The essay is devoted to the allegories of Divine Providence in Italian pastoral dramas from 1544 (Andrea Beccari’s “Il Sacrificio”) to 1607 (Guidubaldo Bonarelli “Filli di Sciro”). The focus is mainly on the analysis of “Il Pastor fido”, a well known turning point in the history of European Pastoral Drama, and “La Filli di Sciro”, a drama in which the influence of Tasso and Guarini is combined with a baroque style. In the “Pastor fido” the story represented in the drama is shown to spectators not as the result of a blind chance but as the providential effect of a Celestial Will. At the same the happy ending regards not only two families but a whole community redeem from an ancient crime by a providential marriage. Such a new interpretation of the pastoral Drama is shared by Bonarelli: the love between Clori and Nis has a redemptive effect on the isle of Sciro, freed from the invaders thanks to the wedding gift the king of Traces provides to the two youngers. In both “Pastor Fido” and “Filli di Sciro” the happy ending, which none of the characters of the play is able to foresee, is considered to be a demonstration and, at the same time an allegory, of the inscrutability of the decrees of Providence. Such an allegorical approach to the pastoral drama is widely common in Renaissance and Baroque Europe. For instance, in 1647 George Talbott, dedicates his manuscript translation of “Filli di Sciro” to Carl II as an allegory of the isle of England, soon to be providentially freed from Cromwell.
Il saggio prende in esame le raffigurazioni allegoriche della Provvidenza nelle favole pastorali rappresentate e pubblicate in un arco compreso tra il 1554 (data di rappresentazione de "Il Sacrificio" di Andrea Beccari) al 1607 (data di pubblicazione della "Filli di Sciro" di Guidubaldo Bonarelli). L’analisi verte principalmente sul "Pastor fido", testo che rappresenta uno snodo fondamentale nel tema in questione, e sulla “Filli di Sciro”, favola nella quale la lezione tassiana e guariniana è ricondotta ad un incipiente gusto barocco. La critica ha da tempo individuato nella produzione pastorale compresa tra Tasso e Guarini due istanze di tipo allegorico: la prima relativa alla vita di corte, raffigurata attraverso episodi secondari ai quali vengono affidate allusive raffigurazioni autobiografiche (si pensi al Tirsi tassiano e al Carino guariniano); la seconda relativa alle virtù del Re cristiano, figura in parte sovrapponibile con quella del Re pastore. A tali sottotesti, ampiamente indagati in sede esegetica, si possono aggiungere le rappresentazioni allegoriche di un volere divino ambiguamente in bilico tra Fato pagano e Provvidenza cristiana. A partire dal "Pastor fido", infatti, la vicenda rappresentata sulla scena pastorale viene offerta allo spettatore non più come frutto del caso capriccioso (la volubile «ruota» della Fortuna evocata nel Prologo del "Pentimento amoroso" di Luigi Groto) ma come il misterioso compiersi di un disegno del Cielo. Analogamente il senso complessivo della vicenda muta di segno: il lieto fine non riguarda soltanto i singoli individui e le famiglie implicate in un evento matrimoniale, imeneo che rappresenta la conclusione di un rito di passaggio dall’adolescenza alla maturità, ma si estende ad un’intera collettività redenta da una colpa ancestrale per mezzo di un’unione provvidenziale. Tale cambiamento segna il passaggio ad un’interpretazione del genere in chiave tragicomica: ad una trama costruita intorno ad elementi tratti dalla commedia (si pensi al tema del Satiro beffato o ancora al ruolo dell’agnizione nell’"Aretusa" di Lollio) ad una vicenda incentrata sull’oracolo, elemento con ogni evidenza mutuato dal genere tragico e, più in particolare, dalla tragedia “regolare” per eccellenza, l’"Edipo re" di Sofocle. Bonarelli, pur rifuggendo da uno «spregiudicato rifacimento sofocleo» analogo a quella sperimentato nell’atto quinto del Pastor Fido , attribuisce agli amori di Clori e Niso una valore salvifico per l’isola di Sciro, beneficata dall’inaspettata clemenza del re dei Traci, postumo dono di nozze