La ricerca si è posta l’intento di analizzare il rapporto con la ‘materia’ antica nella Roma comunale del XIII e XIV secolo. In tale frangente sono state prese in considerazione le categorie di identità, memoria e storia, nonché la percezione della sfera temporale, in modo da definire in che misura si percepisse il distacco con il passato e, conseguentemente, in quali frangenti si operasse un riconoscimento del passato come epoca storica definita e lontana dal presente, premessa indispensabile per un maggior rispetto delle testimonianze materiali antiche in quanto tali. Pertanto, la ricerca si è mossa lungo tre grandi filoni di indagine, facenti riferimento alla percezione culturale del tempo, della memoria e dell’identità collettiva e, di conseguenza, al recepimento, nel quotidiano, di questo sentimento, che trova espressione nei documenti giuridici e nell’approccio materiale alla costruzione di nuovi edifici. Come premessa indispensabile all’analisi della conservazione o della distruzione della materia antica, il primo capitolo si offre come uno spunto di approfondimento delle tematiche relative ai concetti di storia, di tempo e di nascita di una nuova identità nel periodo tardomedievale e, più in particolare, a Roma, prendendo in esame il significato del sentimento di antico. La trattazione ha preso le mosse da considerazioni di ordine storico legate allo sviluppo scientifico nella definizione di dispositivi meccanici atti a rendere precisa la periodizzazione del tempo a cavallo tra XIII e XIV secolo. Ne consegue un mutamento nella nozione di concatenazione degli eventi storici, che mette in luce la necessità, per motivi politici e scientifici, di ridefinire la percezione di passato e di presente, nonché di identità collettiva, in cui la materia, in quanto resto del passato, viene ampiamente e differentemente interpretata. Tale processo è ben visibile osservando gli sviluppi socio-culturali verificatisi a Roma tra XIII e XIV secolo, che trovano espressione nella ricerca di identità da parte delle classi dirigenti e della nuova realtà politica comunale. Il secondo capitolo propone un’analisi di documenti notarili e istituzionali. Non solo vi si analizzano le delibere ufficiali del Comune romano attinenti al rapporto tra nuove edificazioni e resti antichi, ma anche documenti che testimoniano la relazione della cittadinanza e degli ordini religiosi con le preesistenze antiche e le modalità di regolamentazione del reimpiego di materiali rinvenuti. Le testimonianze prese in esame, come conseguenza dei descritti mutamenti socio-culturali, portano alla luce un cambio di passo molto lento ma, nel contempo, esplicito. In particolare, emerge una considerazione dell’elemento antico come ormai lontano dalla società dell’epoca, ma che può – e deve – essere tenuto in considerazione per i significati simbolici ad esso connessi, lasciando intravedere un’anticipazione del futuro approccio all’antico quale modello. Risulta evidente, nel corso del XIV secolo, il riferimento dei notabili di Roma, in ambito ufficiale e nel redigere atti, a luoghi connessi all’idea di antichità o a lacerti di materiale antico, come a sottolineare il legame tra la giurisprudenza antica e quella tardomedievale. Tale atteggiamento non si manifesta esclusivamente in ambito giuridico, bensì anche nel caso di alcuni privati cittadini, in possesso di resti antichi; dagli esempi analizzati si evince un’attenta selezione del materiale e un’esplicita distinzione tra gli elementi da rivendere o da reimpiegare e quelli da lasciare intatti, in base alla loro posizione nella proprietà o alla loro forma e lavorazione. Analogamente, gli atti di alcuni gli ordini religiosi, in casi specifici, si occupano della modalità di regolamentazione dei rinvenimenti sui fondi di loro proprietà, prevedendo una procedura di spartizione dei ritrovamenti e l’incameramento di parte di essi, sia a scopo commerciale, sia, probabilmente, per trattenerli all’interno degli istituti. Inoltre, considerando in senso stretto il modo stesso di misurare e dichiarare il trascorrere del tempo, è stato sottolineato come tutti gli atti civili tra XIII e XIV secolo riportino la datazione secondo il calendario, senza alcun riferimento a ricorrenze religiose o all’anno di pontificato. Passando, infine, ad analizzare le modalità costruttive del XIII e XIV secolo, il terzo capitolo offre una disamina dei maggiori edifici realizzati dalle più importanti famiglie baronali. Tale studio è volto a sottolineare le varie modalità di reimpiego della materia antica, utilizzata non solo come mero materiale da costruzione, ma anche come elemento latore di significati simbolici e, pertanto, riutilizzato con criteri diversi a seconda delle intenzioni costruttive. Le evidenze architettoniche prese in esame mostrano di rapportarsi ai luoghi e ai materiali antichi con maggior attenzione, inglobando le preesistenze o appoggiandosi ad esse senza grandi opere di stravolgimento delle strutture antiche. Nello specifico, le architetture in esame sono state classificate sulla base della diversa modalità di occupazione dei resti classici, prendendo in considerazione il carattere tipologico delle strutture antiche e le finalità di riuso. Pertanto, sono state individuate tre diverse modalità insediative: le torri, una porzione degli elementi fortificati del complesso baronale che, a seguito di una fase di smembramento del complesso stesso, sono sopravvissute come elemento notevole e, perciò, conservate dai casati anche dopo l’acme di militarizzazione della città di Roma tra XIII e XIV secolo; i complessi o castra, comprendenti ampie zone della città, con perimetro più o meno fortificato; gli edifici fortificati sorti su strutture antiche circolari o semicircolari chiuse, quali mausolei, teatri e anfiteatri. Nel caso delle torri sono stati presi in esame quegli elementi rappresentanti la parte dichiaratamente difensiva dei complessi fortificati. Nelle strutture degli edifici a torre analizzati è stata riscontrata la caratteristica comune di presentare elementi antichi inglobati nella fondazione, evidenziando una specifica volontà costruttiva nell’includere porzioni di edifici facenti parte di siti particolarmente importanti dal punto di vista ideologico e strategico. Nella fase principale di fortificazione è stato possibile verificare il riuso di elementi materici ritenuti di pregio, poiché costituiti da materiali da costruzione pregiati – come il marmo o il travertino – o di buona fattura, posti in opera in modo da rinforzare l’edificio a livello strutturale e, allo stesso tempo, per esibirne il valore. È stato, inoltre, notato il riuso di elementi maggiormente lavorati, come colonne e capitelli, nelle fasi iniziali di residenza nobile non fortificata. I castra presi in esame hanno rivelato una modalità insediativa comprendente diverse funzioni a servizio dello scopo residenziale e, di conseguenza, difensivo del costruito. All’interno del perimetro fortificato è stata riscontrata una predominante funzione residenziale e una modalità di riuso dell’antico volta ad evidenziare il carattere di nobiltà e potenza del casato. Dall’analisi, infatti, risulta che i complessi, pur presentando una cinta muraria perimetrale e vari elementi difensivi, non solo si insediano su luoghi notevoli nei quali sono ancora evidenti le strutture romane antiche spesso utilizzate come fondamenta, ma al contempo presentano il riuso di elementi marmorei di particolare fattura, nel caso di edifici interni considerati di rappresentanza. Infine, la modalità insediativa relativa agli edifici fortificati sorti su strutture antiche circolari o semicircolari mette in luce l’importanza del carattere di grande compattezza dell’edificio antico. Proprio per tale caratteristica, nella casistica delle architetture in esame l’insediamento di strutture fortificate o difensive si verifica ben prima del XIII secolo, mentre a partire da questo periodo si mettono in atto interventi di modifica. Gli interventi, per quanto desumibili, si configurano come aggiunte effettuate sulla struttura compatta e conchiusa dell’edificio antico, occupato e riutilizzato nel suo complesso come struttura portante. A quest’ultima categoria di edifici fortificati sono state ricondotte anche le costruzioni difensivo-residenziali sorte sugli archi trionfali, per il comune carattere di particolare compattezza e di chiusura verso l’esterno della struttura antica. Attraverso l’analisi delle tracce degli interventi tardomedievali, sono stati individuate aggiunte murarie prevalentemente in sopraelevazione con limitate modifiche del monumento antico. Sebbene non siano assenti motivi utilitaristici nell’occupazione dei monumenti classici o delle aree con resti antichi, è stato nel contempo riscontrato un filo conduttore nel forte sentimento di riconnessione alla cultura antica, ben espresso dalla società dell’epoca. Da ultimo, l’analisi propone alcune valutazioni conclusive che, tenendo conto dei passi già compiuti dalla ricerca, tentano di confermare le impressioni espresse in apertura e di offrire nuovi spunti di indagine.

