Abstract della Tesi di Dottorato Dottorato di Ricerca in Sociologia, Scienze Sociali Applicate Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche. Titolo di Tesi: Analisi sulla transizione del Mercato del Lavoro in Albania: Aspetti Giuridici e Economici. L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è l’analisi comparata del mercato del lavoro in Albania durante e dopo il regime comunista. Nella ricerca la normativa sul lavoro viene costantemente messa a confronto con i suoi effetti sul mercato, prima della caduta del regime e negli anni successivi a questo cambiamento politico ed economico di proporzioni notevoli. Assieme al confronto normativo è stata portata avanti un’analisi dettagliata di dati fondamentali per la comprensione dell’andamento e delle oscillazioni del mercato del lavoro nei due periodi presi in considerazione dal 1950 al 1990 e dal 1991 al 2016. L’intento è quello di individuare differenze e punti in comune tra i due periodi, con la consapevolezza però della diffidenza generalizzata e del giudizio negativo sul regime comunista in Albania. La normativa che regola gli indicatori del mercato del lavoro costituisce un tema fondamentale ed è una questione che suscita sempre un dibattito piuttosto acceso. A partire dalla mia formazione giuridica ho provato a mettere in luce e a comprendere i differenti aspetti relativi a questo ambito, più strettamente giuridico, e di individuare gli effetti che essi producono, nel corso del tempo, sul mercato del lavoro. Il mercato del lavoro costituisce, ovviamente, il contesto nel quale si realizza il rapporto di lavoro e la normativa che lo regola e che ha il “potere” di rendere il “lavoro”, stabile o precario. Il lavoro precario si inserisce, di norma, in un mercato del lavoro flessibile che a sua volta è spesso caratterizzato da un tasso di disoccupazione piuttosto elevato. La questione problematica degli anni di transizione in Albania è, infatti, la forte flessibilità del mercato e la precarizzazione del lavoro. L’ipotesi che fa da sfondo alla ricerca è quella che pone come determinante fondamentale della flessibilità del mercato del lavoro albanese negli anni della transizione l’evoluzione del quadro normativo e il suo ruolo nell’andamento del mercato. La tesi sostenuta afferma che l’evoluzione della normativa e della giurisprudenza sul lavoro abbia prodotto, dopo la caduta del regime comunista un mercato del lavoro eccessivamente flessibile. La riforma del Codice del lavoro, ha creato, negli anni della transizione, molte lacune e ha lasciato molto spazio alla discrezionalità dei giudici nell’interpretare la norma sulla tutela del rapporto di lavoro. La giurisprudenza delle sezioni unite della Corte Suprema albanese, ha stabilito che il lavoratore nei casi di risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato senza giusta causa il lavoratore non gode di una tutela giudiziaria per il reintegro sul posto del lavoro ma gode di tutela giudiziaria per l’indennità. L’obiettivo della ricerca come accennato all’inizio, è invece quello di analizzare comparativamente il quadro normativo che regola il mercato del lavoro e quello per definire i rapporti che intercorrono al suo interno, individuare gli effetti che si sono prodotti nei due periodi presi in esame e di approfondire l’evoluzione della tutela del rapporto di lavoro. In generale, il tentativo è quello di esaminare diverse variabili degli indicatori del mercato del lavoro che rendono evidente l’impatto della normativa sul mercato del lavoro. Per osservare la Domande della ricerca - Quale effetto ha prodotto la transizione sulla struttura demografica in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sull’occupazione in generale in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sull’occupazione giovanile in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sulla disoccupazione in Albania? - Quale è il livello di scolarità e di istruzione universitarie in Albania in confronto tra i due periodi? - Quale effetto ha prodotto la legislazione sull’inserimento nel mondo del lavoro? - Quale effetto ha prodotto la transizione della normativa di lavoro sulla flessibilità in uscita? - Quale effetto ha prodotto la transizione della normativa sulla flessibilità in entrata? - Quale effetto ha prodotto la transizione sui salari? Per rispondere alle domande transizione del mercato del lavoro in Albania sono analizzati i dati secondari riguardanti popolazione, occupazione, disoccupazione, istruzione, salari, trattati dall’INSTAT (Istituto Nazionale delle Statistiche) Albania. Lo studio include il periodo durante il regime comunista e il periodo dopo la caduta del regime. È stato scelto come metodo l’analisi di statistica descrittiva. La quantità dei dati è stata selezionata dall’archivio elettronico che si trova nel sito web dell’INSTAT Albania. In base a questi dati si sono costruiti i grafici necessari per riflettere praticamente la transizione del mercato del lavoro. In sintonia con i metodi di studio sono utilizzati le tabelle i cui dati sono presentati mediante grafici. Per gli analisi sono utilizzati materiale statistico ufficiale, che sono stati la fonte centrale dei dati per realizzare il lavoro di ricerca. Si sono dunque passati in rassegna i dati raccolti nei testi dell’annuario statistico albanese e