Nella vita professionale di Lina Bo le occasioni d'intervenire su edifici e siti storici furono numerose e, forse, le più significative per espressività e significato nel contesto della sua produzione architettonica. La critica si è a lungo interrogata su quali fossero le premesse culturali ed educative che indussero Lina ad assumere atteggiamenti diversi e innovativi non soltanto rispetto al contesto brasiliano dell'epoca ma anche rispetto alla cultura italiana del restauro che in quegli anni viveva una stagione particolare, segnata dalle condizioni economiche e culturali del secondo dopoguerra. La questione ha interessato l'accademia brasiliana, in particolare quella paulista, che tende a considerare questa maestra del Modernismo la figura che introdusse nel paese latinoamericano un modo 'italiano' d'intendere il restauro ma assolutamente consono al contesto culturale brasiliano. Di fatto, tuttavia, la questione non è chiara, specie se si osservano gli interventi di Lina Bo per Salvador che vanno dalla fine degli anni cinquanta ai settanta e la trasformazione dello stabilimento industriale Mauser nel quartiere Pompéia di Sao Paulo in SESC fra il 1977 e il 1986. Si tratta di progetti che non derivano dall'impostazione culturale che Lina ricevette all'epoca della sua formazione universitaria, ancora incentrata sul restauro 'scientifico' di stampo giovannoniano, ma sono piuttosto vicini alle più vivaci elaborazioni 'critiche' della materia, in via di sperimentazione nel secondo dopoguerra, anche in ambito milanese. E, tuttavia, non sembrano carattere e indole adatti, quelli di Lina, ad accettare l'influenza del dibattito, accademico e disciplinare, in corso all'epoca sul restauro per merito di Cesare Brandi, Roberto Pane e Renato Bonelli. Piuttosto, la figura che le somiglia di più è quella di Liliana Grassi, profilo donna intellettualmente autonoma - proprio come Lina - attiva sia sul fronte del restauro che della progettazione architettonica, padrona di un'idea di restauro 'controcorrente' per l'epoca, e attiva in una città culturalmente vivace come Milano. Le due figure e le loro opere, con i dovuti distinguo, presentano affinità di grande interesse e ancora tutte da esplorarsi. Non è certo detto che esse si conoscessero. Ma resta il fatto che Lina trascorse a Milano gli anni precedenti al suo trasferimento in Brasile, certo i più formativi per la sua attività professionale; collaborò con Gio Ponti negli stessi anni in cui Liliana Grassi, milanese e più giovane di qualche anno, svolgeva un'attività simile per il grande maestro, ed è qui e con Ponti che Lina maturò gran parte della sua idea di architettura. Non nell'opera ma nel pensiero di queste due donne architetto del Novecento si riconosce - pur in contesti fisici e culturali all'epoca lontanissimi - un modo critico e tutto italiano d'intendere il restauro, rivolto ad integrare conservazione e progettazione architettonica, a coltivare interesse per la storia intesa in senso ampio quale memoria, ad avvalorare il significato sociale dell'intervento sui centri storici e molto altro ancora. Questo contributo intende ridefinire le matrici culturali degli interventi sull'esistente di Lina Bo seguendo il sottile filo rosso che attraversa gli anni milanesi della sua formazione e lo sviluppo del restauro critico in Italia fra gli anni Sessanta e Ottanta, tornando sulle tracce del pensiero e dell'opera coeva di Liliana Grassi.

Lina Bo Bardi. Un'architettura fra Italia e Brasile / Salvo, Simona Maria Carmela. - STAMPA. - (2017), pp. 300-305.

Lina Bo Bardi. Un'architettura fra Italia e Brasile

SALVO, Simona Maria Carmela
2017

Abstract

Nella vita professionale di Lina Bo le occasioni d'intervenire su edifici e siti storici furono numerose e, forse, le più significative per espressività e significato nel contesto della sua produzione architettonica. La critica si è a lungo interrogata su quali fossero le premesse culturali ed educative che indussero Lina ad assumere atteggiamenti diversi e innovativi non soltanto rispetto al contesto brasiliano dell'epoca ma anche rispetto alla cultura italiana del restauro che in quegli anni viveva una stagione particolare, segnata dalle condizioni economiche e culturali del secondo dopoguerra. La questione ha interessato l'accademia brasiliana, in particolare quella paulista, che tende a considerare questa maestra del Modernismo la figura che introdusse nel paese latinoamericano un modo 'italiano' d'intendere il restauro ma assolutamente consono al contesto culturale brasiliano. Di fatto, tuttavia, la questione non è chiara, specie se si osservano gli interventi di Lina Bo per Salvador che vanno dalla fine degli anni cinquanta ai settanta e la trasformazione dello stabilimento industriale Mauser nel quartiere Pompéia di Sao Paulo in SESC fra il 1977 e il 1986. Si tratta di progetti che non derivano dall'impostazione culturale che Lina ricevette all'epoca della sua formazione universitaria, ancora incentrata sul restauro 'scientifico' di stampo giovannoniano, ma sono piuttosto vicini alle più vivaci elaborazioni 'critiche' della materia, in via di sperimentazione nel secondo dopoguerra, anche in ambito milanese. E, tuttavia, non sembrano carattere e indole adatti, quelli di Lina, ad accettare l'influenza del dibattito, accademico e disciplinare, in corso all'epoca sul restauro per merito di Cesare Brandi, Roberto Pane e Renato Bonelli. Piuttosto, la figura che le somiglia di più è quella di Liliana Grassi, profilo donna intellettualmente autonoma - proprio come Lina - attiva sia sul fronte del restauro che della progettazione architettonica, padrona di un'idea di restauro 'controcorrente' per l'epoca, e attiva in una città culturalmente vivace come Milano. Le due figure e le loro opere, con i dovuti distinguo, presentano affinità di grande interesse e ancora tutte da esplorarsi. Non è certo detto che esse si conoscessero. Ma resta il fatto che Lina trascorse a Milano gli anni precedenti al suo trasferimento in Brasile, certo i più formativi per la sua attività professionale; collaborò con Gio Ponti negli stessi anni in cui Liliana Grassi, milanese e più giovane di qualche anno, svolgeva un'attività simile per il grande maestro, ed è qui e con Ponti che Lina maturò gran parte della sua idea di architettura. Non nell'opera ma nel pensiero di queste due donne architetto del Novecento si riconosce - pur in contesti fisici e culturali all'epoca lontanissimi - un modo critico e tutto italiano d'intendere il restauro, rivolto ad integrare conservazione e progettazione architettonica, a coltivare interesse per la storia intesa in senso ampio quale memoria, ad avvalorare il significato sociale dell'intervento sui centri storici e molto altro ancora. Questo contributo intende ridefinire le matrici culturali degli interventi sull'esistente di Lina Bo seguendo il sottile filo rosso che attraversa gli anni milanesi della sua formazione e lo sviluppo del restauro critico in Italia fra gli anni Sessanta e Ottanta, tornando sulle tracce del pensiero e dell'opera coeva di Liliana Grassi.
2017
Lina Bo Bardi. Un'architettura fra Italia e Brasile
9788891756664
architettura del Novecento; Brasile; storia dell'architettura
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Lina Bo Bardi. Un'architettura fra Italia e Brasile / Salvo, Simona Maria Carmela. - STAMPA. - (2017), pp. 300-305.
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Salvo_Lina-Bo_2017.pdf

solo utenti autorizzati

Tipologia: Documento in Post-print (versione successiva alla peer review e accettata per la pubblicazione)
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 1.46 MB
Formato Adobe PDF
1.46 MB Adobe PDF   Contatta l'autore

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/992368
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact