In Europa il tema delle “green infrastructures” ha assunto una certa rilevanza a partire dai documenti della Commissione Europea che le hanno indicate quale obiettivo primario per la protezione, la conservazione e il rafforzamento della biodiversità in Europa e creare così le condizioni per il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020. Ma se la pratica ed il discorso sulle Green Infrastructures in Europa è attivo da circa dieci anni, oltre oceano, negli Stati Uniti l’elaborazione teorica e la prassi realizzativa data il suo inizio ormai quasi cinquanta anni fa, animata dall’intento di riequilibrare in senso ecologico e ambientale i sistemi urbani e metropolitani in sofferenza. Ian McHarg è senz’altro tra le figure più rilevanti che contribuiscono al quadro teorico alla base del loro sviluppo. Per McHarg la legittimazione delle scelte di trasformazione territoriale risiede proprio nei limiti che gli equilibri ambientali pongono all’azione di trasformazione antropica. Una visione alternativa al mito dello sviluppo illimitato e che per la prima volta pone la necessità di concepire il progetto territoriale in forma integrata. Negli anni ’60 Lewis Mumford sostiene la necessità di realizzare una “matrice verde” diffusa, destinata ad usi rurali e collegata ad attività produttive per evitare che la crescita urbana si compatti in entità di grandi dimensioni e per trasformare la nascente città regionale in un “parco collettivo”. Quasi un secolo prima F.L. Olmsted anticipa molti di questi temi, conquistando un ruolo di primo piano nel dibattito urbanistico moderno. Olmsted è tra i primi a comprendere che la costruzione della città industriale del nuovo mondo richiede un nuovo rapporto funzionale ed un nuovo statuto culturale con la natura. Ma mettere in pratica questo assunto richiede la necessità di andare oltre il parco urbano così come si era affermato nella città ottocentesca in favore di una organizzazione della natura e dello spazio pubblico come sistema. Nell’Emerald Necklace alla Park Olmsted sperimenta la possibilità di realizzare un sistema connettivo di parchi con il ruolo fondamentale di instaurare relazioni stabili tra la dimensione metropolitana e il territorio circostante. Oggi ad oltre un secolo, il lavoro dei paesaggisti, negli ultimi trenta anni con intensità crescente, ha introdotto alcuni temi che via via hanno assunto un carattere di centralità rappresentando un fattore di rilevante novità, modificando l’agenda delle priorità, innovando profondamente metodi e strategie d’azione, privilegiando principi quali l’adattabilità, la temporalità in alternativa a progetti definitivi e conclusi. Si è manifestata cioè un’attitudine propria dell’approccio paesaggistico a lavorare su sistemi imperfetti ed incompiuti, promuovendo approcci reversibili ed evolutivi, direttamente collegati alle necessità dal cui sviluppo abbiamo imparato a costruire paesaggi ibridi, prodotti dalla mescola di caratteri e morfologie diversi. Centro di interesse sono diventati i luoghi scartati e disattesi, interpretati ora come possibilità di riequilibrio del mal funzionante metabolismo urbano. Sostiene questi approcci Il pensiero del geografo Lucio Gambi, per il quale il paesaggio va considerato una “struttura” prodotta nel tempo dalle attività umane e costituita da elementi dotati di una propria temporalità. Per Infrastruttura Paesaggio dunque possiamo intendere un sistema di ordine superiore, composto da sottosistemi la cui natura transcalare consente loro di entrare in relazione sia con ambiti più propriamente urbani che con parti di territorio e con le diverse identità locali. Esso comprende spazi che richiedono un nuovo statuto tra naturale e artificiale, da costruire sulla base di programmi di mescolanza di qualità figurativa, contenuti sociali, funzioni.

Infrastruttura paesaggio / Celestini, Gianni. - STAMPA. - (2017), pp. 55-59.

