Per i sostenitori della tesi dell’equivocità del discorso teologico rispetto a quello sulle cretaure, essendo ogni nome usato impropriamente per parlare di Dio, in teologia saranno vere in senso proprio tutte, e solo, le proposizioni negative: si tratta della cosidetta ‘teologia negativa’ d’ascendenza pseudionisiana, che tanto rilievo ha nel pensiero di Teodorico di Chartres e Alano di Lilla. I sostenitori di questa posizione sono in un certo senso costretti ad ammettere la verità della proposizione “Nihil est Deus” in quanto negazione di “Deus est aliquid”. La questione è dunque, per quanti ritengono che “Nihil est Deus” sia vera, di evitare che se ne traggano conclusioni pericolose dal punto di vista dottrinale: in primis il non essere di Dio. I metodi elaborati a questo scopo sono diversi, e l’articolo esamina le posizioni di Abelardo e Alano di Lilla. Al termine del XII e all’inizio del XIII secolo poi, nel quadro della più generale riflessione sui limiti e le caratteristiche del discorso teologico, viene definitivamente ridimensionata la tesi dell’equivocità e dell’improprietà generale del discorso teologico, difesa nella sua forma più radicale nella prima metà del secolo da Abelardo, Teodorico di Chartres e Gilberto di Poitiers, e ancora nella seconda da Alano di Lilla e altri autori porretani. Dall’insieme delle parole, si enuclea un gruppo a parte di termini assolutamente generali ed estranei alla sistematizzazione categoriale, e in particolare aliquid e res, ossia quei termini che insieme a ens e unum i logici trattano come ‘nomi che si dicono di tutte le cose’ (detti anche trascendentes). Secondo diversi teologi che scrivono intorno alla fine del 1100 la assoluta indeterminatezza di questi termini li rende applicabili univocamente alle creature e a Dio di modo che sarebbe corretto affermare in senso proprio “Deus est res” o “Deus est aliquid”. Si scongiura così la necessità di affermare come vera la proposizione “Nihil est Deus” in quanto contraddittoria di “Deus est aliquid”.
«Deus non est aliquid ergo nihil est Deus?». Un dibattito del XII secolo sull’uso dei termini “qualcosa” e “nulla” nel discorso teologico / Valente, Luisa. - STAMPA. - (2017), pp. 307-334.
«Deus non est aliquid ergo nihil est Deus?». Un dibattito del XII secolo sull’uso dei termini “qualcosa” e “nulla” nel discorso teologico
VALENTE, Luisa
2017
Abstract
Per i sostenitori della tesi dell’equivocità del discorso teologico rispetto a quello sulle cretaure, essendo ogni nome usato impropriamente per parlare di Dio, in teologia saranno vere in senso proprio tutte, e solo, le proposizioni negative: si tratta della cosidetta ‘teologia negativa’ d’ascendenza pseudionisiana, che tanto rilievo ha nel pensiero di Teodorico di Chartres e Alano di Lilla. I sostenitori di questa posizione sono in un certo senso costretti ad ammettere la verità della proposizione “Nihil est Deus” in quanto negazione di “Deus est aliquid”. La questione è dunque, per quanti ritengono che “Nihil est Deus” sia vera, di evitare che se ne traggano conclusioni pericolose dal punto di vista dottrinale: in primis il non essere di Dio. I metodi elaborati a questo scopo sono diversi, e l’articolo esamina le posizioni di Abelardo e Alano di Lilla. Al termine del XII e all’inizio del XIII secolo poi, nel quadro della più generale riflessione sui limiti e le caratteristiche del discorso teologico, viene definitivamente ridimensionata la tesi dell’equivocità e dell’improprietà generale del discorso teologico, difesa nella sua forma più radicale nella prima metà del secolo da Abelardo, Teodorico di Chartres e Gilberto di Poitiers, e ancora nella seconda da Alano di Lilla e altri autori porretani. Dall’insieme delle parole, si enuclea un gruppo a parte di termini assolutamente generali ed estranei alla sistematizzazione categoriale, e in particolare aliquid e res, ossia quei termini che insieme a ens e unum i logici trattano come ‘nomi che si dicono di tutte le cose’ (detti anche trascendentes). Secondo diversi teologi che scrivono intorno alla fine del 1100 la assoluta indeterminatezza di questi termini li rende applicabili univocamente alle creature e a Dio di modo che sarebbe corretto affermare in senso proprio “Deus est res” o “Deus est aliquid”. Si scongiura così la necessità di affermare come vera la proposizione “Nihil est Deus” in quanto contraddittoria di “Deus est aliquid”.File | Dimensione | Formato | |
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