Di fronte a una crisi che non accenna a passare mi sono chiesto più volte quale possa essere il senso da dare a questo nostro mestiere in una società che, trascurando le situazioni che rivestono il ruolo di eccezionalità, sembra poter serenamente fare a meno di noi. Costruire, nel senso tradizionale additivo del termine, almeno da queste parti non è più necessario. A partire da questa costatazione ho provato anche a immaginare che cosa avrebbero fatto maestri riconosciuti del calibro di Le Corbusier o Alvar Aalto, ricordando di quest’ultimo il noto aforisma, “I do not write, I build”, che, richiamando senza mezzi termini la dimensione operativa del mestiere, ci tiene perpetuamente sotto scacco. Naturalmente non credo sia di una qualche utilità andare oltre in questo tipo di ragionamenti. Però è evidente che se intendiamo rendere effettuale il nostro contributo all’interno della società contemporanea, dobbiamo prima di tutto rimodulare proiezioni teoriche e volontà conformative, rinegoziando posizioni e spazi di azione. Non so bene cosa ci si aspetta da noi ma ritegno che il problema vada inquadrato in un’ottica propositiva. Misuro ogni giorno la nostra distanza rispetto al resto del mondo e ultimamente, tra gli obiettivi che perseguo c’è anche quello di tentare di colmarla.
Che cosa può fare un architetto? / Toppetti, Fabrizio. - STAMPA. - 12:(2017), pp. 46-47. (Intervento presentato al convegno Architettura sociale tenutosi a Camerino nel 31 luglio - 4 agosto 2016).
Che cosa può fare un architetto?
Fabrizio Toppetti
2017
Abstract
Di fronte a una crisi che non accenna a passare mi sono chiesto più volte quale possa essere il senso da dare a questo nostro mestiere in una società che, trascurando le situazioni che rivestono il ruolo di eccezionalità, sembra poter serenamente fare a meno di noi. Costruire, nel senso tradizionale additivo del termine, almeno da queste parti non è più necessario. A partire da questa costatazione ho provato anche a immaginare che cosa avrebbero fatto maestri riconosciuti del calibro di Le Corbusier o Alvar Aalto, ricordando di quest’ultimo il noto aforisma, “I do not write, I build”, che, richiamando senza mezzi termini la dimensione operativa del mestiere, ci tiene perpetuamente sotto scacco. Naturalmente non credo sia di una qualche utilità andare oltre in questo tipo di ragionamenti. Però è evidente che se intendiamo rendere effettuale il nostro contributo all’interno della società contemporanea, dobbiamo prima di tutto rimodulare proiezioni teoriche e volontà conformative, rinegoziando posizioni e spazi di azione. Non so bene cosa ci si aspetta da noi ma ritegno che il problema vada inquadrato in un’ottica propositiva. Misuro ogni giorno la nostra distanza rispetto al resto del mondo e ultimamente, tra gli obiettivi che perseguo c’è anche quello di tentare di colmarla.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.