La vicenda storica del palazzetto dei Caprini, più noto come casa di Raffaello, viene proposta per ripercorrerne ogni fase del suo processo di trasformazione sino alla sua forma attuale, dopo la ricostruzione avvenuta a seguito dell'apertura della via della Conciliazione. Strumento essenziale della nuova indagine è la restituzione grafica, in piante e sezioni, del palazzo dei Convertendi sulla base di disegni e di una dettagliata relazione antecedenti alla sua demolizione nel 1937. Attraverso l’analisi morfologica della maglia muraria del palazzo, assunta come possibile e concreta testimonianza della sua realizzazione nel tempo, sono state avanzate una serie di ipotesi per individuarne ogni singola fase. Un’operazione che è stata accompagnata dalla rilettura di tutti i documenti e dei disegni noti che illustrano la storia del palazzo dall’acquisto dell’area da parte dei Caprini (1500), del cardinale Giovanni Francesco Commendone nel 1576, sino al momento in cui entra in possesso dei Convertendi (1685). In questo contesto, l’analisi morfologica della maglia muraria mette in evidenza diverse tipologie di tracciati, alcuni ortogonali ai fili stradali e gli altri con un diverso orientamento. Questi ultimi si ritrovano lungo Borgo Vecchio, oltre alle ultime sei maglie verso San Pietro su Borgo Nuovo, permettendo di ipotizzare la permanenza di antiche preesistenze addirittura antecedenti alla costruzione del palazzetto dei Caprini. A loro volta, tra i tracciati ortogonali al filo stradale possono riconoscersi tre diverse aggregazioni modulari: una soluzione angolare tra Borgo Nuovo e piazza di Scossacavalli, un corpo di fabbrica doppio e dello stesso spessore di quella ad angolo tra quest’ultima e la preesistenza lungo Borgo Nuovo, e un altro corpo doppio lungo piazza di Scossacavalli, molto più profondo. L’originale progetto bramantesco per i Caprini corrisponde alla soluzione angolare che doveva presentare tre botteghe al piano terra, con i relativi mezzanini, e ingresso da Borgo Nuovo da un atrio in comunicazione con una scala di risalita verso l’unico piano nobile. La fronte del piccolo edificio, caratterizzata dalla fascia basamentale a bugnato rustico, con l’ordine tuscanico su semicolonne binate a riquadrare le aperture del piano nobile, deve essere ipotizzata per tre assi di finestre su piazza di Scossacavalli e due verso Borgo Nuovo. Qualcosa di molto diverso dall'incisione di Lafréry il quale, tuttavia, potrebbe aver disegnato una soluzione idealizzata di questo modello di facciata, attribuendogli un asse di simmetria, così come farà per la fronte del palazzo Alberini lungo la via del Banco di Santo Spirito. L’incisione del Lafréry, al contrario, è particolarmente esatta per quanto riguarda l’altezza del piccolo edificio, in quanto corrisponde a quella del palazzo dei Convertendi relativa alle botteghe con i sovrastanti mezzanini, oltre al piano nobile. La prima trasformazione del palazzetto bramantesco si deve agli Strozzi (dopo il 1540), che avviarono la refusione con la preesistenza su Borgo Nuovo per ottenere un edificio della stessa altezza e con tredici botteghe al piano terra. Il palazzo al momento dell’acquisto da parte del cardinale Commendone, risulta in stato di degrado e con il prospetto puntellato. Il nuovo proprietario, volendo riutilizzare tutta l’area per un grande palazzo di rappresentanza e da reddito, inizia la costruzione partendo dal lato prospiciente la piazza di Scossacavalli e proseguendo, successivamente, con il restauro e la soprelevazione di quanto già esisteva lungo Borgo Nuovo: un’operazione che portava a un’architettura completamente nuova, rispetto a quella bramantesca, comunque mai portata del tutto a termine essendo stata interrotta al piano nobile in corrispondenza delle ultime sei maglie murarie verso San Pietro. Morto il cardinale nel 1584, il palazzo passa a Camilla Peretti, la quale acquista le case prospicienti Borgo Vecchio per rifonderle con l’edificio del Commendone. L'intervento è portato avanti dalla famiglia genovese degli Spinola, alla quale si deve anche il piccolo oratorio dedicato a San Filippo Neri su piazza Scossacavalli. Diventato proprietà della Congregazione dei Convertendi, il palazzo non subisce ulteriori trasformazioni, a meno di alcuni restauri di consolidamento ottocenteschi, sino alla costruzione del grande scalone d’onore, nel 1917, durante il pontificato di Benedetto XV. Nel 1937 il complesso è demolito per l’apertura di via della Conciliazione e ricostruito su progetto di Giuseppe Momo nell'area antistante l’edifico originario, dal lato di Borgo Nuovo. La nuova facciata su via della Conciliazione, quasi identica a quella originaria, può essere interpretata come un modo per conservare la memoria di quanto si era perduto, coerentemente con una parte della cultura architettonica romana del periodo.

Il palazzo dei Convertendi e la casa di Raffaello / DAL MAS, Roberta Maria. - STAMPA. - Unico(2016), pp. 129-132.

