La ricerca sui giovani ha ormai una lunga tradizione. Ogni anno sono nu- merosi gli studi pubblicati sul tema. Si è sedimentata nel tempo una comunità sparsa che guarda a questa realtà generazionale sotto vari punti di vista. I giovani in Italia nel 2015 sono il 21,1 per cento della popolazione, una pre- senza quantitativamente in decrescita, che nel 2050 assottiglierà ulteriormente la sua quantità al 20 per cento (Istat, 2016). Eppure cresce l’attenzione per i gio- vani non solo perché essi rappresentano un’anticipazione della società adulta futura, ma perché in essi si dischiude l’innovazione possibile. Infatti, i giovani non sono solo gli attori del mutamento sociale, perché è un concetto che indica una diferenza rilevabile nel tempo che non necessariamente è caratterizzato da un agire innovativo. I vissuti giovanili rappresentano, invece, una grande occasione per guardare all’innovazione perché, come ricorda Schumpeter, l’in- novazione implica «il fare delle nuove cose, o il fare delle cose che vengono già fatte in un nuovo modo» (Schumpeter, 1947, p. 151). Mai come questo tempo i giovani sono protagonisti di un cambiamento innovativo: la realtà della comunicazione digitale ha visto questa generazione adottare e costruire concretamente le nuove tecnologie digitali, che hanno avuto un impatto sociale radicale. La storia di Internet è tutto questo. Infatti, furono i giovani studenti ad avere un ruolo decisivo nel progettare Arpanet e nel forgiare d’idealismo la spinta a lavorare per la rete, per i quali la difusione dei computer e dei proto- colli comunicativi non sarebbe potuta avvenire senza la libera distribuzione di software e dell’uso cooperativo delle risorse e delle informazioni. Ovviamen- te quegli studenti, che non a caso erano tutti californiani, non erano certo at- tivisti del movimento della controcultura che nasceva in quel periodo proprio a San Francisco. Quei giovani, infatti, erano ossessionati e assorbiti dalla loro avventura tecnologica, vedevano il mondo mediante le possibilità oferte dai computer e non avevano problemi di alcun tipo a lavorare per il Pentagono durante la guerra in Vietnam. Tuttavia erano animati, nel loro lavoro, dalla ri- cerca della libertà per ogni individuo, dal pensiero autonomo e indipendente, dal cooperare con i loro pari, tutti valori che caratterizzavano la controcultura dei campus universitari degli anni sessanta che si preparavano alla imminente contestazione giovanile, prima nel settembre del 1964 a Berkeley e quattro anni più tardi a Parigi (Draper, 1968). Molti di loro costituirono proprie reti comunicative nelle quali manifestavano le loro idee politiche, il paciismo e a volte istanze radicali antisistema, vedendo in quella modalità comunicativa 5 di libero scambio di idee uno strumento di liberazione dal potere, sul modello dei Diggers1. Fu in questo clima culturale, che vide come protagonisti i giovani studen- ti, che maturò il movimento controculturale degli hackers (Himanen, 2001). Innanzitutto c’è da dire che gli hackers non sono ciò che i media dicono di loro. Essi, infatti, non entrano nei sistemi per distruggerli o comunque non sono quelli che bloccano il funzionamento dei computer. Coloro i quali sono dediti a questo lavoro distruttivo sono i cosiddetti ‘crackers’, i quali si contrappongono alla cultura hackers. Per Lévy gli hackers sono gli eroi della rivoluzione infor- matica (Lévy, 1996) gli antesignani dell’attuale fenomeno freeware2 e sharewa- re3, liberi cioè dalle preoccupazioni dei diritti d’autore. Il signiicato letterale del verbo ‘to hack’ comunica ‘tagliare, fare a pezzi’ o anche ‘scribacchino’, da cui è possibile dedurre che è colui che ritaglia e trascrive. La prima generazione nasce nel corso degli anni sessanta al MIT, quando un gruppo di giovani fonda il Tech Model Railroad (TMRC) con il motto ‘Information wants to be free’ (l’informazione deve essere libera), in un’ottica di accesso universalista. Il movimento ‘open source’ può essere considerato l’efetto migliore della cultura hacker, ovvero la creazione e lo sviluppo del primo sistema operativo Unix, attraverso cui ogni utente poteva scrivere altro software, per aggiunge- re o togliere funzioni (DiBona et al., 1999). Fu così che si ebbe dal protocollo TCP/IP lo sviluppo della rete Usenet, il protocollo Modem e i browsers Mo- saic e Navigator. Furono i giovani californiani a dare il via a questo fenome- no, localizzati nella Baia di San Francisco e che presto si trasformarono in audaci imprenditori. Le