Retrospettiva: al posto del postmoderno

Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 hanno fornito un giorno e un mese precisi cui far risalire la fine dell’eccezionalismo statunitense e della presunta “vacanza” dalla storia ostentata dalla nazione. Ma se il postmoderno è morto e sepolto, passato, svanito, esaurito, imploso o riassorbito dalla cultura che era nato per contestare, la domanda resta sempre la stessa: cosa c’è ora al suo posto? Per osservare come la narrativa americana si sia evoluta negli ultimi anni passando dalla sensibilità postmoderna a uno stato d’animo che ci coinvolge personalmente e che per forza di cose è impossibile osservare con lo sguardo obiettivo e oggettivo della teoria, una buona idea può essere rivolgersi a quegli scrittori che tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta hanno costituito l’ossatura del postmodernismo e che negli anni Duemila hanno cambiato direzione, adattando ancora una volta la propria scrittura a ritmi e linguaggi vicini ai serial televisivi, all’informatica, ai fumetti.