i dati dell’INSTAT (Istituto della Statistica in Albania), in qualità di fonte secondaria. Per farlo, nel modo più rigoroso possibile, si sono utilizzati alcuni software appositi come Excel o SPSS. Per comparare i dati relativi ai due periodi, si è analizzato prima e separatamente l’aspetto giuridico e quello statistico, utilizzando una tecnica di analisi di statistica descrittiva poi si è proceduto ad un’analisi comparativa sugli aspetti normativi e su quelli statistici. Inoltre i dati relativi all'Albania sono stati comparati anche con quelli del mercato del lavoro in Italia, in corrispondenza agli studi effettuati da vari autori. Per la ricerca bibliografica, ci si è avvalsi infine delle risorse offerte dall’Università “La Sapienza” di Roma tra cui le sue biblioteche, la Biblioteca Nazionale a Roma, la Biblioteca Nazionale a Tirana, l’archivio del Ministero dell’benessere sociale in Albania e l’archivio on - line della Corte Suprema di Albania. Il lavoro finale è articolato in cinque capitoli. Il primo cerca di restituire il quadro della letteratura presa in considerazione sul mercato del lavoro attraverso un’articolazione in due paragrafi. Nel primo sono citati alcuni riferimenti relativi al concetto di mercato del lavoro, la sua definizione, le sue categorie. Il mercato del lavoro viene cioè analizzato in quanto mercato all’interno del quale viene scambiata una merce particolare. Il concetto astratto di mercato del lavoro può essere rappresentato nella sua specificità di mercato caratterizzato dal confronto tra la domanda e l’offerta di lavoro. In questo senso, le categorie e gli indicatori del mercato del lavoro da prendere in considerazione sono molteplici come ad esempio la forza lavoro, l’occupazione, la disoccupazione, il tasso di occupazione e di disoccupazione. Nel secondo paragrafo ci si concentra sugli aspetti teorici prima e durante la transizione del mercato del lavoro in Albania. L’ultimo decennio del Ventesimo secolo ha visto susseguirsi, in Albania, importanti cambiamenti sul piano politico, economico e sociale. Il passaggio da un sistema socialista a un sistema democratico ha messo il paese davanti ad una prova molto difficile che implicava necessariamente, la costruzione di una nuova struttura economica. Tra il 1990 e il 1991 il nuovo sistema ha iniziato a svilupparsi sulle fondamenta del vecchio modello economico, fondato sulla proprietà statale. Inizialmente è stata concessa la gestione autonoma delle aziende per assicurare che la loro attività economica fosse indipendente. In quelle condizioni di partenza la sfida era pressoché impossibile: l’economia centralizzata non offriva indipendenza economica, l'utilizzo di tecnologie obsolete limitava l'efficienza delle aziende che erano sovvenzionate dallo Stato. Inoltre i mutamenti politici ed economici in tutta l’Europa centrale e dell’Est inclusa l’Albania hanno prodotto il collasso delle economie nazionali e molte aziende attive fino ad allora sono state chiuse per fallimento. Il passaggio dalla proprietà statale alla proprietà privata è, in assoluto, un processo molto difficile rispetto al quale la scienza economica individua due vie perseguibili: il passaggio graduale attraverso strategie di sviluppo, programmate e coordinate o una Shock Therapy. L’Albania ha scelto la Shock Therapy. Lo Stato si è trovato davanti ad una situazione economica e sociale molto difficile e ha deciso di continuare a pagare l’80% dello stipendio a tutti i nuovi disoccupati prodotti dalla chiusura delle aziende. Questa situazione ha causato un disequilibrio finanziario che ha reso necessario una ristrutturazione economica che ponesse al centro le privatizzazioni. Questi cambiamenti hanno inciso direttamente anche sul mercato del lavoro. Prima del 1990 il concetto di disoccupazione non esisteva, o meglio, i dati che lo descrivevano, non erano pubblicati ufficialmente, nonostante si contassero circa 113.000 disoccupati. Nel 1989 il mercato del lavoro era caratterizzato da un alto tasso di occupazione nelle zone rurali. Le privatizzazioni hanno causato diversi problemi nel mercato del lavoro: i troppi licenziamenti hanno fatto salire molto velocemente il tasso di disoccupazione. Durante la privatizzazione non è stata tutelata la parte più debole, i lavoratori. La disoccupazione come concetto è entrata a far parte dell’opinione pubblica albanese nel 1992. Il passaggio da un sistema ad un altro è stato accompagnato da una riforma istituzionale e giuridica che ha ovviamente investito anche il mercato del lavoro. Nel passato la legislazione sul lavoro era rappresentata dal Codice del lavoro che ha continuato a svolgere una funzione normativa fondamentale anche dopo gli sconvolgimenti del 1990, anche se, come vedremo, affiancata da nuovi interventi legislativi. Il secondo capitolo affronta l’analisi, dettagliata, del profilo giuridico e economico del mercato del lavoro in Albania prima del 1990. Vengono presi in esame gli indicatori e gli effetti delle norme giuridiche introdotte per la regolamentazione del mercato del lavoro durante la dittatura comunista. La ricerca è fondata su dati derivati da fonti secondarie pubblicate nell’annuario statistico albanese del 1991 e interpretati attraverso un’analisi statistica descrittiva della popolazione, dell’occupazione, dell’occupazione in base