ricerche raccolte in questo libro rappresentano il lavoro di diversi stu- diosi accomunati dal tema giovani. Qui presentiamo i risultati su diversi fe- nomeni che descrivono sia il mutamento che l’innovazione in atto in alcuni ambiti sociali. Due saggi si occupano del sistema formativo, l’uno di Silvia Cataldi e l’altro di Giuseppe Anzera. La prima scrive un capitolo sulle scelte e le aspi- razioni scolastiche e universitarie degli studenti delle scuole superiori. Eppu- re decisioni e desideri non possono essere considerati solo frutto di percor- si razionali e traiettorie individuali; essi sono invece socialmente costruiti e indirizzati. Ciò vale anche per l’ambito dell’istruzione. Su questi aspetti si focalizza il capitolo che analizza le scelte giovanili in merito alle transizioni 1 Famoso gruppo underground localizzato nell’incrocio tra Hight Road e Ashbury Park, nella Baia di San Francisco impegnati nella creazione di una Città Libera. 2 Software protetto da copyright la cui copia e distribuzione è libera e senza nessun costo (Microsoft Press, 1994). 3 Software che può essere provato gratuitamente ma che prevede una tariffa per la licenza d’uso, qualora l’utente decida di continuare a utilizzarlo dopo il periodo di prova (ibidem.). 6 scolastiche, con l’intento di mettere in luce le connessioni esistenti con la persistenza delle disuguaglianze sociali. Il capitolo evidenzia i processi entro i quali si realizzano le decisioni dei giovani, con un focus speciico sui fattori più inluenti nelle transizioni tra istruzione secondaria e istruzione terziaria, concludendo che la scelta deve essere considerata un “efetto di campo”, in cui alcune variabili strutturali, come le caratteristiche della famiglia d’origi- ne, il capitale culturale e il genere, giocano un ruolo centrale. Giuseppe Anze- ra si occupa, invece, del tema brain drain, la mobilità forzata o meno di sog- getti con elevata scolarizzazione e alte qualiiche professionali, una questione all’interno del più ampio tema delle politiche migratorie. Il saggio utilizza dati secondari e ha un taglio globale per analizzare un tema innovativo che solo recentemente è stato oggetto di attenzione. Infatti, le ricerche sistemati- che e i dati aidabili, su questa forma di emigrazione, sono ancora limitate. Nello studio si segnala che il brain drain, per i paesi più poveri, può costitu- ire un problema grave, causando la perdita di giovani che sono stati formati impiegando risorse economiche limitate e quindi preziose; d’altronde per le aree capaci di attrarre cervelli (brain gain), il processo può costituire una utile fonte di crescita per un paese, mentre per i paesi sviluppati rappresenta un indicatore di apertura alla logica globalizzante della mobilità. Un secondo blocco di “istantanee” ruota intorno al tema del consumo. Il terzo capitolo di Gennaro Iorio, dal titolo Giovani e povertà, riguarda la questione della giovanilizzazione della povertà che inizia ad avere rilevanza statistica negli anni Ottanta per poi rilevarsi in maniera allarmante negli studi sulla povertà estrema dei primi anni Novanta. Il capitolo segue questo ilo ed evidenzia, utilizzando dati secondari, come ormai il fenomeno si sia stabiliz- zato e caratterizzi i processi di deprivazione anche negli anni della lunga crisi inanziaria, non ancora conclusa. Il capitolo di Metastasio e Biraglia «I processi di inluenza nelle scelte di consumo degli adolescenti» è un contributo di ricerca in diversi contesti urbani che afronta il tema-chiave del consumo in relazione alle scelte di una fascia di età il cui studio è quanto mai complesso: l’adolescenza. Gli Autori mettono in evidenza gli aspetti comunicativi del consumo, considerato un processo attivo, in cui si afermano e si costruiscono le identità sociali. Il processo della socializzazione ai consumi è analizzato in relazione a quattro determinanti: la pubblicità, la famiglia, il gruppo dei pari e il brand. Nella se- conda parte del capitolo vengono presentati i dati di una ricerca sull’inluenza interpersonale nelle abitudini di consumo degli adolescenti condotta in due diverse realtà italiane, nello speciico una grande città e un piccolo centro, da cui si evince come gli adolescenti tendano a deinirsi meno inluenzati da altri signiicativi all’aumentare dell’età e come la suscettibilità all’inluenza 7 del gruppo dei pari si diferenzi nelle diverse aree geograiche dove la ricerca è stata efettuata. Geraldina Roberti in «Giovani adulti e pratiche di fruizione» analizza