La gigantografia è un processo fotografico, l’alterazione delle forme e delle dimensioni di una stessa immagine per enfatizzarne un aspetto. È quanto avviene alla rappresentazione dell’immigrazione. Intanto, per larga parte, si tratta di una fotografia, un fotogramma fermo ormai da quasi quaranta anni su un fenomeno in perenne movimento. I media sembrano accontentarsi di questa immagine statica e apparentemente immutabile. Hanno scelto un particolare, una parte da ingrandire ed esaltare. È quella nera, la parte oscura e tenebrosa presente in ogni fenomeno umano. È quella problematica; quella legata al vocabolario del delitto, alle sue emozioni e ai suoi dolori; alle paure, al terrore di essere invasi e al timore dell’ignoto, della povertà e del degrado.Le indagini sintetizzate in questo testo confermano, semmai aggravandoli, i risultati di simili rilevazioni svolte sugli ultimi trenta anni d’informazione. L’immagine dell’immigrazione fornita dai mezzi d’informazione appare come immobile, congelata. Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche avviate sul tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente simili. Da una parte, c’è una rappresentazione dominata da una visione problematica: il fenomeno è catalogato senza alcun dubbio, in modo naturale e quasi scontato, tra le questioni, tra gli inconvenienti; l’immigrazione è, in sostanza, un problema da risolvere. Dall’altra parte, l’argomento riguarda il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare l’elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della realtà alla sua eventualità criminale.
Sempre quel fotogramma. Il ritratto dell’immigrazione italiana / Binotto, Marco. - STAMPA. - (2016), pp. 33-44.
Sempre quel fotogramma. Il ritratto dell’immigrazione italiana
BINOTTO, Marco
2016
Abstract
La gigantografia è un processo fotografico, l’alterazione delle forme e delle dimensioni di una stessa immagine per enfatizzarne un aspetto. È quanto avviene alla rappresentazione dell’immigrazione. Intanto, per larga parte, si tratta di una fotografia, un fotogramma fermo ormai da quasi quaranta anni su un fenomeno in perenne movimento. I media sembrano accontentarsi di questa immagine statica e apparentemente immutabile. Hanno scelto un particolare, una parte da ingrandire ed esaltare. È quella nera, la parte oscura e tenebrosa presente in ogni fenomeno umano. È quella problematica; quella legata al vocabolario del delitto, alle sue emozioni e ai suoi dolori; alle paure, al terrore di essere invasi e al timore dell’ignoto, della povertà e del degrado.Le indagini sintetizzate in questo testo confermano, semmai aggravandoli, i risultati di simili rilevazioni svolte sugli ultimi trenta anni d’informazione. L’immagine dell’immigrazione fornita dai mezzi d’informazione appare come immobile, congelata. Ancorata alle stesse modalità, alle stesse notizie, agli stessi stili narrativi e in qualche caso agli stessi tic e stereotipi. I risultati delle ricerche avviate sul tema a partire dalla fine del 1980, con molti elementi comuni con il passato di altri paesi europei, appaiono straordinariamente simili. Da una parte, c’è una rappresentazione dominata da una visione problematica: il fenomeno è catalogato senza alcun dubbio, in modo naturale e quasi scontato, tra le questioni, tra gli inconvenienti; l’immigrazione è, in sostanza, un problema da risolvere. Dall’altra parte, l’argomento riguarda il tipo di notizie evidenziate: la cronaca appare l’elemento ancora dominante della trattazione riducendo la complessità della realtà alla sua eventualità criminale.File | Dimensione | Formato | |
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