alle professioni, dell’istruzione e dei salari. La legislazione albanese aveva, in termini generali, una natura totalitaria. La regolamentazione del mercato del lavoro era impostata in modo conforme a quanto richiesto da un sistema economico pianificato. Tenendo a mente come indicatori la popolazione e l’occupazione si rileva che: le politiche del lavoro governative avevano lo scopo di aumentare al massimo il tasso di occupazione e l’occupazione era pianificata in base ai settori economici ed alla formazione. All’interno di un sistema di economia pianificata, il governo allocava a sé il compito di organizzare e strutturare il lavoro. Una caratteristica particolare dell’organizzazione del lavoro era costituita dall’adozione del metodo del “cottimo”, che imponeva di misurare quantità e qualità del lavoro e determinare la relativa retribuzione. Come noto, non era consentito che i lavoratori godessero della libertà di circolazione nel territorio nazionale al fine di cercare un nuovo lavoro. Le variabili analizzate ai fini di quest’analisi sono quella di genere, donne e uomini in qualità forza lavoro e il mutamento della popolazione nel corso del tempo, la sua crescita e quella relativa al contesto (popolazione urbana o rurale). Lo studio si è poi concentrato sulle variabili relative al livello di istruzione (laureati o con diploma professionale) delle donne e degli uomini occupati per mostrare gli effetti della normativa su questo indicatore specifico. Infine si è presa in esame la questione della sicurezza sul lavoro. Questione centrale nelle priorità del governo che ha avuto sempre a cuore la salute dei lavoratori a partire dalla considerazione dell’uomo in qualità di capitale “più prezioso”. Il terzo capitolo affronta invece la situazione del mercato del lavoro nella fase di transizione immediatamente successiva alla caduta del regime. Il 1991 ha visto, in Albania, la caduta del regime e il passaggio dal punto di vista politico ad un sistema democratico pluralistico e da quello economico da un’economia pianificata ad un’economia di mercato. Di conseguenza anche il mercato del lavoro, da mercato pianificato è diventato un mercato libero. Durante il regime bisogna ricordare, infatti, che l’unico datore di lavoro era lo Stato che pianificava interamente l’occupazione. All’inizio del capitolo si analizza il cambiamento della normativa in materia di lavoro descrivendo le nuove leggi introdotte, mentre successivamente si tratta, in generale, delle nuove politiche del lavoro; si analizza la struttura demografica, prendendo studiando le variabili riguardanti nascite, i decessi, la longevità e in generale la crescita demografica e dunque il mutamento della popolazione, nel suo complesso, dopo la caduta del regime, in qualità forza lavoro (maschile e femminile). Si procede poi all’analisi dell’occupazione dopo la caduta del regime concentrandosi sul livello di istruzione (come prima, occupati laureati o con diploma professionale) verificando quale delle variabili ha avuto una crescita o un calo in base all’attività svolta, al settore di riferimento, pubblico o privato. Si esamina quindi il salario nominale e il salario reale, verificando la crescita dei salari nel corso del tempo. Alla fine del capitolo si restituisce l’analisi sulla disoccupazione e il tasso di disoccupazione, sempre tenendo a mente la variabile di genere e verificando le variazioni nel corso del tempo. Nel quarto capitolo, infine, si comparano i due periodi presi in esame confrontando la normativa, gli indicatori e le variabili del mercato del lavoro. Il capitolo è diviso in due parti. La prima tratta il confronto del profilo giuridico del mercato del lavoro e dei rapporti di lavoro, analizzando le analogie e le differenze tra le due legislazioni cercando di mostrarne anche l’evoluzione nel corso del tempo. Lo studio comparativo prende il via a partire dalle fonti primarie per poi analizzare la normativa che disciplina le politiche del mercato del lavoro e, in infine, la giurisprudenza, la cui analisi arricchisce il discorso e rende immediatamente comprensibili alcuni punti di blocco, in particolare negli anni della transizione. Si cerca di evidenziare analogie e differenze tra le norme che regolano il lavoro prima e dopo la caduta del regime comunista e i loro effetti sull’economia albanese. Nella seconda parte si evidenzia e verifica l’evoluzione degli indicatori e delle variabili del mercato del lavoro intesa come conseguenza dei cambiamenti politici e della normativa. Si analizza la comparazione tra i mutamenti demografici nei due periodi, la popolazione in quanto forza lavoro, le nascite, i decessi e la crescita naturale, la longevità, l’occupazione in base all’attività economica. Si cerca, in particolare, di mettere in luce come la trasformazione della forza lavoro sia conseguente e legata a quella del sistema politico e delle politiche del mercato del lavoro. Con la comparazione dell’attività economica tra i due periodi considerati, si cerca di verificare, in quale settore economico il tasso d’occupazione sia stato più elevato e quale sia stata la sua evoluzione tra il 1990 e il 2013. Riguardo all’analisi dei dati sull’occupazione in base al livello di istruzione (laureati o diploma professionale) verificando l’evoluzione delle variabili nel tempo si cerca di mostrare