un campione di studentesse fuori sede universitaria, presentando i dati di uno studio sugli stili di vita e di consumo nella fase di transizione all’adultità. In particolare, lo studio si concentra sulle studentesse fuori sede che cercano di coniugare i vincoli economici con i desideri di consumo attraverso strategie di acquisto orientate ad uno stile di vita sobrio. Lo studio utilizza cinque focus group e quindici interviste semi-strutturate. Inine, Simona Tirocchi nel sesto capitolo presenta i risultati di una ricer- ca empirica sul tema della sicurezza sul lavoro all’interno di un intervento sistemico di comunicazione formativa sul tema della cultura della sicurezza mediante linguaggi della creatività digitale, media literacy e web 2.0. Il tema riguarda la più vasta rilessione sul rischio nelle società complesse. La ricerca sul target giovanile è consistita nella realizzazione di focus group in alcune scuole medie superiori di Torino e ha consentito di analizzare i punti di vista di un campione di soggetti (adolescenti, giovani e giovani adulti) sul tema della sicurezza sul lavoro e di registrare alcuni spunti riguardanti la realizza- zione di interventi di comunicazione e formazione sul tema. Le ricerche pubblicate in questo libro rappresentano, quindi, “istantanee”, mediante le quali si intravedono aspetti della vita dei giovani, prevalentemen- te con un riferimento italiano, ma spesso accompagnati da una comparazione internazionale di analisi dei fenomeni. Le rilessioni hanno approcci sia quan- titativi che qualitativi. Gli autori nelle loro ricerche utilizzano dati secondari e focus group, presentano risultati di survey originali o fatte da altri, analizzano dati qualitativi di interviste in profondità o derivanti da questionari strutturati. Emerge quindi un quadro ricco e composito, che incrementa la conoscenza di una realtà giovanile contemporanea sempre più individualizzata e diicile da cogliere nei suoi tratti di regolarità.

Brain Drain e flussi migratori dei giovani con alta scolarizzazione / Anzera, Giuseppe. - STAMPA. - (2016), pp. 35-52.

Brain Drain e flussi migratori dei giovani con alta scolarizzazione

ANZERA, GIUSEPPE
2016

Abstract

La ricerca sui giovani ha ormai una lunga tradizione. Ogni anno sono nu- merosi gli studi pubblicati sul tema. Si è sedimentata nel tempo una comunità sparsa che guarda a questa realtà generazionale sotto vari punti di vista. I giovani in Italia nel 2015 sono il 21,1 per cento della popolazione, una pre- senza quantitativamente in decrescita, che nel 2050 assottiglierà ulteriormente la sua quantità al 20 per cento (Istat, 2016). Eppure cresce l’attenzione per i gio- vani non solo perché essi rappresentano un’anticipazione della società adulta futura, ma perché in essi si dischiude l’innovazione possibile. Infatti, i giovani non sono solo gli attori del mutamento sociale, perché è un concetto che indica una diferenza rilevabile nel tempo che non necessariamente è caratterizzato da un agire innovativo. I vissuti giovanili rappresentano, invece, una grande occasione per guardare all’innovazione perché, come ricorda Schumpeter, l’in- novazione implica «il fare delle nuove cose, o il fare delle cose che vengono già fatte in un nuovo modo» (Schumpeter, 1947, p. 151). Mai come questo tempo i giovani sono protagonisti di un cambiamento innovativo: la realtà della comunicazione digitale ha visto questa generazione adottare e costruire concretamente le nuove tecnologie digitali, che hanno avuto un impatto sociale radicale. La storia di Internet è tutto questo. Infatti, furono i giovani studenti ad avere un ruolo decisivo nel progettare Arpanet e nel forgiare d’idealismo la spinta a lavorare per la rete, per i quali la difusione dei computer e dei proto- colli comunicativi non sarebbe potuta avvenire senza la libera distribuzione di software e dell’uso cooperativo delle risorse e delle informazioni. Ovviamen- te quegli studenti, che non a caso erano tutti californiani, non erano certo at- tivisti del movimento della controcultura che nasceva in quel periodo proprio a San Francisco. Quei giovani, infatti, erano ossessionati e assorbiti dalla loro avventura tecnologica, vedevano il mondo mediante le possibilità oferte dai computer e non avevano problemi di alcun tipo a lavorare per il Pentagono durante la guerra in Vietnam. Tuttavia erano animati, nel loro lavoro, dalla ri- cerca della libertà per ogni individuo, dal pensiero autonomo e indipendente, dal cooperare con i loro pari, tutti valori