine di trasportare e rilasciare selettivamente la molecola incapsulata all’interno delle cellule tumorali per scopi terapeutici o diagnostici.

Ferritin engineering by chemical modification for bioimaging and drug delivery / Benni, Irene. - (2017 Dec 20).

Ferritin engineering by chemical modification for bioimaging and drug delivery

BENNI, IRENE
20/12/2017

Abstract

Negli ultimi anni, le nanoparticelle di ferritina hanno ricevuto crescente attenzione per le loro peculiari proprietà ed il loro impiego per applicazioni diagnostiche e terapeutiche. Le ferritine infatti sono nanoparticelle proteiche stabili, biocompatibili, versatili, uniformi ed omogenee con 24 subunità assemblate in modo da formare una gabbia sferica, con una cavità interna di 8 nm di diametro, in grado di ospitare qualsivoglia molecola. Inoltre le ferritine possono essere internalizzate all’interno delle cellule mediante endocitosi mediata dal recettore TfR1, un recettore largamente sovraespresso nelle cellule cancerose. Per queste caratteristiche le ferritine emergono come nanoparticelle ideali per l’incapsulamento ed il delivery selettivo di varie molecole endogene. Tuttavia le ferritine di mammifero sono assemblate in una forma stabile e chiusa di tetraeicosamero, in grado di dissociare solo in condizioni estreme quali pH acidi potenzialmente dannosi sia per la proteina che per le molecole incapsulate. Al contrario, la ferritina di Archaeaoglobus fulgidus (AfFt) è in grado di dissociare e riassociare dipendentemente dalla forza ionica dell’ambiente in cui si trova. Tale ferritina è stata perciò “umanizzata” mediante tecniche di ingegneria genetica producendo un mutante di superficie di AfFt con un loop esterno in grado di mimare il motivo di riconoscimento della ferritina umana per il recettore TfR1 in cellule umane e con l’architettura e le proprietà di oligomerizzazione tipiche della ferritina di AfFt. Le proprietà di associazione e dissociazione dipendenti dalla forza ionica del sistema sono state attentamente caratterizzate da un punto di vista sia termodinamico che cinetico, tramite funzionalizzazione della proteina con molecole fluorescenti di pirene. Tale fluoroforo è inoltre stato utilizzato per la visualizzazione, mediante la tecnica di microscopia di fluorescenza a due fotoni, dell’uptake di ferritina all’interno di cellule cancerose quali le cellule HeLa. L’effettiva internalizzazione della ferritina dimostra quindi sia l’avvenuto riconosciuto del mutante umanizzato da parte del recettore TfR1 sia il potenziale di tale nanoparticella per applicazioni di microscopia e bioimaging. In aggiunta l’utilizzo della ferritina umanizzata come nano particella per l’incapsulamento ed il delivery selettivo su cellule cancerose di brevi sequenze di DNA è sotto sperimentazione. In conclusione questi studi dimostrano la potenzialità della ferritina umanizzata come nano particella versatile, facilmente modificabile ed in grado di incapsulare molecole all’interno della cavità in condizioni fisiologiche al fine di trasportare e rilasciare selettivamente la molecola incapsulata all’interno delle cellule tumorali per scopi terapeutici o diagnostici.
20-dic-2017
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Tesi dottorato Benni

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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1071775
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