gli effetti e i rapporti tra le variabili. Viene per ultimo preso in considerazione, analizzando le differenze e le relazioni tra le variabili, il numero degli occupati in base al settore economico evidenziando quello nel quale si rileva un aumento del tasso di disoccupazione. Il numero degli occupati, durante la transizione, è calato nel settore dell’industria però è aumentato nel settore di servizi. Il capitolo quinto conclude il lavoro di ricerca, analizza i risultati e si fa confronto anche con i risultati trovati da vari autori in Italia, e fa emergere un punto di vista soggettivo che ha guidato l’analisi. Analizzando gli aspetti giuridici ed economici della transizione del mercato del lavoro, dall’economia pianificata all’economia del mercato, ci si trova ad affrontare le problematiche occupazionali e l’eccessiva flessibilità che ne sono state dirette conseguenze, da un punto di vista giuridico, economico e sociale. Osservando le fonti di diritto, si rileva che i due ordinamenti giuridici mostrano molte differenze ma anche qualche somiglianza. In definitiva, sia durante il regime comunista che dopo, le norme avevano come obiettivo fondamentale quello di garantire l’occupazione a tutti cittadini abili per il lavoro. Con il passaggio all’economia di mercato si è cercato di rispettare ed allinearsi alle norme internazionali. Con la transizione lo stato non è riuscito a garantire l’occupazione per tutti ma si è preoccupato di introdurre politiche indirizzate in modo particolare all’inserimento nel mercato del lavoro. Da un punto di vista formale entrambi gli ordinamenti giuridici si sono impegnati a garantire forme, seppur differenti, di tutela sociale. Le differenze sostanziali, tra i due periodi analizzati e dunque tra le normative che hanno regolato i meccanismi del mercato del lavoro prima e dopo il regime comunista in Albania, sono quelle direttamente collegate al funzionamento del modello economico, economia socialista pianificata prima, economia di mercato, poi, da intendersi in un mercato libero e nel quale soprattutto trovava posto la proprietà pubblica come quella privata. Prima del 1990, infatti, la proprietà privata era, come previsto dalla Costituzione, vietata, così come non esisteva alcun diritto sindacale o diritto allo sciopero. Risulta evidente, da queste prime osservazioni, la fondamentale importanza delle leggi e la loro capacità di incidere sugli indicatori del mercato del lavoro. Durante il regime, per legge, la disoccupazione non esisteva. Dopo la sua caduta, nonostante i cambiamenti giuridici avessero previsto l’introduzione di politiche attive per l’occupazione e di programmi di incentivazione dell’occupazione, i loro effetti sono stati molto limitati Anche il mercato del lavoro è stato oggetto di mutamenti rilevanti. Prima del 1990 la forza lavoro era numericamente superiore indipendentemente dalla crescita o dalla diminuzione della popolazione totale. Questo perché l’età media della popolazione era inferiore come conseguenza delle politiche seguite dal regime per aumentare la popolazione in breve tempo. Nel post regime si è osservato un calo della forza lavoro, dovuto a due fattori in particolare: l’aumento esponenziale dell’emigrazione all’estero e il calo delle nascite. La flessibilità in uscita del mercato del lavoro “post-regime” produce però un calo del numero di occupati, tranne nel settore dell’istruzione che a differenza di altri è uscito indenne dagli sconvolgimenti politici ed economici. Sempre in questo periodo si assiste allo sviluppo di nuove attività economiche, come ad esempio quelle che animano il settore dei servizi. La comparazione dei dati ha messo in luce diversi risultati. Dal punto di vista normativo esiste la differenza tra i due ordinamenti, quello italiano e quello albanese. Ultimamente con la riforma di Jobs Act, la legge italiana ha creato un mercato flessibile sia in entrata che in uscita. Gli studi e le analisi confermano che negli anni della transizione è stata seguita una politica volta al miglioramento della situazione del mercato del lavoro e che, però, ha causato molti problemi sociali, ha aumentato la disoccupazione, producendo licenziamenti di massa e che quindi non è riuscita a tutelare i lavoratori. Oggetto centrale di questo lavoro di ricerca sono state le leggi in materia di lavoro e mercato del lavoro, perché si ritiene che rivestano un ruolo fondamentale nell’influenzare l’andamento degli indicatori del mercato del lavoro. Esse sono lo scheletro che consente di creare un mercato del lavoro rigido o un mercato del lavoro flessibile. La problematica della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro nel settore pubblico non ha trovato soluzione rispetto alla tutela giudiziaria e alla tutela economica dei lavoratori. Alla fine del lavoro di ricerca, in seguito all’analisi e alla comparazione dei dati, è possibile affermare che il mercato del lavoro in Albania sia eccessivamente flessibile in uscita In conclusione si evidenzia la fondamentale rilevanza del cambiamento intervenuto durante gli anni della transizione da regime comunista con sistema economico pianificato all’ordinamento democratico plurale e mercato libero.

Analisi sulla transizione del mercato del lavoro in Albania: aspetti giuridici ed economici / Anamali, Plarent. - (2017 Sep 27).

