Con il termine “femminicidio” si definisce un fenomeno in forte incremento negli ultimi tempi: l’uccisione, cioè, di soggetti di sesso femminile prevalentemente all’interno di una relazione di coppia (e dunque da parte di mariti, conviventi o ex tali). Al termine non corrisponde, viceversa, una ipotesi normativa, e questo - nell’opinione pubblica corrente - viene percepito come un vuoto di tutela responsabile delle tante stragi che, pressoché quotidianamente, vengono registrate dai media. Lo studio si propone, pertanto, di verificare gli attuali strumenti penali di contrasto al femminicidio, ipotizzando eventuali nuove soluzioni. Prima di ciò, tuttavia, è necessario far luce sul fenomeno, in particolare sulle caratteristiche (rivelate dai dati statistici) e soprattutto sulla natura (passionale o meno) del femminicidio. Ripercorrendo il dibattito dottrinale che si svolse fra ‘800 e ‘900 in merito al c.d. “delitto passionale”, nonché le varie codificazioni succedutesi in Italia fino al codice penale vigente (tutte estremamente indulgenti sul tema), si perviene ad escludere che il femminicidio rappresenti il “delitto passionale del XXI secolo”. Poiché il contesto del femminicidio è quello familiare in senso ampio (famiglia legittima, di fatto etc.), l’indagine prosegue ricostruendo l’evoluzione del “soggetto-Famiglia” nel nostro Paese: da un sistema patriarcale che riconosceva al capo-famiglia autorità e privilegi (codici Pisanelli e Grandi), ed un vero e proprio “ius vitae ac necis” (codici Zanardelli e Rocco) sui membri della famiglia a cominciare dalla moglie, fino all’avvento della Costituzione e al successivo smantellamento di tale sistema avvenuto negli anni ‘70-‘90. In seguito a ciò, quelli che erano stati i privilegi maschili del passato vengono riconvertiti in fatti illeciti. Dagli anni ‘90 le statistiche segnalano un parallelo progressivo incremento della criminalità familiare e di coppia. Con gli anni 2000, segnati da una vera e propria esplosione del fenomeno, ha inizio una nuova fase di interventi legislativi mirati a perseguirlo ancor più severamente: ad opera del c.d. “Pacchetto Sicurezza” (2009) prima, e delle leggi di ratifica delle Convenzioni di Lanzarote (2012) e Istanbul (2013), poi, l’apparato sanzionatorio risulta oggi sufficientemente irrobustito nel contrasto alla violenza domestica e al femminicidio. Si evidenzia, nondimeno, un limite nella configurazione circostanziale delle ipotesi applicabili (aggravanti dell’omicidio, aggravanti dei maltrattamenti), con il rischio di una “evaporazione” della tutela per effetto del giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p.. Il lavoro si conclude, da un lato dimostrando l’inopportunità di una fattispecie “ad hoc” di femminicidio, e dall’altro proponendo talune soluzioni per rendere più efficace il contrasto a detto fenomeno
Il c.d. «femminicidio». Tra delitto passionale e ricerca di un'identità perduta / Coco, Paola. - STAMPA. - (2016), pp. 1-284.
Il c.d. «femminicidio». Tra delitto passionale e ricerca di un'identità perduta
COCO, Paola
2016
Abstract
Con il termine “femminicidio” si definisce un fenomeno in forte incremento negli ultimi tempi: l’uccisione, cioè, di soggetti di sesso femminile prevalentemente all’interno di una relazione di coppia (e dunque da parte di mariti, conviventi o ex tali). Al termine non corrisponde, viceversa, una ipotesi normativa, e questo - nell’opinione pubblica corrente - viene percepito come un vuoto di tutela responsabile delle tante stragi che, pressoché quotidianamente, vengono registrate dai media. Lo studio si propone, pertanto, di verificare gli attuali strumenti penali di contrasto al femminicidio, ipotizzando eventuali nuove soluzioni. Prima di ciò, tuttavia, è necessario far luce sul fenomeno, in particolare sulle caratteristiche (rivelate dai dati statistici) e soprattutto sulla natura (passionale o meno) del femminicidio. Ripercorrendo il dibattito dottrinale che si svolse fra ‘800 e ‘900 in merito al c.d. “delitto passionale”, nonché le varie codificazioni succedutesi in Italia fino al codice penale vigente (tutte estremamente indulgenti sul tema), si perviene ad escludere che il femminicidio rappresenti il “delitto passionale del XXI secolo”. Poiché il contesto del femminicidio è quello familiare in senso ampio (famiglia legittima, di fatto etc.), l’indagine prosegue ricostruendo l’evoluzione del “soggetto-Famiglia” nel nostro Paese: da un sistema patriarcale che riconosceva al capo-famiglia autorità e privilegi (codici Pisanelli e Grandi), ed un vero e proprio “ius vitae ac necis” (codici Zanardelli e Rocco) sui membri della famiglia a cominciare dalla moglie, fino all’avvento della Costituzione e al successivo smantellamento di tale sistema avvenuto negli anni ‘70-‘90. In seguito a ciò, quelli che erano stati i privilegi maschili del passato vengono riconvertiti in fatti illeciti. Dagli anni ‘90 le statistiche segnalano un parallelo progressivo incremento della criminalità familiare e di coppia. Con gli anni 2000, segnati da una vera e propria esplosione del fenomeno, ha inizio una nuova fase di interventi legislativi mirati a perseguirlo ancor più severamente: ad opera del c.d. “Pacchetto Sicurezza” (2009) prima, e delle leggi di ratifica delle Convenzioni di Lanzarote (2012) e Istanbul (2013), poi, l’apparato sanzionatorio risulta oggi sufficientemente irrobustito nel contrasto alla violenza domestica e al femminicidio. Si evidenzia, nondimeno, un limite nella configurazione circostanziale delle ipotesi applicabili (aggravanti dell’omicidio, aggravanti dei maltrattamenti), con il rischio di una “evaporazione” della tutela per effetto del giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p.. Il lavoro si conclude, da un lato dimostrando l’inopportunità di una fattispecie “ad hoc” di femminicidio, e dall’altro proponendo talune soluzioni per rendere più efficace il contrasto a detto fenomenoFile | Dimensione | Formato | |
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