The study of the whole or partial reemployment of buildings is a part of the research field of material reemployment in architecture. Some of the reemployed building in Rome were changed using stone facings (Tempio delle Botteghe Oscure, Tempio C in Largo Argentina). The colonnade of the Caesar Forum was partially destroyed by the fire (283 A.D.). During the restoration of the building some of the old structures were encapsulated inside new walls. The Aurelian Walls (271-279 A.D.) incorporated different types of buildings (tombs, houses, garden surrounds, aqueducts, but also cisterns, amphitheatre and a fortress). Buildings were incorporated in different ways. Some of them were completely incorporated (the tombs of Cornelia Vatiena and Q. Sulplicio Massimo, near Porta Salaria, the Garden surround, adorned with statues, near Porta Tiburtina). Other buildings were partially destroyed and inserted in the structural core (the tomb of Eurisace, the houses near Porta Latina and near Montebello road), others were transformed to become part of the facade of the wall (castellum aquae near Porta Tiburtina, Castra Praetoria, Anfiteatro Castrense).

La normativa edilizia romana in ambito privato, nel corso dei secoli, ha cercato di controllare il fenomeno del riuso dei materiali edilizi, al fine di scongiurare l’abbandono d’interi fabbricati con lo scopo di condurli verso la rovina per trarne materiali di riuso, giungendo a equiparare la mancata manutenzione alla deliberata demolizione. Nell’edilizia pubblica non erano permesse demolizioni di edifici se non per motivi particolari e con specifici accorgimenti. In piena età imperiale, inoltre, l’impiego di materiale di recupero fu poco praticato in ambito pubblico, in quanto la costruzione o ricostruzione di un edificio era uno strumento di propaganda politica per chi si accingeva a promuoverne e finanziarne il progetto. Nei pochi casi in cui si reimpiegava materiale, questo non era esibito (il frontone dei propilei del Portico d’Ottavia ricostruito dopo l’incendio del 191 d.C.), neanche quando si ricostruiva lo stesso edificio. Guardando più specificatamente l’ambito cronologico oggetto dell’approfondimento, il III secolo, va considerato che Roma, a quell’epoca, possedeva un apparato monumentale così imponente da condizionare tutte le iniziative edilizie rendendo pressoché impossibile prescindere dagli edifici preesistenti. Fu l’epoca della diminuita disponibilità di marmo lunense, anche per il parziale insabbiamento del Porto di Luni, e della riorganizzazione amministrativa delle cave imperiali voluta da Caracalla. Tutto ciò condusse, a partire dall’età dioclezianea, all’uso sistematico di spolia (natatio e calidarium delle Terme di Diocleziano). All’interno del più vasto ambito del reimpiego dei materiali si colloca il riutilizzo, intero o parziale, di strutture edilizie all’interno di nuovi edifici. Le Mura Aureliane (271-279 d.C.) inglobarono costruzioni preesistenti di varia natura e dimensione (tombe, case, muri di cinta di giardini, acquedotti, ma anche cisterne, portici, anfiteatri e una fortificazione), per uno sviluppo pari a circa il 10% del loro sviluppo. Le modalità con cui gli edifici entrarono a far parte della nuova costruzione sono diverse e variano principalmente a seconda dell’entità delle strutture esistenti, delle loro caratteristiche materiche e strutturali e della posizione rispetto al circuito che si andava realizzando. Alcuni edifici furono inglobati interamente (tra gli altri i sepolcri di Cornelia Vatiena e di Q. Sulplicio Massimo, presso Porta Salaria, il muro di cinta di un giardino nelle vicinanze di Porta Tiburtina, incorporato nella fortificazione mantenendo in posizione le statue presenti all’interno delle nicchie), altri furono parzialmente demoliti per essere inclusi nel nucleo strutturale (sepolcro di Eurisace, case ad ovest di Porta Latina e su viale Montebello) altri ancora furono modificati per divenire parte del fronte del muro (castellum aquae nelle vicinanze di Porta Tiburtina, Castra Praetoria, Anfiteatro Castrense). Si tratta di una casistica talmente vasta e articolata da fornire un panorama utile per la comprensione di un particolare aspetto dell’attività edilizia romana nel III secolo.

Alcuni casi di reimpiego di strutture edilizie nella Roma del III secolo d.C / Mancini, Rossana. - STAMPA. - (2017), pp. 502-511.

Alcuni casi di reimpiego di strutture edilizie nella Roma del III secolo d.C.

MANCINI, Rossana
2017

Abstract

The study of the whole or partial reemployment of buildings is a part of the research field of material reemployment in architecture. Some of the reemployed building in Rome were changed using stone facings (Tempio delle Botteghe Oscure, Tempio C in Largo Argentina). The colonnade of the Caesar Forum was partially destroyed by the fire (283 A.D.). During the restoration of the building some of the old structures were encapsulated inside new walls. The Aurelian Walls (271-279 A.D.) incorporated different types of buildings (tombs, houses, garden surrounds, aqueducts, but also cisterns, amphitheatre and a fortress). Buildings were incorporated in different ways. Some of them were completely incorporated (the tombs of Cornelia Vatiena and Q. Sulplicio Massimo, near Porta Salaria, the Garden surround, adorned with statues, near Porta Tiburtina). Other buildings were partially destroyed and inserted in the structural core (the tomb of Eurisace, the houses near Porta Latina and near Montebello road), others were transformed to become part of the facade of the wall (castellum aquae near Porta Tiburtina, Castra Praetoria, Anfiteatro Castrense).
2017
RICerca REStauro. Sezione 2B Conoscenza dell’edificio. Casi-studio
978-88-7140-764-7
La normativa edilizia romana in ambito privato, nel corso dei secoli, ha cercato di controllare il fenomeno del riuso dei materiali edilizi, al fine di scongiurare l’abbandono d’interi fabbricati con lo scopo di condurli verso la rovina per trarne materiali di riuso, giungendo a equiparare la mancata manutenzione alla deliberata demolizione. Nell’edilizia pubblica non erano permesse demolizioni di edifici se non per motivi particolari e con specifici accorgimenti. In piena età imperiale, inoltre, l’impiego di materiale di recupero fu poco praticato in ambito pubblico, in quanto la costruzione o ricostruzione di un edificio era uno strumento di propaganda politica per chi si accingeva a promuoverne e finanziarne il progetto. Nei pochi casi in cui si reimpiegava materiale, questo non era esibito (il frontone dei propilei del Portico d’Ottavia ricostruito dopo l’incendio del 191 d.C.), neanche quando si ricostruiva lo stesso edificio. Guardando più specificatamente l’ambito cronologico oggetto dell’approfondimento, il III secolo, va considerato che Roma, a quell’epoca, possedeva un apparato monumentale così imponente da condizionare tutte le iniziative edilizie rendendo pressoché impossibile prescindere dagli edifici preesistenti. Fu l’epoca della diminuita disponibilità di marmo lunense, anche per il parziale insabbiamento del Porto di Luni, e della riorganizzazione amministrativa delle cave imperiali voluta da Caracalla. Tutto ciò condusse, a partire dall’età dioclezianea, all’uso sistematico di spolia (natatio e calidarium delle Terme di Diocleziano). All’interno del più vasto ambito del reimpiego dei materiali si colloca il riutilizzo, intero o parziale, di strutture edilizie all’interno di nuovi edifici. Le Mura Aureliane (271-279 d.C.) inglobarono costruzioni preesistenti di varia natura e dimensione (tombe, case, muri di cinta di giardini, acquedotti, ma anche cisterne, portici, anfiteatri e una fortificazione), per uno sviluppo pari a circa il 10% del loro sviluppo. Le modalità con cui gli edifici entrarono a far parte della nuova costruzione sono diverse e variano principalmente a seconda dell’entità delle strutture esistenti, delle loro caratteristiche materiche e strutturali e della posizione rispetto al circuito che si andava realizzando. Alcuni edifici furono inglobati interamente (tra gli altri i sepolcri di Cornelia Vatiena e di Q. Sulplicio Massimo, presso Porta Salaria, il muro di cinta di un giardino nelle vicinanze di Porta Tiburtina, incorporato nella fortificazione mantenendo in posizione le statue presenti all’interno delle nicchie), altri furono parzialmente demoliti per essere inclusi nel nucleo strutturale (sepolcro di Eurisace, case ad ovest di Porta Latina e su viale Montebello) altri ancora furono modificati per divenire parte del fronte del muro (castellum aquae nelle vicinanze di Porta Tiburtina, Castra Praetoria, Anfiteatro Castrense). Si tratta di una casistica talmente vasta e articolata da fornire un panorama utile per la comprensione di un particolare aspetto dell’attività edilizia romana nel III secolo.
reimpiego; architettura romana; restauro
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Alcuni casi di reimpiego di strutture edilizie nella Roma del III secolo d.C / Mancini, Rossana. - STAMPA. - (2017), pp. 502-511.
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