Lo studio analizza il sistema di approvvigionamento idrico della Costantinopoli bizantina, con particolare riferimento all’acquedotto realizzato nella regione della Tracia, inaugurato nell’AD 373 durante il regno dell'imperatore Valente, e successivamente esteso alla fine del IV secolo, in epoca teodosiana. Il tratto di acquedotto di Kurşunlugerme (K20), che rappresenta una delle strutture di spicco dell’acquedotto tracio, è stato selezionato come caso studio e documentato dal punto di vista dei materiali impiegati, delle tecniche costruttive, dello stato di conservazione, e fornendo indicazioni sulle buone pratiche di conservazione dell’acquedotto preservandone anche il contesto paesaggistico. Ciò al fine di estendere le indicazioni elaborate per Kurşunlugerme alle altre strutture analoghe presenti lungo tutto l’acquedotto. Per osservare concretamente ed agevolmente alcuni elementi caratteristici del sistema di approvvigionamento di Costantinopoli, è sufficiente osservare i resti delle strutture idriche, ancora imponenti, che si trovano dentro le mura teodosiane dell’attuale Istanbul. Tra le opere più significative si cita il Bozdoğan Kemeri (Acquedotto di Valente) del IV secolo, sotto le cui arcate, che attraversano la valle di Aksaray, scorre il traffico della città moderna. Oppure la famosa Yerebatan Sarayı (Cisterna Basilica) di epoca giustinianea, che rappresenta una delle 170 strutture di immagazzinamento dell’acqua di Costantinopoli. E ancora i resti di uno dei grandi serbatoi a cielo aperto della città antica, il Çukurbostan-Vefa Stadyumu (Cisterna di Aetius) del V secolo. Mentre quest’ultimo sito è meglio riconoscibile attraverso immagini aeree e quindi fruibile solo dai visitatori più documentati, le prime due strutture sono facilmente accessibili e visitate anche da molti turisti. E ancora, dirigendosi sia verso nord che ad ovest fuori dalle mura di Teodosio, per quanto ancora possibile dall’espansione della città moderna, si ritrovano una serie di strutture legate alla fornitura di acqua, come acquedotti, condotte, torri di distribuzione e anche dighe. Ancora in epoca recente, nei documenti storici il funzionamento del sistema di approvvigionamento della Costantinopoli bizantina presentava grosse lacune. Non era stato chiarito come le strutture dentro le mura della città fossero collegate alle strutture esterne. In altre parole, non era stato svolto alcuno studio scientifico unitario circa i sistemi di acquedotti che attraversavano la città e la loro relazione con le strutture fuori le mura. Attraverso la consultazione degli studi sugli acquedotti ottomani, favoriti dall'accesso alle strutture ed ai registri ottomani, è stato possibile giungere ad una maggiore comprensione anche degli acquedotti bizantini, evidenziandone in questo studio le peculiarità. Lo studio quindi si compone di tre capitoli principali, in cui vengono affrontati argomenti di natura biografica, storica, culturale, geografica e geologica, urbana ed architettonica relativi all’acquedotto bizantino. L’APPROVVIGIONAMENTO IDRICO NELLA CAPITALE BIZANTINA La ricerca bibliografica Lo studio dell’acquedotto tracio e dei relativi documenti bibliografici è stato condotto innanzitutto consultando documenti e riferimenti storici in letteratura dal XV secolo ai nostri giorni. Infatti già dal 1453, nonostante il sistema idrico della Tracia fosse stato abbandonato da due secoli, se ne riconosceva l’esistenza anche nei testi letterari. I primi riferimenti scritti, riportati da viaggiatori del XV e XVI secolo, citano le strutture bizantine entro le mura teodosiane, in particolare il Bozdoğan Kemeri (Acquedotto di Valente), le cisterne sotterranee ed i serbatoi a cielo aperto, tralasciando tuttavia di comprendere il funzionamento del sistema idrico, e limitandosi ai rilievi entro le mura. Si trattava infatti di scrittori antiquari, interessati principalmente alla ricostruzione di un’immagine della Costantinopoli bizantina. Tra gli autori possiamo menzionare Cristoforo Buondelmonti, Manuel Crisolora e Pierre Gilles. Nell’Ottocento le nuove opere di Mordtmann, Andréossy e Visquenel hanno rinvigorito l’interesse per l’acquedotto con approfondimenti in ambito idrogeologico, cartografico ed epigrafico, che pur senza studiare compiutamente il sistema di approvvigionamento idrico di Costantinopoli, facevano riferimento alla connessione con gli acquedotti traci, confermandone così l’esistenza e favorendone successivi approfondimenti. Sono così seguiti, tra la fine del XIX ed il XX secolo, le opere di Seure, Oreshkov, Forchheimer e Strzygowski, Stolpe, Schneider, Dalman, Schuchhardt, Kleiss, Dirimtekin e Müller-Wiener. Questi studi hanno aperto la strada ai lavori più recenti inerenti l’approvvigionamento idrico nella capitale bizantina, condotti dal Prof. Dr. Kazim Çeçen e gli archeologi James Crow, Jonathan Bardill e Richard Bayliss. Ancora nell’ambito della ricerca bibliografica, un secondo approfondimento è stato focalizzato sulle fonti storiche contemporanee alla realizzazione e gestione degli acquedotti bizantini di Costantinopoli. I documenti rinvenuti riguardano atti e legislazione, opere storiografiche e trattati accompagnati da documenti stranieri sul tema dell’approvvigionamento, l’immagazzinamento e l’uso dell’acqua nel periodo bizantino. Dalla ricerca è emerso che, tra le fonti dirette, solo due iscrizioni epigrafiche consentono una datazione relativamente affidabile dell’acquedotto tracio. Il contesto storico di Costantinopoli Cyril Mango ha che identificato nella disponibilità di acqua per l’uso potabile, per l’agricoltura e per i bagni, uno tra i principali problemi che l’area di Costantinopoli dovette sempre gestire per assicurare le comodità richieste dalla popolazione, sia in epoca tardo antica che tanto più in quella imperiale. Il primo acquedotto della Bisanzio romana fu costruito dall'imperatore Adriano (regnante nel 117-138) durante la sua campagna in Bitinia, rifornendo soltanto le zone della città a quota più bassa e rimanendo funzionante almeno fino al VI secolo. La città subì due principali espansioni urbane, la prima delle quali avvenuta nel 324 sotto Costantino (r.306-337) ma di cui non rimangono resti visibili. Nel IV secolo dovette essere assicurata una maggiore efficienza del sistema di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione dell’acqua, a seguito del rapido aumento della popolazione dopo la morte di Costantino. Importanti opere infrastrutturali furono realizzate dai suoi successori, tra cui appunto l’acquedotto tracio, inaugurato nel 373 durante il regno di Valente. Inoltre per prevenire possibili devastazioni o assedi della produzione agricola in Tracia, venne posizionata una nuova linea di difesa della città, le mura teodosiane terminate nel 413, che includevano un’area destinata all’agricoltura. Il limite urbano imposto dall'espansione teodosiana ed i principali assi di sviluppo definiti da Costantino sono successivamente rimasti invariati fino alla fine dell'impero. Nell’VIII secolo si registrò un forte declino delle condizioni di vita in seguito alle devastazioni causate da terremoti, epidemie ed assedi che ridussero drasticamente l’attenzione, rispetto all’epoca tardo antica, per l'ambiente urbano e l’igiene. Durante i periodi di contrazione urbana per il ridursi della popolazione, la superficie abitata comunque non si ritrasse, favorendo lo sviluppo di insediamenti disconnessi tra loro. L'area tra le due fortificazioni (le mura di Costantino e teodosiane) rimase sempre una zona verde, scarsamente abitata e dedicata all'agricoltura. Anche successivamente alla riattivazione dell’acquedotto tracio da parte di Costantino V nel 766-7, dopo un’interruzione di oltre 150 anni, la capitale mantenne tale configurazione urbanistica. Costantinopoli alla vigilia del IX secolo non era più la città di Costantino, nè di Teodosio, nè di Giustiniano. In effetti ciò che era irreversibilmente cambiato era la mentalità: la valenza dei monumenti tardo antichi si era persa ed era stata sostituita da elementi folkloristici e superstizioni. La popolazione aveva perso il legame con il suo passato, elemento vitale per la sua identità politica. Nel corso dell’XI secolo fu effettuato l’ultimo restauro dell’acquedotto tracio. In questo periodo, nonostante la disposizione della città non fosse variata, venne meno la storica compresenza dell’imperatore e dell’epicentro religioso nel nucleo romano della città. Questo cambiamento epocale portò la residenza imperiale ed alcuni uffici governativi nel quartiere di Blacharnae, situato nella parte nord delle mura teodosiane, mentre il centro religioso rimase dentro la città romana a Hagia Sofia. Si crearono quindi due punti nodali della città, quello secolare (la residenza imperiale e sede del governo) e quello religioso. A seguito della Quarta Crociata, durante l’impero latino le forze di occupazione non riuscirono a gestire Costantinopoli nella sua interezza. La città venne ripartita tra i Veneziani e tutti gli altri invasori. La presenza dei Crociati a Costantinopoli era spinta solo da motivazioni mercantili, pertanto non furono implementati progetti in ambito civico, infrastrutturale o religioso. Circa il problema dell’approvvigionamento idrico, nonostante la domanda fosse diffusa in tutte le zone della città, nessuna documentazione attesta alcuna riabilitazione di acquedotti nel periodo di occupazione latina. Al termine dell’impero latino, Costantinopoli divenne una città costituita da agglomerati sparsi in un paesaggio rurale, caratterizzata dalla presenza di numerosi monumenti sommersi. Nei decenni precedenti la sua caduta definitiva del 1453 si stima che la città avesse una popolazione di solo 70.000 abitanti, che viveva in piccoli villaggi distribuiti su terreno irregolare, a causa degli smottamenti provocati da costruzioni incontrollate, incendi, terremoti ed improvvise variazioni demografiche. L’approvvigionamento idrico di Costantinopoli Costantinopoli, nonostante l’estensione del suo sistema di approvvigionamento, sempre risentì della mancanza di risorse idriche abbondanti e sicure in prossimità della città, anche a causa delle limitazioni imposte dalla natura della regione tracia. Le principali fonti di approvvigionamento erano le sorgenti di Kırkçeşme-Cebeciköy, quelle in Tracia e le sorgenti di Halkalı. L’acqua proveniente dall’acquedotto veniva generalmente anche integrata con acqua piovana, immagazzinata in cisterne e serbatoi. Le peculiarità dei sistemi di approvvigionamento bizantini li distinguono da quelli ottomani, per quanto entrambi i sistemi idrici necessitassero di sorgenti a diversa altitudine, al fine di garantire un’equa distribuzione nelle zone alte e basse della città. Le principali sorgenti di alta quota dei Bizantini erano collocate in Tracia, mentre quelle sfruttate dagli Ottomani erano le sorgenti Halkalı. Le fonti di bassa quota erano le sorgenti di Cebeciköy, utilizzate sia dal sistema idrico di Adriano (e dagli Ottomani) che dei Bizantini. Pertanto lungo il Bozdoğan Kemeri, sopra richiamato, di origine bizantina e riabilitato dagli Ottomani, passavano sia i condotti provenienti da