Il palazzo dei Convertendi e la casa di Raffaello

Roberta Maria, DAL MAS
2016

Abstract

La vicenda storica del palazzetto dei Caprini, più noto come casa di Raffaello, viene proposta per ripercorrerne ogni fase del suo processo di trasformazione sino alla sua forma attuale, dopo la ricostruzione avvenuta a seguito dell'apertura della via della Conciliazione. Strumento essenziale della nuova indagine è la restituzione grafica, in piante e sezioni, del palazzo dei Convertendi sulla base di disegni e di una dettagliata relazione antecedenti alla sua demolizione nel 1937. Attraverso l’analisi morfologica della maglia muraria del palazzo, assunta come possibile e concreta testimonianza della sua realizzazione nel tempo, sono state avanzate una serie di ipotesi per individuarne ogni singola fase. Un’operazione che è stata accompagnata dalla rilettura di tutti i documenti e dei disegni noti che illustrano la storia del palazzo dall’acquisto dell’area da parte dei Caprini (1500), del cardinale Giovanni Francesco Commendone nel 1576, sino al momento in cui entra in possesso dei Convertendi (1685). In questo contesto, l’analisi morfologica della maglia muraria mette in evidenza diverse tipologie di tracciati, alcuni ortogonali ai fili stradali e gli altri con un diverso orientamento. Questi ultimi si ritrovano lungo Borgo Vecchio, oltre alle ultime sei maglie verso San Pietro su Borgo Nuovo, permettendo di ipotizzare la permanenza di antiche preesistenze addirittura antecedenti alla costruzione del palazzetto dei Caprini. A loro volta, tra i tracciati ortogonali al filo stradale possono riconoscersi tre diverse aggregazioni modulari: una soluzione angolare tra Borgo Nuovo e piazza di Scossacavalli, un corpo di fabbrica doppio e dello stesso spessore di quella ad angolo tra quest’ultima e la preesistenza lungo Borgo Nuovo, e un altro corpo doppio lungo piazza di Scossacavalli, molto più profondo. L’originale progetto bramantesco per i Caprini corrisponde alla soluzione angolare che doveva presentare tre botteghe al piano terra, con i relativi mezzanini, e ingresso da Borgo Nuovo da un atrio in comunicazione con una scala di risalita verso l’unico piano nobile. La fronte del piccolo edificio, caratterizzata dalla fascia basamentale a bugnato rustico, con l’ordine tuscanico su semicolonne binate a riquadrare le aperture del piano nobile, deve essere ipotizzata per tre assi di finestre su piazza di Scossacavalli e due verso Borgo Nuovo. Qualcosa di molto diverso dall'incisione di Lafréry il quale, tuttavia, potrebbe aver disegnato una soluzione idealizzata di questo modello di facciata, attribuendogli un asse di simmetria, così come farà per la fronte del palazzo Alberini lungo la via del Banco di Santo Spirito. L’incisione del Lafréry, al contrario, è particolarmente esatta per quanto riguarda l’altezza del piccolo edificio, in quanto corrisponde a quella del palazzo dei Convertendi relativa alle botteghe con i sovrastanti mezzanini, oltre al piano nobile. La prima trasformazione del palazzetto bramantesco si deve agli Strozzi (dopo il 1540), che avviarono la refusione con la preesistenza su Borgo Nuovo per ottenere un edificio della stessa altezza e con tredici botteghe al piano terra. Il palazzo al momento dell’acquisto da parte del cardinale Commendone, risulta in stato di degrado e con il prospetto puntellato. Il nuovo proprietario, volendo riutilizzare tutta l’area per un grande palazzo di rappresentanza e da reddito, inizia la costruzione partendo dal lato prospiciente la piazza di Scossacavalli e proseguendo, successivamente, con il restauro e la soprelevazione di quanto già esisteva lungo Borgo Nuovo: un’operazione che portava a un’architettura completamente nuova, rispetto a quella bramantesca, comunque mai portata del tutto a termine essendo stata interrotta al piano nobile in corrispondenza delle ultime sei maglie murarie verso San Pietro. Morto il cardinale nel 1584, il palazzo passa a Camilla Peretti, la quale acquista le case prospicienti Borgo Vecchio per rifonderle con l’edificio del Commendone. L'intervento è portato avanti dalla famiglia genovese degli Spinola, alla quale si deve anche il piccolo oratorio dedicato a San Filippo Neri su piazza Scossacavalli. Diventato proprietà della Congregazione dei Convertendi, il palazzo non subisce ulteriori trasformazioni, a meno di alcuni restauri di consolidamento ottocenteschi, sino alla costruzione del grande scalone d’onore, nel 1917, durante il pontificato di Benedetto XV. Nel 1937 il complesso è demolito per l’apertura di via della Conciliazione e ricostruito su progetto di Giuseppe Momo nell'area antistante l’edifico originario, dal lato di Borgo Nuovo. La nuova facciata su via della Conciliazione, quasi identica a quella originaria, può essere interpretata come un modo per conservare la memoria di quanto si era perduto, coerentemente con una parte della cultura architettonica romana del periodo.
2016
La Spina. Dall'Agro Vaticano a via della Conciliazione
9788849233209
Palazzo dei Convertendi; Casa di Raffaello; Spina dei Borghi; via Alessandrina; Borgo Nuovo
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Il palazzo dei Convertendi e la casa di Raffaello / DAL MAS, Roberta Maria. - STAMPA. - Unico(2016), pp. 129-132.
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