concesso a i due “divini” fanciulli . Le «meraviglie» di Amore, divinità pagana che celebra i suoi trionfi nelle favole pastorali pre-guariniane, cedono il passo alle imperscrutabili vie della Provvidenza. Lo studio delle allegorie relative al volere divino, dunque, si intreccia con l’analisi dei diversi finali ; proprio la dimensione latu sensu religiosa, infatti, muta di segno al lieto fine, apparente elemento di continuità tra i primi esperimenti del genere e il capolavoro guariniano. Gli eventi vissuti dai personaggi sulla scena sono espressamente ricondotti da Guarini e da Bonarelli ad una serie di «segni» male interpretati dai protagonisti della vicenda prima che il finale chiarisca ai «ciechi mortali» quale sia il volere del Cielo. Al pari della tempesta misteriosa descritta in apertura della Filli di Sciro –allegoria a un tempo delle sofferenze umane e del destino dei protagonisti -, dopo «breve tempesta di temuto dolore» seguirà per gli abitanti di Sciro «il bel sereno»; come in un «parto» prodigioso, preceduto dalle «doglie» , «la morte di Mirtillo [è] rivolta in nozze» e, al contempo, l’Arcadia è liberata dalla maledizione divina. In entrambi i testi teatrali nel finale si ribadisce che l’intelletto umano non piò « veder fin sovra i cieli» e che «le cose del ciel sol colui vede / che serra gli occhi e crede» . Tale chiave di lettura va incontro al gusto degli spettatori e i lettori che, come l’Alessandro Guarini portavoce dello Zuccolo nel dialogo omonimo, desideravano cogliere nelle favola pastorali «avvertimenti» relativi alla «vita umana» . Il "Pastor fido" e la "Filli di Sciro" potevano essere letti come allegorie di un rovesciamento provvidenziale di una situazione politica e sociale infausta. Tale lettura, ad esempio proponeva George Talbott nella dedica della sua traduzione manoscritta della “Filli di Sciro” indirizzata nel 1647 a Carlo II, allora residente nella corte di Luigi XIV, in attesa che la Provvidenza gli concedesse di tornare il patria . In un vertiginoso gioco di specchi l’isoletta di Sciro assoggettata al Trace, diveniva agli occhi del giovane re esule in terra francese l’allegoria dell’isola britannica, preda del regicida Oliver Cromwell.
«Così balbo talor tra noi ragiona». Allegorie della Provvidenza nel genere pastorale da Guarini a Bonarelli / Geri, Lorenzo. - STAMPA. - (2016), pp. 65-93.
«Così balbo talor tra noi ragiona». Allegorie della Provvidenza nel genere pastorale da Guarini a Bonarelli
GERI, LORENZO
2016
Abstract
The essay is devoted to the allegories of Divine Providence in Italian pastoral dramas from 1544 (Andrea Beccari’s “Il Sacrificio”) to 1607 (Guidubaldo Bonarelli “Filli di Sciro”). The focus is mainly on the analysis of “Il Pastor fido”, a well known turning point in the history of European Pastoral Drama, and “La Filli di Sciro”, a drama in which the influence of Tasso and Guarini is combined with a baroque style. In the “Pastor fido” the story represented in the drama is shown to spectators not as the result of a blind chance but as the providential effect of a Celestial Will. At the same the happy ending regards not only two families but a whole community redeem from an ancient crime by a providential marriage. Such a new interpretation of the pastoral Drama is shared by Bonarelli: the love between Clori and Nis has a redemptive effect on the isle of Sciro, freed from the invaders thanks to the wedding gift the king of Traces provides to the two youngers. In both “Pastor Fido” and “Filli di Sciro” the happy ending, which none of the characters of the play is able to foresee, is considered to be a demonstration and, at the same time an allegory, of the inscrutability of the decrees of Providence. Such an allegorical approach to the pastoral drama is widely common in Renaissance and Baroque Europe. For instance, in 1647 George Talbott, dedicates his manuscript translation of “Filli di Sciro” to Carl II as an allegory of the isle of England, soon to be providentially freed from Cromwell.File | Dimensione | Formato | |
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