Halkalı che dalla Tracia. Anche le quote dei canali di distribuzione erano simili, mentre il sistema di raccolta e di distribuzione presentava evidenti diversità. E’ importante notare che i Bizantini si limitavano allo sfruttamento delle acque sorgive, a differenza degli Ottomani che utilizzavano anche le acque superficiali invasate nelle dighe. In generale, prima dell'introduzione di elaborati sistemi di distribuzione, gli insediamenti urbani potevano contare solo su pozzi e cisterne per soddisfare le loro necessità di acqua potabile per l’uso domestico. Secondo alcuni studi, i quantitativi necessari per il fabbisogno essenziale della popolazione furono comunque raramente disponibili nella rete di distribuzione di molte città romane anche dopo la realizzazione dei sistemi a gravità. Nel caso di Costantinopoli, è importante sottolineare la compresenza di più sistemi e metodi di approvvigionamento idrico, legati anche al grande numero di cisterne costruite per fronteggiare prolungati periodi di siccità e di interruzione del sistema di distribuzione. A Costantinopoli erano presenti due principali categorie di strutture di immagazzinamento dell’acqua: i serbatoi a cielo aperto e le cisterne coperte, che spesso erano sotterranee. Molte di queste strutture furono costruite appositamente per lo stoccaggio dell’acqua nei periodi tardo antico e medio bizantino, mentre altre, particolarmente le cisterne coperte, furono adattate da edifici preesistenti. Gli ultimi sviluppi della ricerca annoverano oltre 170 strutture (serbatoi e cisterne) di varie dimensioni, ubicate dentro le mura teodosiane. Molte di queste strutture non sono state ancora chiaramente identificate nella documentazione storica a causa degli scarsi dettagli riportati nelle fonti scritte, oltre a problemi di localizzazione o scavi non ancora eseguiti. Un importante argomento di approfondimento consiste nella valutazione della quantità di acqua che alimentava la città ed il volume che poteva essere immagazzinato dal sistema idrico. Per gli acquedotti ottomani i calcoli effettuati da Çeçen individuano una portata giornaliera di circa 12.000-17.000 m³ proveniente dalle sorgenti di Kırkçeşme, e di 21.000 m³ da Halkalı. Tuttavia in epoca antica si stima che la prima derivazione dalla sorgente Halkalı, di cui non è ancora stata provata l’esistenza, non potesse fornire oltre 6.000 m³ al giorno. Invece l'acqua ricevuta giornalmente da tutte le sorgenti della Tracia è stimata da Çeçen tra i 25.000 e gli 89.000m³, a seconda della stagione. Il volume dei tre serbatoi di Aetius, Aspar e Mokios, disposti tra le due mura, era di 607.715 m³; Çeçen stima la capacità di immagazzinamento totale della città, compresi i tre serbatoi e tutte le cisterne note, in circa 800.000-900.000 m³. L’uso dell’acqua Le pratiche di igiene personale, prima dell'introduzione di grandi bagni pubblici e complessi termali nelle città del Mediterraneo, consistevano in un semplice lavaggio del corpo con una limitata quantità d’acqua. Un bagno completo poteva essere fatto settimanalmente nel bagno pubblico. Lo sviluppo di bagni iniziò a livello residenziale evolvendosi in bagni di quartiere, per poi svilupparsi nelle thermae imperiali grazie anche al progresso nelle tecnologie di riscaldamento ed all'aumento della portata d’acqua fornita alle città attraverso i sistemi a gravità. Nel caso di Costantinopoli, soprattutto durante i lunghi periodi di interruzione dei sistemi di approvvigionamento, la cultura del bagno pubblico nei grandi complessi termali scomparve. Un’ulteriore causa importante del suo declino fu determinata dalla posizione delle autorità ecclesiastiche, che consideravano il bagno pubblico come una pratica contraria alla morale cristiana. Infine, mossa anche dalle limitazioni economiche, la popolazione di Costantinopoli ritornò ai piccoli bagni di quartiere, che potevano funzionare indipendentemente dalla rete idrica urbana, mediante piccole cisterne. La cultura del bagno di quartiere continuò fino all’epoca ottomana, fuso e modificato da elementi presi dai bagni persiani e arabi, ma comunque nel rispetto del modello bizantino come servizio di quartiere. CONSTRUZIONE, MANUTENZIONE E ABBANDONO DELL’ACQUEDOTTO TRACIO Il secondo capitolo principale descrive l’evoluzione storica dell’acquedotto della Tracia, rielaborando i dati storici ad oggi disponibili ed organizzandoli per fasi costruttive. La presentazione copre diversi ambiti, descrivendo sia le fonti storiche disponibili che le tecniche costruttive identificate, inclusi i materiali impiegati lungo il percorso dell’acquedotto. Viene prima introdotto il sistema idrico dell’imperatore Adriano (r.117-138), descrivendone gli elementi principali che definiscono il contesto storico in cui è nato l’acquedotto della Tracia. Nella sua prima fase costruttiva viene descritto l’acquedotto di Valente, inaugurato nel 373, che sfruttando le sorgenti di Danamandıra e Pınarca riforniva il territorio dentro le mura della città, ad una quota di 50-60 m sul livello del mare. La fase successiva riguarda l’estensione teodosiana dell’acquedotto di Valente, diretta verso la Tracia occidentale per raggiungere le sorgenti di Vize e Pazarlı. Questa fase costruttiva risalente al IV secolo non può essere datata con precisione attraverso le fonti; tuttavia è identificata come la fase monumentale, per la costruzione di una serie di imponenti acquedotti che rivelano consolidate tecniche costruttive e di selezione dei materiali appropriati. E’ proprio a questa fase che appartiene l’acquedotto su arcate di Kurşunlugerme (K20) analizzato di seguito come caso studio. Si passa quindi alla grande ricostruzione dell’acquedotto, che inizia con il regno di Anastasio I (r.491-518) e termina con i successori di Giustiniano (r.527-565). Questa fase non può essere identificata solo come una serie di interventi di riparazione da parte di Giustiniano, ma invece sviluppò una serie di soluzioni tecniche idonee ai diversi problemi incontrati in ogni struttura degradata. Si giunge quindi alla vasta attività di restauro durante il regno di Costantino V (r.743-775), conseguente ad un periodo di notevole siccità (626-765), durante il quale l’acquedotto tracio non era stato più funzionante. L’ultima fase costruttiva corrisponde al periodo di riabilitazione tra i regni di Basilio II e Costantino VIII (r.976-1025) e Manuel I Comnenos (r.1143-1180). Le attività ricompresero la pulizia ed il ripristino dei sistemi di immagazzinamento dell'acqua e dei condotti. I risanamenti operati in questa fase, grazie anche all'esteso uso di mattoni, può essere osservato ancora oggi negli acquedotti di Ballıgerme (K18) e Büyükgerme (K29). CASO STUDIO: IL TRATTO DI ACQUEDOTTO DI KURŞUNLUGERME (K20) L’ultimo capitolo è dedicato allo studio del tratto di acquedotto su arcate di Kurşunlugerme (K20). Nell’ambito dell’analisi diretta del sito è stata descritta la metodologia adottata nello studio e durante il rilievo svolto sul sito, nonchè la rappresentazione del monumento nella sua forma originaria e nella sua condizione attuale, con la descrizione dettagliata dei materiali impiegati. E’ stata inoltre elaborata una serie di tabelle che illustrano l’analisi volumetrica della struttura per la quantificazione dei materiali. Il tratto di acquedotto su arcate di Kurşunlugerme attraversa l’omonima valle situata all'interno della foresta di Istranca, nella Tracia centrale. Progettato e costruito durante l’estensione teodosiana, rappresenta in modo significativo il rapporto tra due livelli di condotti, l’uno proveniente dalle sorgenti di Danamandıra-Papu, a quota inferiore, e l’altro dalle sorgenti di Vize-Pazarlı, a quota superiore. La consistenza della pratica costruttiva, i materiali impiegati, i simboli decorativi, i segni degli scalpellini e l’assenza di estese riparazioni o attività di consolidamento successive ne fanno uno dei principali esempi della fase costruttiva teodosiana. Si stima che la struttura a triplo ordine di arcate presentasse una luce di circa 159 m e 12 m di larghezza, e raggiungesse i 40,5 m di altezza dal suolo. La tecnica costruttiva di Kurşunlugerme prevedeva la realizzazione di un nucleo interno contenuto da due facciate in blocchi di pietra, rafforzate da contrafforti verticali. Dai rilievi emerge che sono presenti una serie di patologie evidenti sulla superficie delle facciate, in particolare crepature, distacchi, perdita di materiale, scolorimento-deposito e colonizzazione biologica. Inoltre nel suo stato attuale la facciata esposta a est appare quella meglio conservata. Come previsto dal metodo funzionale applicato alle pratiche costruttive bizantine dell’acquedotto tracio, gli elementi documentati in altri siti bizantini ed altre fonti storiche sono stati confrontati con i dati ottenuti dai rilievi di Kurşunlugerme, al fine di stimare la forza lavoro impiegata. Le tabelle volumetriche e l’analisi delle tracce lasciate dagli scalpellini sono state analizzate per determinare il tipo di organizzazione e la manodopera necessarie per la realizzazione di tale struttura. Il capitolo si chiude con le raccomandazioni per la conservazione dell'acquedotto di Kurşunlugerme, enfatizzandone la relazione con il suo paesaggio circostante, con l’obiettivo di fornire delle linee guida per la conservazione dell’acquedotto nella sua interezza. Come accennato in precedenza, l'acquedotto di Kurşunlugerme si trova all'interno della Foresta Statale di Istranca, amministrata dalla Municipalità Metropolitana di Istanbul. Un motivo fondamentale per cui gli acquedotti della Tracia sono rimasti finora indisturbati, nonostante il continuo degrado, è dovuto alla designazione di quest’area come zona militare, inaccessibile fino agli ultimi due decenni del XX secolo. Basti pensare che per lo stesso motivo erano poste restrizioni all'accesso degli studiosi prima degli anni ‘90. Ciò ha fatto sì che Kurşunlugerme e molte altre strutture di interesse storico in Tracia risultino escluse dalla lista nazionale dei monumenti della Repubblica Turca. E’ opinione diffusa che la mancanza di tale riconoscimento non ne assicurerà la necessaria protezione e conservazione. L'unica forma di protezione della quale gli acquedotti della Tracia attualmente beneficiano è nell’ambito della tutela dei beni ambientali annoverati nel IBB Istanbul Çevre Planı (Piano Ambientale della Municipalità Metropolitana di Istanbul), che tuttavia si limita alla protezione del paesaggio, e non dei monumenti. In tale contesto questo studio si è proposto di fornire gli elementi per una ricerca più strutturata, propedeutica alla formulazione una nuova istanza, nonostante il precedente immotivato diniego da parte delle Autorità, per il riconoscimento di Kurşunlugerme nella lista nazionale dei monumenti. Sarebbe inoltre auspicabile che tale riconoscimento non fosse limitato a questa sola struttura, ma si estendesse all’acquedotto della Tracia nella sua interezza, al fine di assicurarne un’adeguata tutela.

L’approvvigionamento idrico di Costantinopoli caso studio: l’acquedotto di Kurşunlugerme(K20) documentazione e linee guida per la conservazione / Veziroglu, SIDE SIBEL. - (2015 Jun 17).

L’approvvigionamento idrico di Costantinopoli caso studio: l’acquedotto di Kurşunlugerme(K20) documentazione e linee guida per la conservazione

VEZIROGLU, SIDE SIBEL
17/06/2015

Abstract

Lo studio analizza il sistema di approvvigionamento idrico della Costantinopoli bizantina, con particolare riferimento all’acquedotto realizzato nella regione della Tracia, inaugurato nell’AD 373 durante il regno dell'imperatore Valente, e successivamente esteso alla fine del IV secolo, in epoca teodosiana. Il tratto di acquedotto di Kurşunlugerme (K20), che rappresenta una delle strutture di spicco dell’acquedotto tracio, è stato selezionato come caso studio e documentato dal punto di vista dei materiali impiegati, delle tecniche costruttive, dello stato di conservazione, e fornendo indicazioni sulle buone pratiche di conservazione dell’acquedotto preservandone anche il contesto paesaggistico. Ciò al fine di estendere le indicazioni elaborate per Kurşunlugerme alle altre strutture analoghe presenti lungo tutto l’acquedotto. Per osservare concretamente ed agevolmente alcuni elementi caratteristici del sistema di approvvigionamento di Costantinopoli, è sufficiente osservare i resti delle strutture idriche, ancora imponenti, che si trovano dentro le mura teodosiane dell’attuale Istanbul. Tra le opere più significative si cita il Bozdoğan Kemeri (Acquedotto di Valente) del IV secolo, sotto le cui arcate, che attraversano la valle di Aksaray, scorre il traffico della città moderna. Oppure la famosa Yerebatan Sarayı (Cisterna Basilica) di epoca giustinianea, che rappresenta una delle 170 strutture di immagazzinamento dell’acqua di Costantinopoli. E ancora i resti di uno dei grandi serbatoi a cielo aperto della città antica, il Çukurbostan-Vefa Stadyumu (Cisterna di Aetius) del V secolo. Mentre quest’ultimo sito è meglio riconoscibile attraverso immagini aeree e quindi fruibile solo dai visitatori più documentati, le prime due strutture sono facilmente accessibili e visitate anche da molti turisti. E ancora, dirigendosi sia verso nord che ad ovest fuori dalle mura di Teodosio, per quanto ancora possibile dall’espansione della città moderna, si ritrovano una serie di strutture legate alla fornitura di acqua, come acquedotti, condotte, torri di distribuzione e anche dighe. Ancora in epoca recente, nei documenti storici il funzionamento del sistema di approvvigionamento della Costantinopoli bizantina presentava grosse lacune. Non era stato chiarito come le strutture dentro le mura della città fossero collegate alle strutture esterne. In altre parole, non era stato svolto alcuno studio scientifico unitario circa i sistemi di acquedotti che attraversavano la città e la loro relazione con le strutture fuori le mura. Attraverso la consultazione degli studi sugli acquedotti ottomani, favoriti dall'accesso alle strutture ed ai registri ottomani, è stato possibile giungere ad una maggiore comprensione anche degli acquedotti bizantini, evidenziandone in questo studio le peculiarità. Lo studio quindi si compone di tre capitoli principali, in cui vengono affrontati argomenti di natura biografica, storica, culturale, geografica e geologica, urbana ed architettonica relativi all’acquedotto bizantino. L’APPROVVIGIONAMENTO IDRICO NELLA CAPITALE BIZANTINA La ricerca bibliografica Lo studio dell’acquedotto tracio e dei relativi documenti bibliografici è stato condotto innanzitutto consultando documenti e riferimenti storici in letteratura dal XV secolo ai nostri giorni. Infatti già dal 1453, nonostante il sistema idrico della Tracia fosse stato abbandonato da due secoli, se ne riconosceva l’esistenza anche nei testi letterari. I primi riferimenti scritti, riportati da viaggiatori del XV e XVI secolo, citano le strutture bizantine entro le mura teodosiane, in particolare il Bozdoğan Kemeri (Acquedotto di Valente), le cisterne sotterranee ed i serbatoi a cielo aperto, tralasciando tuttavia di comprendere il funzionamento del sistema idrico, e limitandosi ai rilievi entro le mura. Si trattava infatti di scrittori antiquari, interessati principalmente alla ricostruzione di un’immagine della Costantinopoli bizantina. Tra gli autori possiamo menzionare Cristoforo Buondelmonti, Manuel Crisolora e Pierre Gilles. Nell’Ottocento le nuove opere di Mordtmann, Andréossy e Visquenel hanno rinvigorito l’interesse per l’acquedotto con approfondimenti in ambito idrogeologico, cartografico ed epigrafico, che pur senza studiare compiutamente il sistema di approvvigionamento idrico di Costantinopoli, facevano riferimento alla connessione con gli acquedotti traci, confermandone così l’esistenza e favorendone successivi approfondimenti. Sono così seguiti, tra la fine del XIX ed il XX secolo, le opere di Seure, Oreshkov, Forchheimer e Strzygowski, Stolpe, Schneider, Dalman, Schuchhardt, Kleiss, Dirimtekin e Müller-Wiener. Questi studi hanno aperto la strada ai lavori più recenti inerenti l’approvvigionamento idrico nella capitale bizantina, condotti dal Prof. Dr. Kazim Çeçen e gli archeologi James Crow, Jonathan Bardill e Richard Bayliss. Ancora nell’ambito della ricerca bibliografica, un secondo approfondimento è stato focalizzato sulle fonti storiche contemporanee alla realizzazione e gestione degli acquedotti bizantini di Costantinopoli. I documenti rinvenuti riguardano atti e legislazione, opere storiografiche e trattati accompagnati da documenti stranieri sul tema dell’approvvigionamento, l’immagazzinamento e l’uso dell’acqua nel periodo bizantino. Dalla ricerca è emerso che, tra le fonti dirette, solo due iscrizioni epigrafiche consentono una