che caratterizzavano la controcultura dei campus universitari degli anni sessanta che si preparavano alla imminente contestazione giovanile, prima nel settembre del 1964 a Berkeley e quattro anni più tardi a Parigi (Draper, 1968). Molti di loro costituirono proprie reti comunicative nelle quali manifestavano le loro idee politiche, il paciismo e a volte istanze radicali antisistema, vedendo in quella modalità comunicativa 5 di libero scambio di idee uno strumento di liberazione dal potere, sul modello dei Diggers1. Fu in questo clima culturale, che vide come protagonisti i giovani studen- ti, che maturò il movimento controculturale degli hackers (Himanen, 2001). Innanzitutto c’è da dire che gli hackers non sono ciò che i media dicono di loro. Essi, infatti, non entrano nei sistemi per distruggerli o comunque non sono quelli che bloccano il funzionamento dei computer. Coloro i quali sono dediti a questo lavoro distruttivo sono i cosiddetti ‘crackers’, i quali si contrappongono alla cultura hackers. Per Lévy gli hackers sono gli eroi della rivoluzione infor- matica (Lévy, 1996) gli antesignani dell’attuale fenomeno freeware2 e sharewa- re3, liberi cioè dalle preoccupazioni dei diritti d’autore. Il signiicato letterale del verbo ‘to hack’ comunica ‘tagliare, fare a pezzi’ o anche ‘scribacchino’, da cui è possibile dedurre che è colui che ritaglia e trascrive. La prima generazione nasce nel corso degli anni sessanta al MIT, quando un gruppo di giovani fonda il Tech Model Railroad (TMRC) con il motto ‘Information wants to be free’ (l’informazione deve essere libera), in un’ottica di accesso universalista. Il movimento ‘open source’ può essere considerato l’efetto migliore della cultura hacker, ovvero la creazione e lo sviluppo del primo sistema operativo Unix, attraverso cui ogni utente poteva scrivere altro software, per aggiunge- re o togliere funzioni (DiBona et al., 1999). Fu così che si ebbe dal protocollo TCP/IP lo sviluppo della rete Usenet, il protocollo Modem e i browsers Mo- saic e Navigator. Furono i giovani californiani a dare il via a questo fenome- no, localizzati nella Baia di San Francisco e che presto si trasformarono in audaci imprenditori. Le ricerche raccolte in questo libro rappresentano il lavoro di diversi stu- diosi accomunati dal tema giovani. Qui presentiamo i risultati su diversi fe- nomeni che descrivono sia il mutamento che l’innovazione in atto in alcuni ambiti sociali. Due saggi si occupano del sistema formativo, l’uno di Silvia Cataldi e l’altro di Giuseppe Anzera. La prima scrive un capitolo sulle scelte e le aspi- razioni scolastiche e universitarie degli studenti delle scuole superiori. Eppu- re decisioni e desideri non possono essere considerati solo frutto di percor- si razionali e traiettorie individuali; essi sono invece socialmente costruiti e indirizzati. Ciò vale anche per l’ambito dell’istruzione. Su questi aspetti si focalizza il capitolo che analizza le scelte giovanili in merito alle transizioni 1 Famoso gruppo underground localizzato nell’incrocio tra Hight Road e Ashbury Park, nella Baia di San Francisco impegnati nella creazione di una Città Libera. 2 Software protetto da copyright la cui copia e distribuzione è libera e senza nessun costo (Microsoft Press, 1994). 3 Software che può essere provato gratuitamente ma che prevede una tariffa per la licenza d’uso, qualora l’utente decida di continuare a utilizzarlo dopo il periodo di prova (ibidem.). 6 scolastiche, con l’intento di mettere in luce le connessioni esistenti con la persistenza delle disuguaglianze sociali. Il capitolo evidenzia i processi entro i quali si realizzano le decisioni dei giovani, con un focus speciico sui fattori più inluenti nelle transizioni tra istruzione secondaria e istruzione terziaria, concludendo che la scelta deve essere considerata un “efetto di campo”, in cui alcune variabili strutturali, come le caratteristiche della famiglia d’origi- ne, il capitale culturale e il genere, giocano un ruolo centrale. Giuseppe Anze- ra si occupa, invece, del tema brain drain, la mobilità forzata o meno di sog- getti con elevata scolarizzazione e alte qualiiche professionali, una questione all’interno del più ampio tema delle politiche migratorie. Il saggio utilizza dati secondari e ha un taglio globale per analizzare un tema innovativo che solo recentemente è stato oggetto di attenzione. Infatti, le ricerche sistemati- che e i dati aidabili, su questa forma di emigrazione, sono ancora limitate. Nello studio si segnala che