.Nel 1513, due frati camaldolesi di origine veneziana, Paolo Giustiniani (al se- colo tommaso, 1476-1528) e Pietro Querini (al secolo Vincenzo, 1479-1514), indi- rizzarono pubblicamente una lettera a Leone X de’ Medici, il papa appena eletto. il Libellus ad Leonem X – questo il titolo dell’appello – rappresenta uno dei testi più si- gnificativi del primo Cinquecento. La visione complessiva delle religioni “altre” con cui la cristianità di quegli anni si trovava a confrontarsi costituisce uno degli aspetti di grande interesse dell’opera. È in questo quadro che la conversione degli ebrei finisce per costituire uno dei nodi in- torno a cui si sviluppa il ragionamento e su cui, finora, non si è adeguatamente soffermata la storiografia. Costruita intorno a una fortissima aspirazione universalistica, la rivoluzione evangelica tratteggiata nel Libellus si confrontava, infatti, con lucidità con la questione dell’esistenza di popolazioni rimaste estranee al cristianesimo della salvezza. tra queste, in nome di un’interazione a fini conversionistici di vecchia data e non ancora coronata dal completo successo, spiccava il ruolo scomodo degli ebrei e dell’ebraismo. Una interpretazione consapevole e personalissima delle grandi sfide missionarie dei primi del Cinquecento portava Querini e Giustiniani a rileggere il te- ma antico della conversione degli ebrei inserendolo in un quadro assai più ampio. La tradizionale questione ebraica finiva per intrecciarsi con il tema, altrettanto scottante del destino degli indigeni d’America e del confronto, difficilissimo, con l’islam. Tre elementi concorrevano a strutturare ciascun passaggio di questa riflessione: l’attualità contingente vissuta con una sensazione di emergenza pressante, l’esperienza individuale dei due autori, la proiezione verso un futuro prossimo di rifondazione radicale. Da una parte, il battesimo dei «selvaggi» appena scoperti, che si stavano rivelando mansueti e pronti ad accogliere la buona novella; dall’altra, i musulmani, sempre più agguerriti e feroci e, soprattutto, sempre più vicini, sia nel Mediterraneo sia nell’Oceano indiano, punteggiato dalle colonie europee e dalle terre dell’islam. Sullo sfondo si stagliavano i risultati ambigui e controversi dell’evangelizzazione battagliera lanciata nei confronti degli ebrei, che, a venti anni di distanza dall’espul- sione spagnola del 1492 e a più di quindici dal grande battesimo forzato portoghese del 1497, veniva ora valutata con attenzione.

Un’anticipazione del ghetto. Modelli di conversione e strategie di proselitismo nel Libellus del 1513 / DI NEPI, Serena. - STAMPA. - (2015), pp. 93-109.

Un’anticipazione del ghetto. Modelli di conversione e strategie di proselitismo nel Libellus del 1513

DI NEPI, SERENA
2015

Abstract

.Nel 1513, due frati camaldolesi di origine veneziana, Paolo Giustiniani (al se- colo tommaso, 1476-1528) e Pietro Querini (al secolo Vincenzo, 1479-1514), indi- rizzarono pubblicamente una lettera a Leone X de’ Medici, il papa appena eletto. il Libellus ad Leonem X – questo il titolo dell’appello – rappresenta uno dei testi più si- gnificativi del primo Cinquecento. La visione complessiva delle religioni “altre” con cui la cristianità di quegli anni si trovava a confrontarsi costituisce uno degli aspetti di grande interesse dell’opera. È in questo quadro che la conversione degli ebrei finisce per costituire uno dei nodi in- torno a cui si sviluppa il ragionamento e su cui, finora, non si è adeguatamente soffermata la storiografia. Costruita intorno a una fortissima aspirazione universalistica, la rivoluzione evangelica tratteggiata nel Libellus si confrontava, infatti, con lucidità con la questione dell’esistenza di popolazioni rimaste estranee al cristianesimo della salvezza. tra queste, in nome di un’interazione a fini conversionistici di vecchia data e non ancora coronata dal completo successo, spiccava il ruolo scomodo degli ebrei e dell’ebraismo. Una interpretazione consapevole e personalissima delle grandi sfide missionarie dei primi del Cinquecento portava Querini e Giustiniani a rileggere il te- ma antico della conversione degli ebrei inserendolo in un quadro assai più ampio. La tradizionale questione ebraica finiva per intrecciarsi con il tema, altrettanto scottante del destino degli indigeni d’America e del confronto, difficilissimo, con l’islam. Tre elementi concorrevano a strutturare ciascun passaggio di questa riflessione: l’attualità contingente vissuta con una sensazione di emergenza pressante, l’esperienza individuale dei due autori, la proiezione verso un futuro prossimo di rifondazione radicale. Da una parte, il battesimo dei «selvaggi» appena scoperti, che si stavano rivelando mansueti e pronti ad accogliere la buona novella; dall’altra, i musulmani, sempre più agguerriti e feroci e, soprattutto, sempre più vicini, sia nel Mediterraneo sia nell’Oceano indiano, punteggiato dalle colonie europee e dalle terre dell’islam. Sullo sfondo si stagliavano i risultati ambigui e controversi dell’evangelizzazione battagliera lanciata nei confronti degli ebrei, che, a venti anni di distanza dall’espul- sione spagnola del 1492 e a più di quindici dal grande battesimo forzato portoghese del 1497, veniva ora valutata con attenzione.
2015
Conversos, marrani e nuove comunità ebraiche nella prima età moderna
9788880576006
Reformation; Counter-Reformation; Ghetti; Jews
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Un’anticipazione del ghetto. Modelli di conversione e strategie di proselitismo nel Libellus del 1513 / DI NEPI, Serena. - STAMPA. - (2015), pp. 93-109.
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