Analisi sulla transizione del mercato del lavoro in Albania: aspetti giuridici ed economici

ANAMALI, PLARENT
27/09/2017

Abstract

Abstract della Tesi di Dottorato Dottorato di Ricerca in Sociologia, Scienze Sociali Applicate Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche. Titolo di Tesi: Analisi sulla transizione del Mercato del Lavoro in Albania: Aspetti Giuridici e Economici. L’obiettivo di questo lavoro di ricerca è l’analisi comparata del mercato del lavoro in Albania durante e dopo il regime comunista. Nella ricerca la normativa sul lavoro viene costantemente messa a confronto con i suoi effetti sul mercato, prima della caduta del regime e negli anni successivi a questo cambiamento politico ed economico di proporzioni notevoli. Assieme al confronto normativo è stata portata avanti un’analisi dettagliata di dati fondamentali per la comprensione dell’andamento e delle oscillazioni del mercato del lavoro nei due periodi presi in considerazione dal 1950 al 1990 e dal 1991 al 2016. L’intento è quello di individuare differenze e punti in comune tra i due periodi, con la consapevolezza però della diffidenza generalizzata e del giudizio negativo sul regime comunista in Albania. La normativa che regola gli indicatori del mercato del lavoro costituisce un tema fondamentale ed è una questione che suscita sempre un dibattito piuttosto acceso. A partire dalla mia formazione giuridica ho provato a mettere in luce e a comprendere i differenti aspetti relativi a questo ambito, più strettamente giuridico, e di individuare gli effetti che essi producono, nel corso del tempo, sul mercato del lavoro. Il mercato del lavoro costituisce, ovviamente, il contesto nel quale si realizza il rapporto di lavoro e la normativa che lo regola e che ha il “potere” di rendere il “lavoro”, stabile o precario. Il lavoro precario si inserisce, di norma, in un mercato del lavoro flessibile che a sua volta è spesso caratterizzato da un tasso di disoccupazione piuttosto elevato. La questione problematica degli anni di transizione in Albania è, infatti, la forte flessibilità del mercato e la precarizzazione del lavoro. L’ipotesi che fa da sfondo alla ricerca è quella che pone come determinante fondamentale della flessibilità del mercato del lavoro albanese negli anni della transizione l’evoluzione del quadro normativo e il suo ruolo nell’andamento del mercato. La tesi sostenuta afferma che l’evoluzione della normativa e della giurisprudenza sul lavoro abbia prodotto, dopo la caduta del regime comunista un mercato del lavoro eccessivamente flessibile. La riforma del Codice del lavoro, ha creato, negli anni della transizione, molte lacune e ha lasciato molto spazio alla discrezionalità dei giudici nell’interpretare la norma sulla tutela del rapporto di lavoro. La giurisprudenza delle sezioni unite della Corte Suprema albanese, ha stabilito che il lavoratore nei casi di risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato senza giusta causa il lavoratore non gode di una tutela giudiziaria per il reintegro sul posto del lavoro ma gode di tutela giudiziaria per l’indennità. L’obiettivo della ricerca come accennato all’inizio, è invece quello di analizzare comparativamente il quadro normativo che regola il mercato del lavoro e quello per definire i rapporti che intercorrono al suo interno, individuare gli effetti che si sono prodotti nei due periodi presi in esame e di approfondire l’evoluzione della tutela del rapporto di lavoro. In generale, il tentativo è quello di esaminare diverse variabili degli indicatori del mercato del lavoro che rendono evidente l’impatto della normativa sul mercato del lavoro. Per osservare la Domande della ricerca - Quale effetto ha prodotto la transizione sulla struttura demografica in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sull’occupazione in generale in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sull’occupazione giovanile in Albania? - Quale effetto ha prodotto la transizione sulla disoccupazione in Albania? - Quale è il livello di scolarità e di istruzione universitarie in Albania in confronto tra i due periodi? - Quale effetto ha prodotto la legislazione sull’inserimento nel mondo del lavoro? - Quale effetto ha prodotto la transizione della normativa di lavoro sulla flessibilità in uscita? - Quale effetto ha prodotto la transizione della normativa sulla flessibilità in entrata? - Quale effetto ha prodotto la transizione sui salari? Per rispondere alle domande transizione del mercato del lavoro in Albania sono analizzati i dati secondari riguardanti popolazione, occupazione, disoccupazione, istruzione, salari, trattati dall’INSTAT (Istituto Nazionale delle Statistiche) Albania. Lo studio include il periodo durante il regime comunista e il periodo dopo la caduta del regime. È stato scelto come metodo l’analisi di statistica descrittiva. La quantità dei dati è stata selezionata dall’archivio elettronico che si trova nel sito web dell’INSTAT Albania. In base a questi dati si sono costruiti i grafici necessari per riflettere praticamente la transizione del mercato del lavoro. In sintonia con i metodi di studio sono utilizzati le tabelle i cui dati sono presentati mediante grafici. Per gli analisi sono utilizzati materiale statistico ufficiale, che sono stati la fonte centrale dei dati per realizzare il lavoro di ricerca. Si sono dunque