il brain drain, per i paesi più poveri, può costitu- ire un problema grave, causando la perdita di giovani che sono stati formati impiegando risorse economiche limitate e quindi preziose; d’altronde per le aree capaci di attrarre cervelli (brain gain), il processo può costituire una utile fonte di crescita per un paese, mentre per i paesi sviluppati rappresenta un indicatore di apertura alla logica globalizzante della mobilità. Un secondo blocco di “istantanee” ruota intorno al tema del consumo. Il terzo capitolo di Gennaro Iorio, dal titolo Giovani e povertà, riguarda la questione della giovanilizzazione della povertà che inizia ad avere rilevanza statistica negli anni Ottanta per poi rilevarsi in maniera allarmante negli studi sulla povertà estrema dei primi anni Novanta. Il capitolo segue questo ilo ed evidenzia, utilizzando dati secondari, come ormai il fenomeno si sia stabiliz- zato e caratterizzi i processi di deprivazione anche negli anni della lunga crisi inanziaria, non ancora conclusa. Il capitolo di Metastasio e Biraglia «I processi di inluenza nelle scelte di consumo degli adolescenti» è un contributo di ricerca in diversi contesti urbani che afronta il tema-chiave del consumo in relazione alle scelte di una fascia di età il cui studio è quanto mai complesso: l’adolescenza. Gli Autori mettono in evidenza gli aspetti comunicativi del consumo, considerato un processo attivo, in cui si afermano e si costruiscono le identità sociali. Il processo della socializzazione ai consumi è analizzato in relazione a quattro determinanti: la pubblicità, la famiglia, il gruppo dei pari e il brand. Nella se- conda parte del capitolo vengono presentati i dati di una ricerca sull’inluenza interpersonale nelle abitudini di consumo degli adolescenti condotta in due diverse realtà italiane, nello speciico una grande città e un piccolo centro, da cui si evince come gli adolescenti tendano a deinirsi meno inluenzati da altri signiicativi all’aumentare dell’età e come la suscettibilità all’inluenza 7 del gruppo dei pari si diferenzi nelle diverse aree geograiche dove la ricerca è stata efettuata. Geraldina Roberti in «Giovani adulti e pratiche di fruizione» analizza un campione di studentesse fuori sede universitaria, presentando i dati di uno studio sugli stili di vita e di consumo nella fase di transizione all’adultità. In particolare, lo studio si concentra sulle studentesse fuori sede che cercano di coniugare i vincoli economici con i desideri di consumo attraverso strategie di acquisto orientate ad uno stile di vita sobrio. Lo studio utilizza cinque focus group e quindici interviste semi-strutturate. Inine, Simona Tirocchi nel sesto capitolo presenta i risultati di una ricer- ca empirica sul tema della sicurezza sul lavoro all’interno di un intervento sistemico di comunicazione formativa sul tema della cultura della sicurezza mediante linguaggi della creatività digitale, media literacy e web 2.0. Il tema riguarda la più vasta rilessione sul rischio nelle società complesse. La ricerca sul target giovanile è consistita nella realizzazione di focus group in alcune scuole medie superiori di Torino e ha consentito di analizzare i punti di vista di un campione di soggetti (adolescenti, giovani e giovani adulti) sul tema della sicurezza sul lavoro e di registrare alcuni spunti riguardanti la realizza- zione di interventi di comunicazione e formazione sul tema. Le ricerche pubblicate in questo libro rappresentano, quindi, “istantanee”, mediante le quali si intravedono aspetti della vita dei giovani, prevalentemen- te con un riferimento italiano, ma spesso accompagnati da una comparazione internazionale di analisi dei fenomeni. Le rilessioni hanno approcci sia quan- titativi che qualitativi. Gli autori nelle loro ricerche utilizzano dati secondari e focus group, presentano risultati di survey originali o fatte da altri, analizzano dati qualitativi di interviste in profondità o derivanti da questionari strutturati. Emerge quindi un quadro ricco e composito, che incrementa la conoscenza di una realtà giovanile contemporanea sempre più individualizzata e diicile da cogliere nei suoi tratti di regolarità.
2016
Istantanee di vita giovanile. Per una sociologia delle generazioni
9788898134243
Brain Drain; globalizzazione; migrazione
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Brain Drain e flussi migratori dei giovani con alta scolarizzazione / Anzera, Giuseppe. - STAMPA. - (2016), pp. 35-52.
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