Roma comunale e l'antiquitas tra XIII e XIV secolo / LEMBO FAZIO, Francesca. - (2017 Feb 09).

Roma comunale e l'antiquitas tra XIII e XIV secolo

LEMBO FAZIO, FRANCESCA
09/02/2017

Abstract

La ricerca si è posta l’intento di analizzare il rapporto con la ‘materia’ antica nella Roma comunale del XIII e XIV secolo. In tale frangente sono state prese in considerazione le categorie di identità, memoria e storia, nonché la percezione della sfera temporale, in modo da definire in che misura si percepisse il distacco con il passato e, conseguentemente, in quali frangenti si operasse un riconoscimento del passato come epoca storica definita e lontana dal presente, premessa indispensabile per un maggior rispetto delle testimonianze materiali antiche in quanto tali. Pertanto, la ricerca si è mossa lungo tre grandi filoni di indagine, facenti riferimento alla percezione culturale del tempo, della memoria e dell’identità collettiva e, di conseguenza, al recepimento, nel quotidiano, di questo sentimento, che trova espressione nei documenti giuridici e nell’approccio materiale alla costruzione di nuovi edifici. Come premessa indispensabile all’analisi della conservazione o della distruzione della materia antica, il primo capitolo si offre come uno spunto di approfondimento delle tematiche relative ai concetti di storia, di tempo e di nascita di una nuova identità nel periodo tardomedievale e, più in particolare, a Roma, prendendo in esame il significato del sentimento di antico. La trattazione ha preso le mosse da considerazioni di ordine storico legate allo sviluppo scientifico nella definizione di dispositivi meccanici atti a rendere precisa la periodizzazione del tempo a cavallo tra XIII e XIV secolo. Ne consegue un mutamento nella nozione di concatenazione degli eventi storici, che mette in luce la necessità, per motivi politici e scientifici, di ridefinire la percezione di passato e di presente, nonché di identità collettiva, in cui la materia, in quanto resto del passato, viene ampiamente e differentemente interpretata. Tale processo è ben visibile osservando gli sviluppi socio-culturali verificatisi a Roma tra XIII e XIV secolo, che trovano espressione nella ricerca di identità da parte delle classi dirigenti e della nuova realtà politica comunale. Il secondo capitolo propone un’analisi di documenti notarili e istituzionali. Non solo vi si analizzano le delibere ufficiali del Comune romano attinenti al rapporto tra nuove edificazioni e resti antichi, ma anche documenti che testimoniano la relazione della cittadinanza e degli ordini religiosi con le preesistenze antiche e le modalità di regolamentazione del reimpiego di materiali rinvenuti. Le testimonianze prese in esame, come conseguenza dei descritti mutamenti socio-culturali, portano alla luce un cambio di passo molto lento ma, nel contempo, esplicito. In particolare, emerge una considerazione dell’elemento antico come ormai lontano dalla società dell’epoca, ma che può – e deve – essere tenuto in considerazione per i significati simbolici ad esso connessi, lasciando intravedere un’anticipazione del futuro approccio all’antico quale modello. Risulta evidente, nel corso del XIV secolo, il riferimento dei notabili di Roma, in ambito ufficiale e nel redigere atti, a luoghi connessi all’idea di antichità o a lacerti di materiale antico, come a sottolineare il legame tra la giurisprudenza antica e quella tardomedievale. Tale atteggiamento non si manifesta esclusivamente in ambito giuridico, bensì anche nel caso di alcuni privati cittadini, in possesso di resti antichi; dagli esempi analizzati si evince un’attenta selezione del materiale e un’esplicita distinzione tra gli elementi da rivendere o da reimpiegare e quelli da lasciare intatti, in base alla loro posizione nella proprietà o alla loro forma e lavorazione. Analogamente, gli atti di alcuni gli ordini religiosi, in casi specifici, si occupano della modalità di regolamentazione dei rinvenimenti sui fondi di loro proprietà, prevedendo una procedura di spartizione dei ritrovamenti e l’incameramento di parte di essi, sia a scopo commerciale, sia, probabilmente, per trattenerli all’interno degli istituti. Inoltre, considerando in senso stretto il modo stesso di misurare e dichiarare il trascorrere del tempo, è stato sottolineato come tutti gli atti civili tra XIII e XIV secolo riportino la datazione secondo il calendario, senza alcun riferimento a ricorrenze religiose o all’anno di pontificato. Passando, infine, ad analizzare le modalità costruttive del XIII e XIV secolo, il terzo capitolo offre una disamina dei maggiori edifici realizzati dalle più importanti famiglie baronali. Tale studio è volto a sottolineare le varie modalità di reimpiego della materia antica, utilizzata non solo