Attraverso un excursus sulla canzone politica a Tunisi dal khamīs aswad ("giovedì nero", 1978) agli eventi del 2011, il presente articolo propone di investigare la riappropriazione della parola collettiva in epoca di liberalizzazione dal muskūt ‛an-hu – ciò che deve essere taciuto, censurato - esaltando linguisticamente gli aspetti balāghiyya - retorici - e simbolici del canto di protesta e la sua contemporanea e moderna rivalorizzazione a fronte delle ottenute possibilità di espressione. Quando quest'ultima effettivamente si fa portatrice di valori adeguatamente interiorizzati? In quali termini di "coscienza", ancor prima che di "ottenimento", dei diritti essa diviene identificativa di una nuova stagione culturale? Mediante l'analisi compiuta sulle opere poetiche e canore di Bilgasim al-Ya‛qūbī ed altri autori, lo studio sul lavoro critico di Aḥmad Ben Marzūqī ed alcuni rilievi sul campo, si cercherà in tale articolo di rispondere a tali quesiti, tracciando un benaugurato profilo di consapevolezza retorica e semantica quale base per i lunghi processi di crescita collettiva e quale strumento di preservazione del ruolo della parola condivisa intesa come eccezionale strumento d'espressione.
Da Shayyed qusūre-k a Khudh al-bisīsa: La canzone dell'impegno sociopolitico nella Tunisi post-rivoluzione. La questione della riappropriazione retorica della parola collettiva ed il suo rinnovamento semantico volto al futuro / Fontana, Chiara. - STAMPA. - (2017), pp. ---------. (Intervento presentato al convegno La Tunisia sei anni dopo la “rivoluzione”: situazione politica, economica, sociale e culturale di un paese in cerca di stabilità tenutosi a Gabes, Tunisia nel 17-18 gennaio 2017).
Da Shayyed qusūre-k a Khudh al-bisīsa: La canzone dell'impegno sociopolitico nella Tunisi post-rivoluzione. La questione della riappropriazione retorica della parola collettiva ed il suo rinnovamento semantico volto al futuro
Chiara Fontana
2017
Abstract
Attraverso un excursus sulla canzone politica a Tunisi dal khamīs aswad ("giovedì nero", 1978) agli eventi del 2011, il presente articolo propone di investigare la riappropriazione della parola collettiva in epoca di liberalizzazione dal muskūt ‛an-hu – ciò che deve essere taciuto, censurato - esaltando linguisticamente gli aspetti balāghiyya - retorici - e simbolici del canto di protesta e la sua contemporanea e moderna rivalorizzazione a fronte delle ottenute possibilità di espressione. Quando quest'ultima effettivamente si fa portatrice di valori adeguatamente interiorizzati? In quali termini di "coscienza", ancor prima che di "ottenimento", dei diritti essa diviene identificativa di una nuova stagione culturale? Mediante l'analisi compiuta sulle opere poetiche e canore di Bilgasim al-Ya‛qūbī ed altri autori, lo studio sul lavoro critico di Aḥmad Ben Marzūqī ed alcuni rilievi sul campo, si cercherà in tale articolo di rispondere a tali quesiti, tracciando un benaugurato profilo di consapevolezza retorica e semantica quale base per i lunghi processi di crescita collettiva e quale strumento di preservazione del ruolo della parola condivisa intesa come eccezionale strumento d'espressione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.