In una lettera a Friedrich Engels del 14 marzo 1894 (che era, per altro, l’undicesimo anniversario della morte di Marx), Antonio Labriola (2003, p. 378) sintetizzò il peculiare percorso che, all’età di quasi cinquant’anni, lo aveva condotto al comunismo critico e al marxismo teorico: «io sono diventato comunista – scrisse – per effetto della mia educazione (rigoro- samente) hegelliana, dopo esser passato attraverso la psicologia di Her- bart, e la Völkerpsychologie di Steinthal ed altro». Nato a Cassino nel 1843, Labriola si era presto trasferito a Napoli, nel 1861, per compiervi gli studi universitari alla facoltà di lettere e filosofia, e qui aveva assorbito il clima di rinnovamento dello hegelismo, e in modo particolare la filosofia di Bertrando Spaventa (ma anche di Francesco Fiorentino e di Francesco Bonatelli), il quale, amico del padre, lo prese, per così dire, sotto una bene- vola protezione. Primo documento di questa precoce adesione alla linea hegeliano-spaventiana fu la memoria del 1862, Contro il “ritorno a Kant” propugnato da Eduardo Zeller, in cui Labriola ribadiva, sulle orme della filosofia di Spaventa, la superiorità della dialettica di Hegel nei confronti di ogni separazione gnoseologica, come quelle tra soggetto e oggetto e tra fenomeno e noumeno, sottolineando il valore della “mediazione”, ossia della genesi e del divenire della realtà umana. All’influenza di Hegel si aggiungeva, intorno al 1870, lo studio della filosofia di Herbart e l’appro- fondimento del “realismo” di Vico, che lo portarono ben presto a incon- trareimaggioriteoricidella“psicologiadeipopoli”,qualiMoritzLazarus, Heymann Steinthal e Adolph Bastian. D’altronde, l’influenza dello her- bartismo e della Völkerpsychologie si avverte distintamente nei due saggi del 1873 Della libertà morale e Morale e religione, con i quali, in quello stes- so anno, vinse il concorso in filosofia morale e pedagogia all’Università di Roma. Ciò che risultava da questo complesso percorso, era dunque unohegelismo che, attraverso la lezione herbartiana, fin dall’inizio respingeva gli elementi finalistici del “sistema”, volgendosi piuttosto a una concreta indagine della “genesi” delle idee e dei fatti sociali.
Il marxismo teorico in Italia: Labriola, Croce, Gentile / Muste', Marcello. - STAMPA. - 1(2015), pp. 73-100.
Il marxismo teorico in Italia: Labriola, Croce, Gentile
MUSTE', MARCELLO
2015
Abstract
In una lettera a Friedrich Engels del 14 marzo 1894 (che era, per altro, l’undicesimo anniversario della morte di Marx), Antonio Labriola (2003, p. 378) sintetizzò il peculiare percorso che, all’età di quasi cinquant’anni, lo aveva condotto al comunismo critico e al marxismo teorico: «io sono diventato comunista – scrisse – per effetto della mia educazione (rigoro- samente) hegelliana, dopo esser passato attraverso la psicologia di Her- bart, e la Völkerpsychologie di Steinthal ed altro». Nato a Cassino nel 1843, Labriola si era presto trasferito a Napoli, nel 1861, per compiervi gli studi universitari alla facoltà di lettere e filosofia, e qui aveva assorbito il clima di rinnovamento dello hegelismo, e in modo particolare la filosofia di Bertrando Spaventa (ma anche di Francesco Fiorentino e di Francesco Bonatelli), il quale, amico del padre, lo prese, per così dire, sotto una bene- vola protezione. Primo documento di questa precoce adesione alla linea hegeliano-spaventiana fu la memoria del 1862, Contro il “ritorno a Kant” propugnato da Eduardo Zeller, in cui Labriola ribadiva, sulle orme della filosofia di Spaventa, la superiorità della dialettica di Hegel nei confronti di ogni separazione gnoseologica, come quelle tra soggetto e oggetto e tra fenomeno e noumeno, sottolineando il valore della “mediazione”, ossia della genesi e del divenire della realtà umana. All’influenza di Hegel si aggiungeva, intorno al 1870, lo studio della filosofia di Herbart e l’appro- fondimento del “realismo” di Vico, che lo portarono ben presto a incon- trareimaggioriteoricidella“psicologiadeipopoli”,qualiMoritzLazarus, Heymann Steinthal e Adolph Bastian. D’altronde, l’influenza dello her- bartismo e della Völkerpsychologie si avverte distintamente nei due saggi del 1873 Della libertà morale e Morale e religione, con i quali, in quello stes- so anno, vinse il concorso in filosofia morale e pedagogia all’Università di Roma. Ciò che risultava da questo complesso percorso, era dunque unohegelismo che, attraverso la lezione herbartiana, fin dall’inizio respingeva gli elementi finalistici del “sistema”, volgendosi piuttosto a una concreta indagine della “genesi” delle idee e dei fatti sociali.File | Dimensione | Formato | |
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