passati in rassegna i dati raccolti nei testi dell’annuario statistico albanese e i dati dell’INSTAT (Istituto della Statistica in Albania), in qualità di fonte secondaria. Per farlo, nel modo più rigoroso possibile, si sono utilizzati alcuni software appositi come Excel o SPSS. Per comparare i dati relativi ai due periodi, si è analizzato prima e separatamente l’aspetto giuridico e quello statistico, utilizzando una tecnica di analisi di statistica descrittiva poi si è proceduto ad un’analisi comparativa sugli aspetti normativi e su quelli statistici. Inoltre i dati relativi all'Albania sono stati comparati anche con quelli del mercato del lavoro in Italia, in corrispondenza agli studi effettuati da vari autori. Per la ricerca bibliografica, ci si è avvalsi infine delle risorse offerte dall’Università “La Sapienza” di Roma tra cui le sue biblioteche, la Biblioteca Nazionale a Roma, la Biblioteca Nazionale a Tirana, l’archivio del Ministero dell’benessere sociale in Albania e l’archivio on - line della Corte Suprema di Albania. Il lavoro finale è articolato in cinque capitoli. Il primo cerca di restituire il quadro della letteratura presa in considerazione sul mercato del lavoro attraverso un’articolazione in due paragrafi. Nel primo sono citati alcuni riferimenti relativi al concetto di mercato del lavoro, la sua definizione, le sue categorie. Il mercato del lavoro viene cioè analizzato in quanto mercato all’interno del quale viene scambiata una merce particolare. Il concetto astratto di mercato del lavoro può essere rappresentato nella sua specificità di mercato caratterizzato dal confronto tra la domanda e l’offerta di lavoro. In questo senso, le categorie e gli indicatori del mercato del lavoro da prendere in considerazione sono molteplici come ad esempio la forza lavoro, l’occupazione, la disoccupazione, il tasso di occupazione e di disoccupazione. Nel secondo paragrafo ci si concentra sugli aspetti teorici prima e durante la transizione del mercato del lavoro in Albania. L’ultimo decennio del Ventesimo secolo ha visto susseguirsi, in Albania, importanti cambiamenti sul piano politico, economico e sociale. Il passaggio da un sistema socialista a un sistema democratico ha messo il paese davanti ad una prova molto difficile che implicava necessariamente, la costruzione di una nuova struttura economica. Tra il 1990 e il 1991 il nuovo sistema ha iniziato a svilupparsi sulle fondamenta del vecchio modello economico, fondato sulla proprietà statale. Inizialmente è stata concessa la gestione autonoma delle aziende per assicurare che la loro attività economica fosse indipendente. In quelle condizioni di partenza la sfida era pressoché impossibile: l’economia centralizzata non offriva indipendenza economica, l'utilizzo di tecnologie obsolete limitava l'efficienza delle aziende che erano sovvenzionate dallo Stato. Inoltre i mutamenti politici ed economici in tutta l’Europa centrale e dell’Est inclusa l’Albania hanno prodotto il collasso delle economie nazionali e molte aziende attive fino ad allora sono state chiuse per fallimento. Il passaggio dalla proprietà statale alla proprietà privata è, in assoluto, un processo molto difficile rispetto al quale la scienza economica individua due vie perseguibili: il passaggio graduale attraverso strategie di sviluppo, programmate e coordinate o una Shock Therapy. L’Albania ha scelto la Shock Therapy. Lo Stato si è trovato davanti ad una situazione economica e sociale molto difficile e ha deciso di continuare a pagare l’80% dello stipendio a tutti i nuovi disoccupati prodotti dalla chiusura delle aziende. Questa situazione ha causato un disequilibrio finanziario che ha reso necessario una ristrutturazione economica che ponesse al centro le privatizzazioni. Questi cambiamenti hanno inciso direttamente anche sul mercato del lavoro. Prima del 1990 il concetto di disoccupazione non esisteva, o meglio, i dati che lo descrivevano, non erano pubblicati ufficialmente, nonostante si contassero circa 113.000 disoccupati. Nel 1989 il mercato del lavoro era caratterizzato da un alto tasso di occupazione nelle zone rurali. Le privatizzazioni hanno causato diversi problemi nel mercato del lavoro: i troppi licenziamenti hanno fatto salire molto velocemente il tasso di disoccupazione. Durante la privatizzazione non è stata tutelata la parte più debole, i lavoratori. La disoccupazione come concetto è entrata a far parte dell’opinione pubblica albanese nel 1992. Il passaggio da un sistema ad un altro è stato accompagnato da una riforma istituzionale e giuridica che ha ovviamente investito anche il mercato del lavoro. Nel passato la legislazione sul lavoro era rappresentata dal Codice del lavoro che ha continuato a svolgere una funzione normativa fondamentale anche dopo gli sconvolgimenti del 1990, anche se, come vedremo, affiancata da nuovi interventi legislativi. Il secondo capitolo affronta l’analisi, dettagliata, del profilo giuridico e economico del mercato del lavoro in Albania prima del 1990. Vengono presi in esame gli indicatori e gli effetti delle norme giuridiche introdotte per la regolamentazione del mercato del lavoro durante la dittatura comunista. La ricerca è fondata su dati derivati da fonti secondarie pubblicate nell’annuario statistico albanese del 1991 e interpretati attraverso un’analisi statistica descrittiva della