datazione relativamente affidabile dell’acquedotto tracio. Il contesto storico di Costantinopoli Cyril Mango ha che identificato nella disponibilità di acqua per l’uso potabile, per l’agricoltura e per i bagni, uno tra i principali problemi che l’area di Costantinopoli dovette sempre gestire per assicurare le comodità richieste dalla popolazione, sia in epoca tardo antica che tanto più in quella imperiale. Il primo acquedotto della Bisanzio romana fu costruito dall'imperatore Adriano (regnante nel 117-138) durante la sua campagna in Bitinia, rifornendo soltanto le zone della città a quota più bassa e rimanendo funzionante almeno fino al VI secolo. La città subì due principali espansioni urbane, la prima delle quali avvenuta nel 324 sotto Costantino (r.306-337) ma di cui non rimangono resti visibili. Nel IV secolo dovette essere assicurata una maggiore efficienza del sistema di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione dell’acqua, a seguito del rapido aumento della popolazione dopo la morte di Costantino. Importanti opere infrastrutturali furono realizzate dai suoi successori, tra cui appunto l’acquedotto tracio, inaugurato nel 373 durante il regno di Valente. Inoltre per prevenire possibili devastazioni o assedi della produzione agricola in Tracia, venne posizionata una nuova linea di difesa della città, le mura teodosiane terminate nel 413, che includevano un’area destinata all’agricoltura. Il limite urbano imposto dall'espansione teodosiana ed i principali assi di sviluppo definiti da Costantino sono successivamente rimasti invariati fino alla fine dell'impero. Nell’VIII secolo si registrò un forte declino delle condizioni di vita in seguito alle devastazioni causate da terremoti, epidemie ed assedi che ridussero drasticamente l’attenzione, rispetto all’epoca tardo antica, per l'ambiente urbano e l’igiene. Durante i periodi di contrazione urbana per il ridursi della popolazione, la superficie abitata comunque non si ritrasse, favorendo lo sviluppo di insediamenti disconnessi tra loro. L'area tra le due fortificazioni (le mura di Costantino e teodosiane) rimase sempre una zona verde, scarsamente abitata e dedicata all'agricoltura. Anche successivamente alla riattivazione dell’acquedotto tracio da parte di Costantino V nel 766-7, dopo un’interruzione di oltre 150 anni, la capitale mantenne tale configurazione urbanistica. Costantinopoli alla vigilia del IX secolo non era più la città di Costantino, nè di Teodosio, nè di Giustiniano. In effetti ciò che era irreversibilmente cambiato era la mentalità: la valenza dei monumenti tardo antichi si era persa ed era stata sostituita da elementi folkloristici e superstizioni. La popolazione aveva perso il legame con il suo passato, elemento vitale per la sua identità politica. Nel corso dell’XI secolo fu effettuato l’ultimo restauro dell’acquedotto tracio. In questo periodo, nonostante la disposizione della città non fosse variata, venne meno la storica compresenza dell’imperatore e dell’epicentro religioso nel nucleo romano della città. Questo cambiamento epocale portò la residenza imperiale ed alcuni uffici governativi nel quartiere di Blacharnae, situato nella parte nord delle mura teodosiane, mentre il centro religioso rimase dentro la città romana a Hagia Sofia. Si crearono quindi due punti nodali della città, quello secolare (la residenza imperiale e sede del governo) e quello religioso. A seguito della Quarta Crociata, durante l’impero latino le forze di occupazione non riuscirono a gestire Costantinopoli nella sua interezza. La città venne ripartita tra i Veneziani e tutti gli altri invasori. La presenza dei Crociati a Costantinopoli era spinta solo da motivazioni mercantili, pertanto non furono implementati progetti in ambito civico, infrastrutturale o religioso. Circa il problema dell’approvvigionamento idrico, nonostante la domanda fosse diffusa in tutte le zone della città, nessuna documentazione attesta alcuna riabilitazione di acquedotti nel periodo di occupazione latina. Al termine dell’impero latino, Costantinopoli divenne una città costituita da agglomerati sparsi in un paesaggio rurale, caratterizzata dalla presenza di numerosi monumenti sommersi. Nei decenni precedenti la sua caduta definitiva del 1453 si stima che la città avesse una popolazione di solo 70.000 abitanti, che viveva in piccoli villaggi distribuiti su terreno irregolare, a causa degli smottamenti provocati da costruzioni incontrollate, incendi, terremoti ed improvvise variazioni demografiche. L’approvvigionamento idrico di Costantinopoli Costantinopoli, nonostante l’estensione del suo sistema di approvvigionamento, sempre risentì della mancanza di risorse idriche abbondanti e sicure in prossimità della città, anche a causa delle limitazioni imposte dalla natura della regione tracia. Le principali fonti di approvvigionamento erano le sorgenti di Kırkçeşme-Cebeciköy, quelle in Tracia e le sorgenti di Halkalı. L’acqua proveniente dall’acquedotto veniva generalmente anche integrata con acqua piovana, immagazzinata in cisterne e serbatoi. Le peculiarità dei sistemi di approvvigionamento bizantini li distinguono da quelli ottomani, per quanto entrambi i sistemi idrici necessitassero di sorgenti a diversa altitudine, al fine di garantire un’equa distribuzione nelle zone alte e basse della città. Le principali sorgenti di alta quota dei Bizantini erano collocate in Tracia, mentre quelle sfruttate dagli Ottomani erano le sorgenti Halkalı. Le fonti di bassa quota erano le sorgenti di Cebeciköy, utilizzate sia dal sistema idrico di Adriano (e dagli Ottomani) che dei Bizantini. Pertanto lungo il Bozdoğan Kemeri, sopra richiamato, di origine bizantina e riabilitato dagli Ottomani, passavano sia i condotti provenienti da Halkalı che dalla Tracia. Anche le quote dei canali di distribuzione erano simili, mentre il sistema di raccolta e di distribuzione presentava evidenti diversità. E’ importante notare che i Bizantini si limitavano allo sfruttamento delle acque sorgive, a differenza degli Ottomani che utilizzavano anche le acque superficiali invasate nelle dighe. In generale, prima dell'introduzione di elaborati sistemi di distribuzione, gli insediamenti urbani potevano contare solo su pozzi e cisterne per soddisfare le loro necessità di acqua potabile per l’uso domestico. Secondo alcuni studi, i quantitativi necessari per il fabbisogno essenziale della popolazione furono comunque raramente disponibili nella rete di distribuzione di molte città romane anche dopo la realizzazione dei sistemi a gravità. Nel caso di Costantinopoli, è importante sottolineare la compresenza di più sistemi e metodi di approvvigionamento idrico, legati anche al grande numero di cisterne costruite per fronteggiare prolungati periodi di siccità e di interruzione del sistema di distribuzione. A Costantinopoli erano presenti due principali categorie di strutture di immagazzinamento dell’acqua: i serbatoi a cielo aperto e le cisterne coperte, che spesso erano sotterranee. Molte di queste strutture furono costruite appositamente per lo stoccaggio dell’acqua nei periodi tardo antico e medio bizantino, mentre altre, particolarmente le cisterne coperte, furono adattate da edifici preesistenti. Gli ultimi sviluppi della ricerca annoverano oltre 170 strutture (serbatoi e cisterne) di varie dimensioni, ubicate dentro le mura teodosiane. Molte di queste strutture non sono state ancora chiaramente identificate nella documentazione storica a causa degli scarsi dettagli riportati nelle fonti scritte, oltre a problemi di localizzazione o scavi non ancora eseguiti. Un importante argomento di approfondimento consiste nella valutazione della quantità di acqua che alimentava la città ed il volume che poteva essere immagazzinato dal sistema idrico. Per gli acquedotti ottomani i calcoli effettuati da Çeçen individuano una portata giornaliera di circa 12.000-17.000 m³ proveniente dalle sorgenti di Kırkçeşme, e di 21.000 m³ da Halkalı. Tuttavia in epoca antica si stima che la prima derivazione dalla sorgente Halkalı, di cui non è ancora stata provata l’esistenza, non potesse fornire oltre 6.000 m³ al giorno. Invece l'acqua ricevuta giornalmente da tutte le sorgenti della Tracia è stimata da Çeçen tra i 25.000 e gli 89.000m³, a seconda della stagione. Il volume dei tre serbatoi di Aetius, Aspar e Mokios, disposti tra le due mura, era di 607.715 m³; Çeçen stima la capacità di immagazzinamento totale della città, compresi i tre serbatoi e tutte le cisterne note, in circa 800.000-900.000 m³. L’uso dell’acqua Le pratiche di igiene personale, prima dell'introduzione di grandi bagni pubblici e complessi termali nelle città del Mediterraneo, consistevano in un semplice lavaggio del corpo con una limitata quantità d’acqua. Un bagno completo poteva essere fatto settimanalmente nel bagno pubblico. Lo sviluppo di bagni iniziò a livello residenziale evolvendosi in bagni di quartiere, per poi svilupparsi nelle thermae imperiali grazie anche al progresso nelle tecnologie di riscaldamento ed all'aumento della portata d’acqua fornita alle città attraverso i sistemi a gravità. Nel caso di Costantinopoli, soprattutto durante i lunghi periodi di interruzione dei sistemi di approvvigionamento, la cultura del bagno pubblico nei grandi complessi termali scomparve. Un’ulteriore causa importante del suo declino fu determinata dalla posizione delle autorità ecclesiastiche, che consideravano il bagno pubblico come una pratica contraria alla morale cristiana. Infine, mossa anche dalle limitazioni economiche, la popolazione di Costantinopoli ritornò ai piccoli bagni di quartiere, che potevano funzionare indipendentemente dalla rete idrica urbana, mediante piccole cisterne. La cultura del bagno di quartiere continuò fino all’epoca ottomana, fuso e modificato da elementi presi dai bagni persiani e arabi, ma comunque nel rispetto del modello bizantino come servizio di quartiere. CONSTRUZIONE, MANUTENZIONE E ABBANDONO DELL’ACQUEDOTTO TRACIO Il secondo capitolo principale descrive l’evoluzione storica dell’acquedotto della Tracia, rielaborando i dati storici ad oggi disponibili ed organizzandoli per fasi costruttive. La presentazione copre diversi ambiti, descrivendo sia le fonti storiche disponibili che le tecniche costruttive identificate, inclusi i materiali impiegati lungo il percorso dell’acquedotto. Viene prima introdotto il sistema idrico dell’imperatore Adriano (r.117-138), descrivendone gli elementi principali che definiscono il contesto storico in cui è nato l’acquedotto della Tracia. Nella sua prima fase costruttiva viene descritto l’acquedotto di Valente, inaugurato nel 373, che sfruttando le sorgenti di Danamandıra e Pınarca riforniva il territorio dentro le mura della città, ad una quota di 50-60 m sul livello del mare. La fase successiva riguarda l’estensione teodosiana dell’acquedotto di Valente, diretta verso la Tracia occidentale per raggiungere le sorgenti di Vize e Pazarlı. Questa fase costruttiva risalente al IV secolo non può essere datata con precisione attraverso le fonti; tuttavia è identificata come la fase monumentale, per la costruzione di una serie di imponenti acquedotti che rivelano consolidate tecniche