Infrastruttura paesaggio

CELESTINI, GIANNI
2017

Abstract

In Europa il tema delle “green infrastructures” ha assunto una certa rilevanza a partire dai documenti della Commissione Europea che le hanno indicate quale obiettivo primario per la protezione, la conservazione e il rafforzamento della biodiversità in Europa e creare così le condizioni per il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020. Ma se la pratica ed il discorso sulle Green Infrastructures in Europa è attivo da circa dieci anni, oltre oceano, negli Stati Uniti l’elaborazione teorica e la prassi realizzativa data il suo inizio ormai quasi cinquanta anni fa, animata dall’intento di riequilibrare in senso ecologico e ambientale i sistemi urbani e metropolitani in sofferenza. Ian McHarg è senz’altro tra le figure più rilevanti che contribuiscono al quadro teorico alla base del loro sviluppo. Per McHarg la legittimazione delle scelte di trasformazione territoriale risiede proprio nei limiti che gli equilibri ambientali pongono all’azione di trasformazione antropica. Una visione alternativa al mito dello sviluppo illimitato e che per la prima volta pone la necessità di concepire il progetto territoriale in forma integrata. Negli anni ’60 Lewis Mumford sostiene la necessità di realizzare una “matrice verde” diffusa, destinata ad usi rurali e collegata ad attività produttive per evitare che la crescita urbana si compatti in entità di grandi dimensioni e per trasformare la nascente città regionale in un “parco collettivo”. Quasi un secolo prima F.L. Olmsted anticipa molti di questi temi, conquistando un ruolo di primo piano nel dibattito urbanistico moderno. Olmsted è tra i primi a comprendere che la costruzione della città industriale del nuovo mondo richiede un nuovo rapporto funzionale ed un nuovo statuto culturale con la natura. Ma mettere in pratica questo assunto richiede la necessità di andare oltre il parco urbano così come si era affermato nella città ottocentesca in favore di una organizzazione della natura e dello spazio pubblico come sistema. Nell’Emerald Necklace alla Park Olmsted sperimenta la possibilità di realizzare un sistema connettivo di parchi con il ruolo fondamentale di instaurare relazioni stabili tra la dimensione metropolitana e il territorio circostante. Oggi ad oltre un secolo, il lavoro dei paesaggisti, negli ultimi trenta anni con intensità crescente, ha introdotto alcuni temi che via via hanno assunto un carattere di centralità rappresentando un fattore di rilevante novità, modificando l’agenda delle priorità, innovando profondamente metodi e strategie d’azione, privilegiando principi quali l’adattabilità, la temporalità in alternativa a progetti definitivi e conclusi. Si è manifestata cioè un’attitudine propria dell’approccio paesaggistico a lavorare su sistemi imperfetti ed incompiuti, promuovendo approcci reversibili ed evolutivi, direttamente collegati alle necessità dal cui sviluppo abbiamo imparato a costruire paesaggi ibridi, prodotti dalla mescola di caratteri e morfologie diversi. Centro di interesse sono diventati i luoghi scartati e disattesi, interpretati ora come possibilità di riequilibrio del mal funzionante metabolismo urbano. Sostiene questi approcci Il pensiero del geografo Lucio Gambi, per il quale il paesaggio va considerato una “struttura” prodotta nel tempo dalle attività umane e costituita da elementi dotati di una propria temporalità. Per Infrastruttura Paesaggio dunque possiamo intendere un sistema di ordine superiore, composto da sottosistemi la cui natura transcalare consente loro di entrare in relazione sia con ambiti più propriamente urbani che con parti di territorio e con le diverse identità locali. Esso comprende spazi che richiedono un nuovo statuto tra naturale e artificiale, da costruire sulla base di programmi di mescolanza di qualità figurativa, contenuti sociali, funzioni.
2017
Nature Urbane per la città futura. Fenomenologie, interpretazioni, strumenti e metodi
978-88-917-4387-9
infrastruttura; paesaggio; progetto
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Infrastruttura paesaggio / Celestini, Gianni. - STAMPA. - (2017), pp. 55-59.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/934518
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