L’interesse di questo lavoro sta in una ricostruzione storica che, partendo dagli anni cruciali successivi alla Seconda guerra mondiale, durante la Guerra fredda, arriva fino ai giorni d’oggi a mostrare le continuità di un’idea di modernizzazione dell’agricoltura, di interessi economici e commerciali, di fedeltà politiche e religiose che attraversano il Novecento. Il libro analizza e ricostruisce, con una chiave globale, le dinamiche storiche che hanno portato dagli Stati Uniti in Italia il mais ibrido (hybrid corn), innovazione tecnologica che ha sostituto le varietà “tradizionali”, e ha modificato in profondità, nel nostro paese e in altri europei (come la Francia), i paesaggi, la produzione e il consumo di questo importantissimo cereale, oggi presente in molteplici settori, dal tessile al chimico, all’alimentare, al farmaceutico, ecc. Sull’onda della fame patita durante la guerra e della crisi economico-alimentare successiva, la continuativa ricerca della crescita della produzione e della produttività, fu portata avanti da politici e tecnici con poca attenzione verso le problematiche ambientali e sanitarie che quelle stesse tecnologie sollevavano. L’obiettivo della quantità prevalse a lungo su quello della qualità, della preservazione di saperi e sapori. E tutto ciò ingenerò in alcune aree del paese un peculiare effetto di rifiuto, di interesse per comprendere anche la storia del Novecento durante la Guerra fredda. Un’iniziativa che, pur mostrando aspetti produttivistici positivi, crea nei difficili anni settanta una particolare dipendenza tecnologica dall’estero in una fase di grave crisi della nostra bilancia commerciale. Quali sono gli attori di questa esportazione dagli Stati Uniti? In primo luogo, appunto, l’amministrazione Usa presieduta da H. Truman con i tecnici del Piano Marshall (1948-52); poi i tecnici italiani della Stazione sperimentale di Bergamo e i governi De Gasperi; infine la Chiesa cattolica e le organizzazioni caritatevoli protestanti statunitensi; i partiti e le organizzazioni sindacali (Coldiretti, Confagricoltura) e degli interessi (Confindustria). Questi attori, sia coordinandosi, sia entrando in competizione, hanno, attraverso gli aiuti del Piano Marshall e le donazioni caritatevoli, fornito grandi quantitativi di sementi di mais ad agricoltori e contadini italiani, sostenendo pure la sperimentazione relativa. Politica, scienza, religione, s’intrecciano continuamente, come quando Papa Pio XII, nel 1950, benedice le sementi americane. Tra la fine del XX secolo e l’inizio dei tempi più vicini a noi, il dibattito su quell’innovazione tecnologica diventa parte della riflessione sulle biotecnologie. E i binari costruiti durante gli anni della Guerra fredda giungono fino a noi a lumeggiare il controverso dibattito sugli Organismi geneticamente modificati (OGM), che non è soltanto il risultato di un confronto scientifico, quanto il portato di un sistema di relazioni politiche, culturali e sociali, storicamente stratificatesi, che ne condizionano l’analisi, l’accettazione o il rifiuto.
Il mais “miracoloso”. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione / Bernardi, Emanuele. - STAMPA. - (2014), pp. 1-199.
Il mais “miracoloso”. Storia di un’innovazione tra politica, economia e religione
BERNARDI, Emanuele
2014
Abstract
L’interesse di questo lavoro sta in una ricostruzione storica che, partendo dagli anni cruciali successivi alla Seconda guerra mondiale, durante la Guerra fredda, arriva fino ai giorni d’oggi a mostrare le continuità di un’idea di modernizzazione dell’agricoltura, di interessi economici e commerciali, di fedeltà politiche e religiose che attraversano il Novecento. Il libro analizza e ricostruisce, con una chiave globale, le dinamiche storiche che hanno portato dagli Stati Uniti in Italia il mais ibrido (hybrid corn), innovazione tecnologica che ha sostituto le varietà “tradizionali”, e ha modificato in profondità, nel nostro paese e in altri europei (come la Francia), i paesaggi, la produzione e il consumo di questo importantissimo cereale, oggi presente in molteplici settori, dal tessile al chimico, all’alimentare, al farmaceutico, ecc. Sull’onda della fame patita durante la guerra e della crisi economico-alimentare successiva, la continuativa ricerca della crescita della produzione e della produttività, fu portata avanti da politici e tecnici con poca attenzione verso le problematiche ambientali e sanitarie che quelle stesse tecnologie sollevavano. L’obiettivo della quantità prevalse a lungo su quello della qualità, della preservazione di saperi e sapori. E tutto ciò ingenerò in alcune aree del paese un peculiare effetto di rifiuto, di interesse per comprendere anche la storia del Novecento durante la Guerra fredda. Un’iniziativa che, pur mostrando aspetti produttivistici positivi, crea nei difficili anni settanta una particolare dipendenza tecnologica dall’estero in una fase di grave crisi della nostra bilancia commerciale. Quali sono gli attori di questa esportazione dagli Stati Uniti? In primo luogo, appunto, l’amministrazione Usa presieduta da H. Truman con i tecnici del Piano Marshall (1948-52); poi i tecnici italiani della Stazione sperimentale di Bergamo e i governi De Gasperi; infine la Chiesa cattolica e le organizzazioni caritatevoli protestanti statunitensi; i partiti e le organizzazioni sindacali (Coldiretti, Confagricoltura) e degli interessi (Confindustria). Questi attori, sia coordinandosi, sia entrando in competizione, hanno, attraverso gli aiuti del Piano Marshall e le donazioni caritatevoli, fornito grandi quantitativi di sementi di mais ad agricoltori e contadini italiani, sostenendo pure la sperimentazione relativa. Politica, scienza, religione, s’intrecciano continuamente, come quando Papa Pio XII, nel 1950, benedice le sementi americane. Tra la fine del XX secolo e l’inizio dei tempi più vicini a noi, il dibattito su quell’innovazione tecnologica diventa parte della riflessione sulle biotecnologie. E i binari costruiti durante gli anni della Guerra fredda giungono fino a noi a lumeggiare il controverso dibattito sugli Organismi geneticamente modificati (OGM), che non è soltanto il risultato di un confronto scientifico, quanto il portato di un sistema di relazioni politiche, culturali e sociali, storicamente stratificatesi, che ne condizionano l’analisi, l’accettazione o il rifiuto.File | Dimensione | Formato | |
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