Ogni insediamento urbano possiede una fisionomia unica che trova espressione attraverso il foro, in quanto luogo di maggiore rappresentanza della città, delle proprie funzioni, necessità e problemi; un’espressione che potrà essere influenzata da tradizioni locali, da sopravvenute esigenze o da nuove mode. Ciascun complesso forense adotta una sintassi spaziale che rivela il messaggio che il foro ha lo scopo di trasmettere nel momento in cui esiste, assumendo una precisa configurazione dello spazio architettonico e un’articolazione dello spazio che si fonda su determinati percorsi interni, che costituiscono le linee guida della fruizione del complesso. Si affronta l’analisi urbanistica dei complessi forensi di Scolacium, Iuvanum, Tarracina, Minturnae e Volsinii. In particolare, si analizzano gli elementi che costituiscono i limiti dello spazio forense, quali portici e archi, che possono anche definire i percorsi di fruizione del complesso. Si esaminano, inoltre, altre caratteristiche, generalmente poco approfondite, che contribuiscono a definire l’area forense, come l’esistenza di differenze di quota tra la piazza e le viabilità adiacenti, una peculiarità presente, ad esempio, a Scolacium, dove la platea, alla quale si accede per mezzo di una rampa, si trova più in basso rispetto alla quota della strada che chiude il lato nord-est della piazza, o anche a Volsinii, dove la platea si trova, invece, più in alto rispetto alla quota della strada, che si congiunge alla piazza per mezzo di una breve via in salita e di una scalinata. Questa caratteristica, ovviamente, può dipendere semplicemente dalla geomorfologia dei luoghi o dalla presenza di preesistenti strutture o infrastrutture poste sotto l’area a cielo aperto, ma può anche ipotizzarsi una contestuale volontà di isolamento tra piazza forense e ciò che si trova al suo esterno. Una volontà che può trovare una spiegazione diversa a seconda dei casi: o un isolamento dal rumore che, indubbiamente, delle viabilità fruite dal traffico carraio dovevano generare e che può, dunque, collegarsi ad una piazza forense avente vocazione in senso rappresentativo-monumentale o, esattamente al contrario, isolamento dal rumore che un foro a vocazione mercantile, caratterizzato, dunque, da un’alta percentuale di edifici di natura commerciale doveva indubbiamente produrre.

La “chiusura” dello spazio forense in alcuni esempi dell’Italia peninsulare / Canino, Dario. - STAMPA. - 2:(2018), pp. 583-592. (Intervento presentato al convegno Dialoghi sull’Archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo 2017 tenutosi a Paestum nel 28-30 giugno 2017).

La “chiusura” dello spazio forense in alcuni esempi dell’Italia peninsulare

dario canino
2018

Abstract

Ogni insediamento urbano possiede una fisionomia unica che trova espressione attraverso il foro, in quanto luogo di maggiore rappresentanza della città, delle proprie funzioni, necessità e problemi; un’espressione che potrà essere influenzata da tradizioni locali, da sopravvenute esigenze o da nuove mode. Ciascun complesso forense adotta una sintassi spaziale che rivela il messaggio che il foro ha lo scopo di trasmettere nel momento in cui esiste, assumendo una precisa configurazione dello spazio architettonico e un’articolazione dello spazio che si fonda su determinati percorsi interni, che costituiscono le linee guida della fruizione del complesso. Si affronta l’analisi urbanistica dei complessi forensi di Scolacium, Iuvanum, Tarracina, Minturnae e Volsinii. In particolare, si analizzano gli elementi che costituiscono i limiti dello spazio forense, quali portici e archi, che possono anche definire i percorsi di fruizione del complesso. Si esaminano, inoltre, altre caratteristiche, generalmente poco approfondite, che contribuiscono a definire l’area forense, come l’esistenza di differenze di quota tra la piazza e le viabilità adiacenti, una peculiarità presente, ad esempio, a Scolacium, dove la platea, alla quale si accede per mezzo di una rampa, si trova più in basso rispetto alla quota della strada che chiude il lato nord-est della piazza, o anche a Volsinii, dove la platea si trova, invece, più in alto rispetto alla quota della strada, che si congiunge alla piazza per mezzo di una breve via in salita e di una scalinata. Questa caratteristica, ovviamente, può dipendere semplicemente dalla geomorfologia dei luoghi o dalla presenza di preesistenti strutture o infrastrutture poste sotto l’area a cielo aperto, ma può anche ipotizzarsi una contestuale volontà di isolamento tra piazza forense e ciò che si trova al suo esterno. Una volontà che può trovare una spiegazione diversa a seconda dei casi: o un isolamento dal rumore che, indubbiamente, delle viabilità fruite dal traffico carraio dovevano generare e che può, dunque, collegarsi ad una piazza forense avente vocazione in senso rappresentativo-monumentale o, esattamente al contrario, isolamento dal rumore che un foro a vocazione mercantile, caratterizzato, dunque, da un’alta percentuale di edifici di natura commerciale doveva indubbiamente produrre.
2018
Dialoghi sull’Archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo 2017
urbanistica romana; sintassi spaziale; complessi forensi; archeologia romana
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
La “chiusura” dello spazio forense in alcuni esempi dell’Italia peninsulare / Canino, Dario. - STAMPA. - 2:(2018), pp. 583-592. (Intervento presentato al convegno Dialoghi sull’Archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo 2017 tenutosi a Paestum nel 28-30 giugno 2017).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1033143
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