For many years we have been critically thinking over the role of natural protected areas; during this process we never questioned the policies aimed to the preservation of ecosystems that, if left unprotected, would have disappeared forever, but rather we feared that this preservation of some parts of the landscape would have justified aggressive and destructive modifications of everything outside it. As indeed It occurred. The urbanization tide rose covering homogeneously coastlines, levelling out morphologies and settlements, roads and beaches. Nowadays natural protected areas, that with their pale green stand out on Google maps, are the actual emerged lands in the vast ocean of urbanization, allowing only the survival of residual coastal ecosystems and representing a precious common thread that can guide the landscape designers’ eyes over the actual comprehension of the Mediterranean landscapes. Ranging from Sicily to Portugal, from Trieste to Split, from Camargue to Corsica, encompassing different political backgrounds and legislative protections, natural protected areas become the testing ground to train the eyes in order to understand wider landscapes. The aim is visualizing not just the way they were but the future landscapes they may be aiming at, making sure to recognize and give actual meaning to spaces that as of now appear to us absolutely obscure, as they are completely embedded in the relentless surrounding urbanization. Thinking about what we see, borrowing the title of a recent editorial published on Landscape Journal, appears helpful in order to become aware of the perspective we are utilizing (and of the other possible perspectives as well), to make sure to recognize the problems through the proper lenses and first and foremost “to imagine (create a mental image of) a future reality”

Per anni abbiamo riflettuto criticamente sul ruolo delle riserve naturali, mai mettendo in dubbio le politiche di conservazione di ecosistemi che, se non protetti, sarebbero scomparsi per sempre, ma temendo che alla conservazione di alcune parti di territorio potesse essere contrapposta la trasformazione selvaggia e distruttiva di tutto il resto. Come in effetti è avvenuto. La marea dell’urbanizzazione si è alzata coprendo in modo omogeneo le fasce costiere, omologando morfologie e insediamenti, strade e spiagge. Oggi le aree naturali protette, vere e proprie terre “emerse” che si stagliano con il loro verde chiaro nelle mappe di Google, permettono non solo la sopravvivenza di residue ecologie costiere ma costituiscono anche un prezioso filo conduttore che può guidare gli sguardi dei paesaggisti nella comprensione dei territori mediterranei. Dalla Sicilia al Portogallo, da Trieste a Spalato, dalla Camargue alla Corsica, attraverso storie politiche e regimi di tutela completamente diversi, le riserve costiere diventano palestre dove allenare lo sguardo per capire territori più vasti, immaginare non solo come erano ma anche verso quali paesaggi futuri potrebbero ancora evolvere, riconoscere e dare senso a frammenti che spesso ci appaiono del tutto sconnessi e incomprensibili, immersi nell’urbanizzazione implacabile. Riflettere intorno al "What we see", utilizzando il titolo di un recente editoriale del Landscape Journal, appare dunque utile per prendere consapevolezza del punto di vista che utilizziamo (e quindi degli altri punti di vista), per mettere a fuoco i problemi attraverso l’uso delle lenti giuste e soprattutto “to imagine (create a mental image of) a future reality”

Imparare dai paesaggi di riserva / Caravaggi, Lucina. - In: ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO. - ISSN 1125-0259. - STAMPA. - 1/2017:34(2017), pp. 98-103.

Imparare dai paesaggi di riserva

Lucina Caravaggi
2017

Abstract

For many years we have been critically thinking over the role of natural protected areas; during this process we never questioned the policies aimed to the preservation of ecosystems that, if left unprotected, would have disappeared forever, but rather we feared that this preservation of some parts of the landscape would have justified aggressive and destructive modifications of everything outside it. As indeed It occurred. The urbanization tide rose covering homogeneously coastlines, levelling out morphologies and settlements, roads and beaches. Nowadays natural protected areas, that with their pale green stand out on Google maps, are the actual emerged lands in the vast ocean of urbanization, allowing only the survival of residual coastal ecosystems and representing a precious common thread that can guide the landscape designers’ eyes over the actual comprehension of the Mediterranean landscapes. Ranging from Sicily to Portugal, from Trieste to Split, from Camargue to Corsica, encompassing different political backgrounds and legislative protections, natural protected areas become the testing ground to train the eyes in order to understand wider landscapes. The aim is visualizing not just the way they were but the future landscapes they may be aiming at, making sure to recognize and give actual meaning to spaces that as of now appear to us absolutely obscure, as they are completely embedded in the relentless surrounding urbanization. Thinking about what we see, borrowing the title of a recent editorial published on Landscape Journal, appears helpful in order to become aware of the perspective we are utilizing (and of the other possible perspectives as well), to make sure to recognize the problems through the proper lenses and first and foremost “to imagine (create a mental image of) a future reality”
2017
Per anni abbiamo riflettuto criticamente sul ruolo delle riserve naturali, mai mettendo in dubbio le politiche di conservazione di ecosistemi che, se non protetti, sarebbero scomparsi per sempre, ma temendo che alla conservazione di alcune parti di territorio potesse essere contrapposta la trasformazione selvaggia e distruttiva di tutto il resto. Come in effetti è avvenuto. La marea dell’urbanizzazione si è alzata coprendo in modo omogeneo le fasce costiere, omologando morfologie e insediamenti, strade e spiagge. Oggi le aree naturali protette, vere e proprie terre “emerse” che si stagliano con il loro verde chiaro nelle mappe di Google, permettono non solo la sopravvivenza di residue ecologie costiere ma costituiscono anche un prezioso filo conduttore che può guidare gli sguardi dei paesaggisti nella comprensione dei territori mediterranei. Dalla Sicilia al Portogallo, da Trieste a Spalato, dalla Camargue alla Corsica, attraverso storie politiche e regimi di tutela completamente diversi, le riserve costiere diventano palestre dove allenare lo sguardo per capire territori più vasti, immaginare non solo come erano ma anche verso quali paesaggi futuri potrebbero ancora evolvere, riconoscere e dare senso a frammenti che spesso ci appaiono del tutto sconnessi e incomprensibili, immersi nell’urbanizzazione implacabile. Riflettere intorno al "What we see", utilizzando il titolo di un recente editoriale del Landscape Journal, appare dunque utile per prendere consapevolezza del punto di vista che utilizziamo (e quindi degli altri punti di vista), per mettere a fuoco i problemi attraverso l’uso delle lenti giuste e soprattutto “to imagine (create a mental image of) a future reality”
paesaggio; Mediterraneo; riserva naturale protetta; evoluzione
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Imparare dai paesaggi di riserva / Caravaggi, Lucina. - In: ARCHITETTURA DEL PAESAGGIO. - ISSN 1125-0259. - STAMPA. - 1/2017:34(2017), pp. 98-103.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1017202
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