Il consumo della città, definitivamente attuato dalle nuove ed aumentate esigenze dell’uomo moderno, dalle sempre più avanzate conquiste tecnologiche, dalle mutate condizioni di motricità (è caduto il vecchio rapporto spazio-tempo di percorrenza), dal logoramento delle tipologie tradizionali, dalla perdita di ogni valenza figurativa, impone la ricerca di soluzioni alternative. E’ giusto questa la filosofia su cui il progetto si attesta. La proposta, collocandosi al di fuori di qualsiasi vincolo, costruisce autonomamente una propria condizione di contesto. Sostenuta da una forte carica sperimentale, essa si configura secondo un doppio livello di articolazione: quello macrostrutturale, affidato soprattutto all’ordine gigante segnato dal ritmo dei piloni abitati di risalita e dagli orizzontamenti di piastra, che nel loro insieme sembrano riproporre una metafora della tettonica trilitica; e quello metaprogettuale più propriamente riferibile ad una congenita ambizione modellistica. Sul nuovo suolo artificiale sollevato in quota così, quasi attento a non impegnare più di tanto il piano di campagna per non comprometterne del tutto l’agibilità, si dispiega poi l’habitat. Evidentissimo il carattere acropolico della composizione d’insieme. Operando attraverso un unico elemento-base, costituito da due coppie di telai autoportanti disposti a croce, l’ipotesi formulata ne attiva una procedura iterativa di assemblaggio utile a realizzare un continuum tridimensionale, reticolo all’interno del quale trovano posto i moduli abitativi propriamente detti; mentre il rischio di rigidezza insito nel metodo additivo viene superato grazie alle possibili variazioni sul tema della modularità di montaggio che consentono di ottenere ora effetti parete, ora trasparenze, ora ancora alterazioni, anche audaci, di volume e di giacitura. Particolarmente interessata alla messa a punto delle relazioni di interno-esterno, aperto-chiuso, pubblico-privato, la struttura si impegna a disegnare uno spazio architettonico labirintico, improntato ad alto grado di complessità, ma sempre intrigante. La crescita, teoricamente ad estensione illimitata, chiude il suo fraseggio su un attendibile ordine dimensionale insediativo. In tal modo, pieni e vuoti, interferenze, scatti e traslazioni in piano come in alzato, percorrenze pedonalizzate e mobilità meccanizzata, dilatazioni e anfratti, slittamenti e sovrapposizioni, e molto altro ancora, intervengono a restituire un’immagine di città ad un tempo inedita e significativa. .

(1967, Progetto didattico). Studio per una ipotesi di città spaziale, 1967 / Calcagnile, Luigi. - (1967).

(1967, Progetto didattico). Studio per una ipotesi di città spaziale, 1967.

CALCAGNILE, Luigi
1967

Abstract

Il consumo della città, definitivamente attuato dalle nuove ed aumentate esigenze dell’uomo moderno, dalle sempre più avanzate conquiste tecnologiche, dalle mutate condizioni di motricità (è caduto il vecchio rapporto spazio-tempo di percorrenza), dal logoramento delle tipologie tradizionali, dalla perdita di ogni valenza figurativa, impone la ricerca di soluzioni alternative. E’ giusto questa la filosofia su cui il progetto si attesta. La proposta, collocandosi al di fuori di qualsiasi vincolo, costruisce autonomamente una propria condizione di contesto. Sostenuta da una forte carica sperimentale, essa si configura secondo un doppio livello di articolazione: quello macrostrutturale, affidato soprattutto all’ordine gigante segnato dal ritmo dei piloni abitati di risalita e dagli orizzontamenti di piastra, che nel loro insieme sembrano riproporre una metafora della tettonica trilitica; e quello metaprogettuale più propriamente riferibile ad una congenita ambizione modellistica. Sul nuovo suolo artificiale sollevato in quota così, quasi attento a non impegnare più di tanto il piano di campagna per non comprometterne del tutto l’agibilità, si dispiega poi l’habitat. Evidentissimo il carattere acropolico della composizione d’insieme. Operando attraverso un unico elemento-base, costituito da due coppie di telai autoportanti disposti a croce, l’ipotesi formulata ne attiva una procedura iterativa di assemblaggio utile a realizzare un continuum tridimensionale, reticolo all’interno del quale trovano posto i moduli abitativi propriamente detti; mentre il rischio di rigidezza insito nel metodo additivo viene superato grazie alle possibili variazioni sul tema della modularità di montaggio che consentono di ottenere ora effetti parete, ora trasparenze, ora ancora alterazioni, anche audaci, di volume e di giacitura. Particolarmente interessata alla messa a punto delle relazioni di interno-esterno, aperto-chiuso, pubblico-privato, la struttura si impegna a disegnare uno spazio architettonico labirintico, improntato ad alto grado di complessità, ma sempre intrigante. La crescita, teoricamente ad estensione illimitata, chiude il suo fraseggio su un attendibile ordine dimensionale insediativo. In tal modo, pieni e vuoti, interferenze, scatti e traslazioni in piano come in alzato, percorrenze pedonalizzate e mobilità meccanizzata, dilatazioni e anfratti, slittamenti e sovrapposizioni, e molto altro ancora, intervengono a restituire un’immagine di città ad un tempo inedita e significativa. .
1967
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/953445
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact