The Stoic paradox ‘all sins are equal’ was really difficult to demonstrate. If we focus on Latin literature, we find it in Cicero, Horace, and Petronius. Cicero offers us both an ironical contempt (in the Pro Murena and De finibus) and a sophistic defense (in the Paradoxa) of it; something similar we can see in Horace: in the Sermones, he blames the paradox, focussing on its absurd consequences; but in Epist. I 16 he defends it, considering the moral intention of the sinner, which is culpable in any case. Finally, there is a passage in Petronius (136) in which Encolpius seems to rewrite the same argumentation which Cicero used in the Pro Murena against the paradox, with the comparison between a parricide and the killing of a goose. So, we can say that the common sense, reflected especially by Pro Murena and Satyricon, looked at the consequences of the paradox, which are nonsense and unbearable in a state of law. On the other way, the philosophers concentrated on moral intentions, and so can sometimes rescue it. But this can happen only in texts belonging to a technical literary genre (Cicero’s Paradoxa) or destined to learned readers (Horace’s Epistulae).

Il paradosso stoico ‘tutti le colpe si equivalgono’ era uno dei più difficili da dimostrare. Nella letteratura latina, se ne occupano Cicerone, Orazio e Seneca. Cicerone ci offre sia una presentazione ironicamente sprezzante (Pro Murena, De finibus) che una difesa sofistica (Paradoxa Stoicorum) di esso; qualcosa di analogo troviamo in Orazio: nelle Satire, critica il paradosso, focalizzandosi sulle sue assurde conseguenze giuridiche; ma nell’Epistola I 16 lo difende, considerando l’intenzione morale di chi si macchia di una colpa, intenzione che è in ogni caso colpevole. Infine, in un passo del Satyricon, Encolpio sembra riprendere la critica ciceroniana della Pro Murena, con l’equivalenza fra parricidio e uccisione di un pennuto. Dunque, possiamo dire che il senso commune, riflesso in particolare nella Pro Murena e in Petronio, guardava alle conseguenze del paradosso, che erano insensate e improponibili in uno stato di diritto; d’altra parte, i filosofi si concentravano sulle intenzioni morali, e da questo punto di vista riuscivano a dare alla sua dimostrazione una qualche credibilità. Ma ciò poteva avvenire solo in testi appartenenti ad un genere letterario tecnico specifico (i Paradoxa Stoicorum) o destinati a lettori eruditi (le Epistulae di Orazio).

Omnia peccata paria. Intorno a un paradosso stoico, fra Cicerone, Orazio e Petronio / Berno, Francesca Romana. - In: HORMOS. - ISSN 2036-587X. - ELETTRONICO. - 9:(2017), pp. 499-517. [10.7430/HORMOS0921]

Omnia peccata paria. Intorno a un paradosso stoico, fra Cicerone, Orazio e Petronio

Berno, Francesca Romana
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2017

Abstract

The Stoic paradox ‘all sins are equal’ was really difficult to demonstrate. If we focus on Latin literature, we find it in Cicero, Horace, and Petronius. Cicero offers us both an ironical contempt (in the Pro Murena and De finibus) and a sophistic defense (in the Paradoxa) of it; something similar we can see in Horace: in the Sermones, he blames the paradox, focussing on its absurd consequences; but in Epist. I 16 he defends it, considering the moral intention of the sinner, which is culpable in any case. Finally, there is a passage in Petronius (136) in which Encolpius seems to rewrite the same argumentation which Cicero used in the Pro Murena against the paradox, with the comparison between a parricide and the killing of a goose. So, we can say that the common sense, reflected especially by Pro Murena and Satyricon, looked at the consequences of the paradox, which are nonsense and unbearable in a state of law. On the other way, the philosophers concentrated on moral intentions, and so can sometimes rescue it. But this can happen only in texts belonging to a technical literary genre (Cicero’s Paradoxa) or destined to learned readers (Horace’s Epistulae).
2017
Il paradosso stoico ‘tutti le colpe si equivalgono’ era uno dei più difficili da dimostrare. Nella letteratura latina, se ne occupano Cicerone, Orazio e Seneca. Cicerone ci offre sia una presentazione ironicamente sprezzante (Pro Murena, De finibus) che una difesa sofistica (Paradoxa Stoicorum) di esso; qualcosa di analogo troviamo in Orazio: nelle Satire, critica il paradosso, focalizzandosi sulle sue assurde conseguenze giuridiche; ma nell’Epistola I 16 lo difende, considerando l’intenzione morale di chi si macchia di una colpa, intenzione che è in ogni caso colpevole. Infine, in un passo del Satyricon, Encolpio sembra riprendere la critica ciceroniana della Pro Murena, con l’equivalenza fra parricidio e uccisione di un pennuto. Dunque, possiamo dire che il senso commune, riflesso in particolare nella Pro Murena e in Petronio, guardava alle conseguenze del paradosso, che erano insensate e improponibili in uno stato di diritto; d’altra parte, i filosofi si concentravano sulle intenzioni morali, e da questo punto di vista riuscivano a dare alla sua dimostrazione una qualche credibilità. Ma ciò poteva avvenire solo in testi appartenenti ad un genere letterario tecnico specifico (i Paradoxa Stoicorum) o destinati a lettori eruditi (le Epistulae di Orazio).
Cicerone; Orazio; Petronio; paradossi stoici; 'tutte le colpe si equivalgono'
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Omnia peccata paria. Intorno a un paradosso stoico, fra Cicerone, Orazio e Petronio / Berno, Francesca Romana. - In: HORMOS. - ISSN 2036-587X. - ELETTRONICO. - 9:(2017), pp. 499-517. [10.7430/HORMOS0921]
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