Il “Pensare architettonico”, ricostruito e criptato secondo la modalità del frammento, mette al centro del suo soliloquio la figura del ricominciamento, figura dichiaratamente ad estensione teorico-operativa illimitata, attraverso cui l’architettura è vista in un continuo divenire (Giambattista Vico), tra continuità (Aldo Rossi) e discontinuità (Manfredo Tafuri), a partire dalla fondamentale nozione di “paesaggio originario” (Marc-Antoine Laugier, Martin Heidegger, Franco Purini e …), vera e propria stazione di boa che pare sia ineludibile dover aggirare prima di tracciare le diverse rotte di avvistamenti e attraversamenti, partenze e ripartenze, rallentamenti e avanzamenti, stasi e accelerazioni, e ricominciamenti a non finire per l’appunto. In tutto questo, particolare sisalto riveste la formalizzazione dell’inedita nozione di “stringa architettonica” formulata in occasione del progetto di laurea (1971), (Cfr. punto 3.1.1). «Alla domanda di cosa debba intendersi per ‘stringa architettonica’, credo di poter ancora rispondere: è una porzione minima di architettura (morfema architettonico-stringa architettonica), dotata di tettonicità abitabilità e accessibilità, non più a-scalare ma avente valore grammaticale, e perciò capace – a partire da un numero limitato di elementi – di produrre, attraverso ‘regole di trasformazione’, un numero infinito di stringhe-altre (stringhe architettoniche-altre, architetture-altre)».

(Architettura, Teoria, Progetto). La Tavola del "Pensare architettonico", I versione, 2003 / Calcagnile, Luigi. - (2003).

(Architettura, Teoria, Progetto). La Tavola del "Pensare architettonico", I versione, 2003.

CALCAGNILE, Luigi
2003

Abstract

Il “Pensare architettonico”, ricostruito e criptato secondo la modalità del frammento, mette al centro del suo soliloquio la figura del ricominciamento, figura dichiaratamente ad estensione teorico-operativa illimitata, attraverso cui l’architettura è vista in un continuo divenire (Giambattista Vico), tra continuità (Aldo Rossi) e discontinuità (Manfredo Tafuri), a partire dalla fondamentale nozione di “paesaggio originario” (Marc-Antoine Laugier, Martin Heidegger, Franco Purini e …), vera e propria stazione di boa che pare sia ineludibile dover aggirare prima di tracciare le diverse rotte di avvistamenti e attraversamenti, partenze e ripartenze, rallentamenti e avanzamenti, stasi e accelerazioni, e ricominciamenti a non finire per l’appunto. In tutto questo, particolare sisalto riveste la formalizzazione dell’inedita nozione di “stringa architettonica” formulata in occasione del progetto di laurea (1971), (Cfr. punto 3.1.1). «Alla domanda di cosa debba intendersi per ‘stringa architettonica’, credo di poter ancora rispondere: è una porzione minima di architettura (morfema architettonico-stringa architettonica), dotata di tettonicità abitabilità e accessibilità, non più a-scalare ma avente valore grammaticale, e perciò capace – a partire da un numero limitato di elementi – di produrre, attraverso ‘regole di trasformazione’, un numero infinito di stringhe-altre (stringhe architettoniche-altre, architetture-altre)».
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