Quando comparve sulla scena dell’archeologia internazionale il volu- me di Clarke, come era successo per altre fondamentali opere della ricerca archeologica, il mondo accademico anglofono, inglese e americano, si divise decisamente nelle valutazioni.1 Se per alcuni quell’opera, che nel- le attese del grande archeologo intendeva offrire un corpo centrale alla teoria della conoscenza archeologica, divenne una sorta di simulacro cui attenersi ogni volta che si sarebbe avanzato un nuovo metodo di indagine, e più in generale ogni proposta sperimentale, per altri essa sarebbe restata solo un’inutile, forzata, e inaccettabile pennellata mistica. La prima traduzione italiana del volume che risale al 1998 la dice lunga, più di ogni altra constatazione, su come quella – che comunque veniva riconosciuta come profezia – venne accolta nel nostro Paese; dal 1968, anno della sua stesura, al 1998 corrono infatti trent’anni; trent’anni lunghi come quel secolo che era già alle spalle dell’orienta- mento storico-culturale dell’archeologia italiana, tetragona al tempo e al cambiamento generazionale.
Note per il lettore: l’esplorazione archeologica nel «passato prossimo venturo». Postfazione ad Archeologia e Semiotica / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - (2010), pp. 199-204.
Note per il lettore: l’esplorazione archeologica nel «passato prossimo venturo». Postfazione ad Archeologia e Semiotica
RAMAZZOTTI, Marco
2010
Abstract
Quando comparve sulla scena dell’archeologia internazionale il volu- me di Clarke, come era successo per altre fondamentali opere della ricerca archeologica, il mondo accademico anglofono, inglese e americano, si divise decisamente nelle valutazioni.1 Se per alcuni quell’opera, che nel- le attese del grande archeologo intendeva offrire un corpo centrale alla teoria della conoscenza archeologica, divenne una sorta di simulacro cui attenersi ogni volta che si sarebbe avanzato un nuovo metodo di indagine, e più in generale ogni proposta sperimentale, per altri essa sarebbe restata solo un’inutile, forzata, e inaccettabile pennellata mistica. La prima traduzione italiana del volume che risale al 1998 la dice lunga, più di ogni altra constatazione, su come quella – che comunque veniva riconosciuta come profezia – venne accolta nel nostro Paese; dal 1968, anno della sua stesura, al 1998 corrono infatti trent’anni; trent’anni lunghi come quel secolo che era già alle spalle dell’orienta- mento storico-culturale dell’archeologia italiana, tetragona al tempo e al cambiamento generazionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.