popolazione, dell’occupazione, dell’occupazione in base alle professioni, dell’istruzione e dei salari. La legislazione albanese aveva, in termini generali, una natura totalitaria. La regolamentazione del mercato del lavoro era impostata in modo conforme a quanto richiesto da un sistema economico pianificato. Tenendo a mente come indicatori la popolazione e l’occupazione si rileva che: le politiche del lavoro governative avevano lo scopo di aumentare al massimo il tasso di occupazione e l’occupazione era pianificata in base ai settori economici ed alla formazione. All’interno di un sistema di economia pianificata, il governo allocava a sé il compito di organizzare e strutturare il lavoro. Una caratteristica particolare dell’organizzazione del lavoro era costituita dall’adozione del metodo del “cottimo”, che imponeva di misurare quantità e qualità del lavoro e determinare la relativa retribuzione. Come noto, non era consentito che i lavoratori godessero della libertà di circolazione nel territorio nazionale al fine di cercare un nuovo lavoro. Le variabili analizzate ai fini di quest’analisi sono quella di genere, donne e uomini in qualità forza lavoro e il mutamento della popolazione nel corso del tempo, la sua crescita e quella relativa al contesto (popolazione urbana o rurale). Lo studio si è poi concentrato sulle variabili relative al livello di istruzione (laureati o con diploma professionale) delle donne e degli uomini occupati per mostrare gli effetti della normativa su questo indicatore specifico. Infine si è presa in esame la questione della sicurezza sul lavoro. Questione centrale nelle priorità del governo che ha avuto sempre a cuore la salute dei lavoratori a partire dalla considerazione dell’uomo in qualità di capitale “più prezioso”. Il terzo capitolo affronta invece la situazione del mercato del lavoro nella fase di transizione immediatamente successiva alla caduta del regime. Il 1991 ha visto, in Albania, la caduta del regime e il passaggio dal punto di vista politico ad un sistema democratico pluralistico e da quello economico da un’economia pianificata ad un’economia di mercato. Di conseguenza anche il mercato del lavoro, da mercato pianificato è diventato un mercato libero. Durante il regime bisogna ricordare, infatti, che l’unico datore di lavoro era lo Stato che pianificava interamente l’occupazione. All’inizio del capitolo si analizza il cambiamento della normativa in materia di lavoro descrivendo le nuove leggi introdotte, mentre successivamente si tratta, in generale, delle nuove politiche del lavoro; si analizza la struttura demografica, prendendo studiando le variabili riguardanti nascite, i decessi, la longevità e in generale la crescita demografica e dunque il mutamento della popolazione, nel suo complesso, dopo la caduta del regime, in qualità forza lavoro (maschile e femminile). Si procede poi all’analisi dell’occupazione dopo la caduta del regime concentrandosi sul livello di istruzione (come prima, occupati laureati o con diploma professionale) verificando quale delle variabili ha avuto una crescita o un calo in base all’attività svolta, al settore di riferimento, pubblico o privato. Si esamina quindi il salario nominale e il salario reale, verificando la crescita dei salari nel corso del tempo. Alla fine del capitolo si restituisce l’analisi sulla disoccupazione e il tasso di disoccupazione, sempre tenendo a mente la variabile di genere e verificando le variazioni nel corso del tempo. Nel quarto capitolo, infine, si comparano i due periodi presi in esame confrontando la normativa, gli indicatori e le variabili del mercato del lavoro. Il capitolo è diviso in due parti. La prima tratta il confronto del profilo giuridico del mercato del lavoro e dei rapporti di lavoro, analizzando le analogie e le differenze tra le due legislazioni cercando di mostrarne anche l’evoluzione nel corso del tempo. Lo studio comparativo prende il via a partire dalle fonti primarie per poi analizzare la normativa che disciplina le politiche del mercato del lavoro e, in infine, la giurisprudenza, la cui analisi arricchisce il discorso e rende immediatamente comprensibili alcuni punti di blocco, in particolare negli anni della transizione. Si cerca di evidenziare analogie e differenze tra le norme che regolano il lavoro prima e dopo la caduta del regime comunista e i loro effetti sull’economia albanese. Nella seconda parte si evidenzia e verifica l’evoluzione degli indicatori e delle variabili del mercato del lavoro intesa come conseguenza dei cambiamenti politici e della normativa. Si analizza la comparazione tra i mutamenti demografici nei due periodi, la popolazione in quanto forza lavoro, le nascite, i decessi e la crescita naturale, la longevità, l’occupazione in base all’attività economica. Si cerca, in particolare, di mettere in luce come la trasformazione della forza lavoro sia conseguente e legata a quella del sistema politico e delle politiche del mercato del lavoro. Con la comparazione dell’attività economica tra i due periodi considerati, si cerca di verificare, in quale settore economico il tasso d’occupazione sia stato più elevato e quale sia stata la sua evoluzione tra il 1990 e il 2013. Riguardo all’analisi dei dati sull’occupazione in base al livello di istruzione (laureati o diploma professionale) verificando l’evoluzione delle variabili nel