come mero materiale da costruzione, ma anche come elemento latore di significati simbolici e, pertanto, riutilizzato con criteri diversi a seconda delle intenzioni costruttive. Le evidenze architettoniche prese in esame mostrano di rapportarsi ai luoghi e ai materiali antichi con maggior attenzione, inglobando le preesistenze o appoggiandosi ad esse senza grandi opere di stravolgimento delle strutture antiche. Nello specifico, le architetture in esame sono state classificate sulla base della diversa modalità di occupazione dei resti classici, prendendo in considerazione il carattere tipologico delle strutture antiche e le finalità di riuso. Pertanto, sono state individuate tre diverse modalità insediative: le torri, una porzione degli elementi fortificati del complesso baronale che, a seguito di una fase di smembramento del complesso stesso, sono sopravvissute come elemento notevole e, perciò, conservate dai casati anche dopo l’acme di militarizzazione della città di Roma tra XIII e XIV secolo; i complessi o castra, comprendenti ampie zone della città, con perimetro più o meno fortificato; gli edifici fortificati sorti su strutture antiche circolari o semicircolari chiuse, quali mausolei, teatri e anfiteatri. Nel caso delle torri sono stati presi in esame quegli elementi rappresentanti la parte dichiaratamente difensiva dei complessi fortificati. Nelle strutture degli edifici a torre analizzati è stata riscontrata la caratteristica comune di presentare elementi antichi inglobati nella fondazione, evidenziando una specifica volontà costruttiva nell’includere porzioni di edifici facenti parte di siti particolarmente importanti dal punto di vista ideologico e strategico. Nella fase principale di fortificazione è stato possibile verificare il riuso di elementi materici ritenuti di pregio, poiché costituiti da materiali da costruzione pregiati – come il marmo o il travertino – o di buona fattura, posti in opera in modo da rinforzare l’edificio a livello strutturale e, allo stesso tempo, per esibirne il valore. È stato, inoltre, notato il riuso di elementi maggiormente lavorati, come colonne e capitelli, nelle fasi iniziali di residenza nobile non fortificata. I castra presi in esame hanno rivelato una modalità insediativa comprendente diverse funzioni a servizio dello scopo residenziale e, di conseguenza, difensivo del costruito. All’interno del perimetro fortificato è stata riscontrata una predominante funzione residenziale e una modalità di riuso dell’antico volta ad evidenziare il carattere di nobiltà e potenza del casato. Dall’analisi, infatti, risulta che i complessi, pur presentando una cinta muraria perimetrale e vari elementi difensivi, non solo si insediano su luoghi notevoli nei quali sono ancora evidenti le strutture romane antiche spesso utilizzate come fondamenta, ma al contempo presentano il riuso di elementi marmorei di particolare fattura, nel caso di edifici interni considerati di rappresentanza. Infine, la modalità insediativa relativa agli edifici fortificati sorti su strutture antiche circolari o semicircolari mette in luce l’importanza del carattere di grande compattezza dell’edificio antico. Proprio per tale caratteristica, nella casistica delle architetture in esame l’insediamento di strutture fortificate o difensive si verifica ben prima del XIII secolo, mentre a partire da questo periodo si mettono in atto interventi di modifica. Gli interventi, per quanto desumibili, si configurano come aggiunte effettuate sulla struttura compatta e conchiusa dell’edificio antico, occupato e riutilizzato nel suo complesso come struttura portante. A quest’ultima categoria di edifici fortificati sono state ricondotte anche le costruzioni difensivo-residenziali sorte sugli archi trionfali, per il comune carattere di particolare compattezza e di chiusura verso l’esterno della struttura antica. Attraverso l’analisi delle tracce degli interventi tardomedievali, sono stati individuate aggiunte murarie prevalentemente in sopraelevazione con limitate modifiche del monumento antico. Sebbene non siano assenti motivi utilitaristici nell’occupazione dei monumenti classici o delle aree con resti antichi, è stato nel contempo riscontrato un filo conduttore nel forte sentimento di riconnessione alla cultura antica, ben espresso dalla società dell’epoca. Da ultimo, l’analisi propone alcune valutazioni conclusive che, tenendo conto dei passi già compiuti dalla ricerca, tentano di confermare le impressioni espresse in apertura e di offrire nuovi spunti di indagine.
9-feb-2017
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Tesi dottorato Lembo Fazio

Open Access dal 01/02/2020

Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1050582
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