costruttive e di selezione dei materiali appropriati. E’ proprio a questa fase che appartiene l’acquedotto su arcate di Kurşunlugerme (K20) analizzato di seguito come caso studio. Si passa quindi alla grande ricostruzione dell’acquedotto, che inizia con il regno di Anastasio I (r.491-518) e termina con i successori di Giustiniano (r.527-565). Questa fase non può essere identificata solo come una serie di interventi di riparazione da parte di Giustiniano, ma invece sviluppò una serie di soluzioni tecniche idonee ai diversi problemi incontrati in ogni struttura degradata. Si giunge quindi alla vasta attività di restauro durante il regno di Costantino V (r.743-775), conseguente ad un periodo di notevole siccità (626-765), durante il quale l’acquedotto tracio non era stato più funzionante. L’ultima fase costruttiva corrisponde al periodo di riabilitazione tra i regni di Basilio II e Costantino VIII (r.976-1025) e Manuel I Comnenos (r.1143-1180). Le attività ricompresero la pulizia ed il ripristino dei sistemi di immagazzinamento dell'acqua e dei condotti. I risanamenti operati in questa fase, grazie anche all'esteso uso di mattoni, può essere osservato ancora oggi negli acquedotti di Ballıgerme (K18) e Büyükgerme (K29). CASO STUDIO: IL TRATTO DI ACQUEDOTTO DI KURŞUNLUGERME (K20) L’ultimo capitolo è dedicato allo studio del tratto di acquedotto su arcate di Kurşunlugerme (K20). Nell’ambito dell’analisi diretta del sito è stata descritta la metodologia adottata nello studio e durante il rilievo svolto sul sito, nonchè la rappresentazione del monumento nella sua forma originaria e nella sua condizione attuale, con la descrizione dettagliata dei materiali impiegati. E’ stata inoltre elaborata una serie di tabelle che illustrano l’analisi volumetrica della struttura per la quantificazione dei materiali. Il tratto di acquedotto su arcate di Kurşunlugerme attraversa l’omonima valle situata all'interno della foresta di Istranca, nella Tracia centrale. Progettato e costruito durante l’estensione teodosiana, rappresenta in modo significativo il rapporto tra due livelli di condotti, l’uno proveniente dalle sorgenti di Danamandıra-Papu, a quota inferiore, e l’altro dalle sorgenti di Vize-Pazarlı, a quota superiore. La consistenza della pratica costruttiva, i materiali impiegati, i simboli decorativi, i segni degli scalpellini e l’assenza di estese riparazioni o attività di consolidamento successive ne fanno uno dei principali esempi della fase costruttiva teodosiana. Si stima che la struttura a triplo ordine di arcate presentasse una luce di circa 159 m e 12 m di larghezza, e raggiungesse i 40,5 m di altezza dal suolo. La tecnica costruttiva di Kurşunlugerme prevedeva la realizzazione di un nucleo interno contenuto da due facciate in blocchi di pietra, rafforzate da contrafforti verticali. Dai rilievi emerge che sono presenti una serie di patologie evidenti sulla superficie delle facciate, in particolare crepature, distacchi, perdita di materiale, scolorimento-deposito e colonizzazione biologica. Inoltre nel suo stato attuale la facciata esposta a est appare quella meglio conservata. Come previsto dal metodo funzionale applicato alle pratiche costruttive bizantine dell’acquedotto tracio, gli elementi documentati in altri siti bizantini ed altre fonti storiche sono stati confrontati con i dati ottenuti dai rilievi di Kurşunlugerme, al fine di stimare la forza lavoro impiegata. Le tabelle volumetriche e l’analisi delle tracce lasciate dagli scalpellini sono state analizzate per determinare il tipo di organizzazione e la manodopera necessarie per la realizzazione di tale struttura. Il capitolo si chiude con le raccomandazioni per la conservazione dell'acquedotto di Kurşunlugerme, enfatizzandone la relazione con il suo paesaggio circostante, con l’obiettivo di fornire delle linee guida per la conservazione dell’acquedotto nella sua interezza. Come accennato in precedenza, l'acquedotto di Kurşunlugerme si trova all'interno della Foresta Statale di Istranca, amministrata dalla Municipalità Metropolitana di Istanbul. Un motivo fondamentale per cui gli acquedotti della Tracia sono rimasti finora indisturbati, nonostante il continuo degrado, è dovuto alla designazione di quest’area come zona militare, inaccessibile fino agli ultimi due decenni del XX secolo. Basti pensare che per lo stesso motivo erano poste restrizioni all'accesso degli studiosi prima degli anni ‘90. Ciò ha fatto sì che Kurşunlugerme e molte altre strutture di interesse storico in Tracia risultino escluse dalla lista nazionale dei monumenti della Repubblica Turca. E’ opinione diffusa che la mancanza di tale riconoscimento non ne assicurerà la necessaria protezione e conservazione. L'unica forma di protezione della quale gli acquedotti della Tracia attualmente beneficiano è nell’ambito della tutela dei beni ambientali annoverati nel IBB Istanbul Çevre Planı (Piano Ambientale della Municipalità Metropolitana di Istanbul), che tuttavia si limita alla protezione del paesaggio, e non dei monumenti. In tale contesto questo studio si è proposto di fornire gli elementi per una ricerca più strutturata, propedeutica alla formulazione una nuova istanza, nonostante il precedente immotivato diniego da parte delle Autorità, per il riconoscimento di Kurşunlugerme nella lista nazionale dei monumenti. Sarebbe inoltre auspicabile che tale riconoscimento non fosse limitato a questa sola struttura, ma si estendesse all’acquedotto della Tracia nella sua interezza, al fine di assicurarne un’adeguata tutela.
17-giu-2015
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