Con gli studi di von Humboldt la filosofia del diritto viene letta come filosofia del linguaggio, in quanto il pensiero giuridico non può fare a meno del pensiero linguistico. Ogni atto del diritto è un atto del linguaggio e ogni atto del linguaggio nomina la questione ‘diritto’. L’uomo parla per rappresentare l’affermazione di se stesso incontrando la medesima azione nell’altro, e in questa attività pone a confronto mondo proprio con mondo altrui. Qui il linguaggio si colloca nella sua funzione mediatrice tra l’io e il mondo, e questo tema ha costituito in von Humboldt l’inizio della filosofia del linguaggio. Il salto verso l’istituzione di leggi è compiuto dall’uomo mediante il linguaggio, in quanto «dal riflettersi del mondo nell’uomo sorge così … il linguaggio, che … feconda il mondo mediante l’uomo». Senza il linguaggio il mondo, come immanenza, e quindi anche il mondo del diritto positivo (posto), non inverrebbe ad alcun movimento di vita, non si darebbe né alla luce né, tantomeno, ad una evoluzione. Il problema dell’origine del linguaggio è il problema dell’origine dell’uomo, da potersi affrontare anche secondo la possibile domanda «se il linguaggio più antico, il linguaggio originario, sia stato partecipato all’uomo allo stesso modo in cui ancora oggi avviene la propagazione delle lingue». Il fatto di ‘interloquire’ assume la forma del dialogo nel linguaggio e giustifica l’espressione che adopererà von Humboldt secondo la quale il linguaggio è organo formativo del pensiero. In questa direzione l’uomo tende ad una sempre migliore perfezione, che si degni di rivolgersi all’universale, ricercata nel linguaggio e nel diritto proprio a partire dalla questione dei limiti della particolarità.
Stato, diritto e linguaggio giuridico. Studi con von Humboldt / Palumbo, Ciro. - STAMPA. - (2015), pp. 1-211.
Stato, diritto e linguaggio giuridico. Studi con von Humboldt
PALUMBO, Ciro
2015
Abstract
Con gli studi di von Humboldt la filosofia del diritto viene letta come filosofia del linguaggio, in quanto il pensiero giuridico non può fare a meno del pensiero linguistico. Ogni atto del diritto è un atto del linguaggio e ogni atto del linguaggio nomina la questione ‘diritto’. L’uomo parla per rappresentare l’affermazione di se stesso incontrando la medesima azione nell’altro, e in questa attività pone a confronto mondo proprio con mondo altrui. Qui il linguaggio si colloca nella sua funzione mediatrice tra l’io e il mondo, e questo tema ha costituito in von Humboldt l’inizio della filosofia del linguaggio. Il salto verso l’istituzione di leggi è compiuto dall’uomo mediante il linguaggio, in quanto «dal riflettersi del mondo nell’uomo sorge così … il linguaggio, che … feconda il mondo mediante l’uomo». Senza il linguaggio il mondo, come immanenza, e quindi anche il mondo del diritto positivo (posto), non inverrebbe ad alcun movimento di vita, non si darebbe né alla luce né, tantomeno, ad una evoluzione. Il problema dell’origine del linguaggio è il problema dell’origine dell’uomo, da potersi affrontare anche secondo la possibile domanda «se il linguaggio più antico, il linguaggio originario, sia stato partecipato all’uomo allo stesso modo in cui ancora oggi avviene la propagazione delle lingue». Il fatto di ‘interloquire’ assume la forma del dialogo nel linguaggio e giustifica l’espressione che adopererà von Humboldt secondo la quale il linguaggio è organo formativo del pensiero. In questa direzione l’uomo tende ad una sempre migliore perfezione, che si degni di rivolgersi all’universale, ricercata nel linguaggio e nel diritto proprio a partire dalla questione dei limiti della particolarità.File | Dimensione | Formato | |
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