tempo si cerca di mostrare gli effetti e i rapporti tra le variabili. Viene per ultimo preso in considerazione, analizzando le differenze e le relazioni tra le variabili, il numero degli occupati in base al settore economico evidenziando quello nel quale si rileva un aumento del tasso di disoccupazione. Il numero degli occupati, durante la transizione, è calato nel settore dell’industria però è aumentato nel settore di servizi. Il capitolo quinto conclude il lavoro di ricerca, analizza i risultati e si fa confronto anche con i risultati trovati da vari autori in Italia, e fa emergere un punto di vista soggettivo che ha guidato l’analisi. Analizzando gli aspetti giuridici ed economici della transizione del mercato del lavoro, dall’economia pianificata all’economia del mercato, ci si trova ad affrontare le problematiche occupazionali e l’eccessiva flessibilità che ne sono state dirette conseguenze, da un punto di vista giuridico, economico e sociale. Osservando le fonti di diritto, si rileva che i due ordinamenti giuridici mostrano molte differenze ma anche qualche somiglianza. In definitiva, sia durante il regime comunista che dopo, le norme avevano come obiettivo fondamentale quello di garantire l’occupazione a tutti cittadini abili per il lavoro. Con il passaggio all’economia di mercato si è cercato di rispettare ed allinearsi alle norme internazionali. Con la transizione lo stato non è riuscito a garantire l’occupazione per tutti ma si è preoccupato di introdurre politiche indirizzate in modo particolare all’inserimento nel mercato del lavoro. Da un punto di vista formale entrambi gli ordinamenti giuridici si sono impegnati a garantire forme, seppur differenti, di tutela sociale. Le differenze sostanziali, tra i due periodi analizzati e dunque tra le normative che hanno regolato i meccanismi del mercato del lavoro prima e dopo il regime comunista in Albania, sono quelle direttamente collegate al funzionamento del modello economico, economia socialista pianificata prima, economia di mercato, poi, da intendersi in un mercato libero e nel quale soprattutto trovava posto la proprietà pubblica come quella privata. Prima del 1990, infatti, la proprietà privata era, come previsto dalla Costituzione, vietata, così come non esisteva alcun diritto sindacale o diritto allo sciopero. Risulta evidente, da queste prime osservazioni, la fondamentale importanza delle leggi e la loro capacità di incidere sugli indicatori del mercato del lavoro. Durante il regime, per legge, la disoccupazione non esisteva. Dopo la sua caduta, nonostante i cambiamenti giuridici avessero previsto l’introduzione di politiche attive per l’occupazione e di programmi di incentivazione dell’occupazione, i loro effetti sono stati molto limitati Anche il mercato del lavoro è stato oggetto di mutamenti rilevanti. Prima del 1990 la forza lavoro era numericamente superiore indipendentemente dalla crescita o dalla diminuzione della popolazione totale. Questo perché l’età media della popolazione era inferiore come conseguenza delle politiche seguite dal regime per aumentare la popolazione in breve tempo. Nel post regime si è osservato un calo della forza lavoro, dovuto a due fattori in particolare: l’aumento esponenziale dell’emigrazione all’estero e il calo delle nascite. La flessibilità in uscita del mercato del lavoro “post-regime” produce però un calo del numero di occupati, tranne nel settore dell’istruzione che a differenza di altri è uscito indenne dagli sconvolgimenti politici ed economici. Sempre in questo periodo si assiste allo sviluppo di nuove attività economiche, come ad esempio quelle che animano il settore dei servizi. La comparazione dei dati ha messo in luce diversi risultati. Dal punto di vista normativo esiste la differenza tra i due ordinamenti, quello italiano e quello albanese. Ultimamente con la riforma di Jobs Act, la legge italiana ha creato un mercato flessibile sia in entrata che in uscita. Gli studi e le analisi confermano che negli anni della transizione è stata seguita una politica volta al miglioramento della situazione del mercato del lavoro e che, però, ha causato molti problemi sociali, ha aumentato la disoccupazione, producendo licenziamenti di massa e che quindi non è riuscita a tutelare i lavoratori. Oggetto centrale di questo lavoro di ricerca sono state le leggi in materia di lavoro e mercato del lavoro, perché si ritiene che rivestano un ruolo fondamentale nell’influenzare l’andamento degli indicatori del mercato del lavoro. Esse sono lo scheletro che consente di creare un mercato del lavoro rigido o un mercato del lavoro flessibile. La problematica della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro nel settore pubblico non ha trovato soluzione rispetto alla tutela giudiziaria e alla tutela economica dei lavoratori. Alla fine del lavoro di ricerca, in seguito all’analisi e alla comparazione dei dati, è possibile affermare che il mercato del lavoro in Albania sia eccessivamente flessibile in uscita In conclusione si evidenzia la fondamentale rilevanza del cambiamento intervenuto durante gli anni della transizione da regime comunista con sistema economico pianificato all’ordinamento democratico plurale e mercato libero.
27-set-2017
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Tesi dottorato Anamali

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