l punto di partenza del saggio e’, volutamente, l’opposto di quello adottato da Paola Barbera nel suo testo sull’Architettura in Sicilia tra le due guerre dove si pone l’obiettivo di “ricomporre la trama che riconnette la storia dell’architettura in Sicilia al quadro nazionale” attraverso un “sommario giro d’orizzonte” necessario per poi per inquadrare correttamente analisi puntuali, quali vicende locali e accadimenti particolari. Al giro di orizzonte sostituisco uno e piu’ recinti. Il racconto si dispiega scegliendo punti di vista a quote basse e ravvicinati agli oggetti, rimpiazzando alle ampie visuali angoli di campo ridotti, dove lo sguardo non puo’ spesso distendersi, limitato e impedito per la presenza di ostacoli. La scelta e’ quella di costruire una carta di grande dettaglio che e’ possibile comprendere solo a patto di riconsiderarla all’interno dell’intero “mappamondo”. Un primo recinto adottato per raccontare alcune vicende accadute in quegli anni in Sicilia e’ la fortunosamente sopravvissuta documentazione archivistica (diversi disegni originali e pochi carteggi) dell’architetto Gaetano Rapisardi e di suo fratello Ernesto, anch’egli architetto. L’altro limite e’ stato quello di soffermarmi su due particolari occasioni progettuali, il concorso per il Monumento ai Caduti di Messina e il Pantheon dei Caduti di Siracusa. Esempi che per i particolari temi affrontati, l’architettura monumentale della memoria e il rapporto tra architettura e scultura, ben rispondono alle generali questioni di cui si occupano le riviste del periodo, che infervorano i dibattiti teorici di quegli anni intorno alla ricerca e definizione di un’architettura e di un linguaggio che contemperi sia la modernita’ sia la tradizione. Gli estremi temporali entro cui si dipanano queste due vicende progettuali coincidono con gli anni che vedono particolari accadimenti: il 1922, la Marcia su Roma, e il 1937, il Capo del Governo in visita in Sicilia. Il 1° agosto 1922 e’ infatti pubblicato il primo bando per il concorso di Messina e il 13 agosto 1937 alla presenza del Duce e’ inaugurato il Pantheon dei Caduti di Siracusa. Per quanto il punto di vista sia assolutamente parziale e la documentazione priva di organicita’ e sistematicita’, lacunosa e discontinua, emergono comunque i “temi” e i “modi” del fare architettura di Gaetano Rapisardi, tutti pertinenti le questioni generali, da quelle culturali al rapporto tra progettazione e rappresentazione dell’architettura fino alle specificita’ del ruolo professionale, che tra le due guerre hanno coinvolto un’intera generazione di architetti, noti e meno noti, ma tutti veri e propri costruttori di citta’. Dalla lettura attenta sia del carteggio privato sia della pubblicistica corrente e’ possibile rintracciare in filigrana molte delle questioni che attraversano il dibattito architettonico nazionale di quegli anni, poiche’ ci rimandano, piu’ in generale, al rapporto tra la teoria e la prassi. Dal resoconto della pratica professionale emerge la complessita’ delle relazioni, spesso assai poco eroiche, consumate in un clima feroce di provincia e soggette all’influenza di alcune, poche, personalita’ che, tra concorsi e affidamenti diretti, controllano l’assegnazione degli incarichi e le dinamiche del rapporto tra formazione, professione e sindacato. Tale quadro e’ poi perfettamente integrato con quanto emerge dai disegni, ovvero un “fare architettura” risolto sempre attraverso uno sforzo grafico-progettuale incessante e continuo, dove l’oggetto architettonico e’ l’elemento di mediazione irrinunciabile tra la visione urbana complessiva e il dettaglio puntuale e accurato. Un metodo di studio e di lavoro che consente agli architetti del periodo di tenere saldamente insieme il disegno di architettura e il disegno urbano, l’edilizia e l’urbanistica, inserendo in questa relazione, quale motivo dialettico che sta alla base della cultura e delle arti a cavallo tra le due guerre, il rapporto tra modernita’ e tradizione.
Dal dibattito nazionale sulle riviste alla cronaca locale: i Monumenti ai Caduti di Messina e Siracusa. Gaetano Rapisardi e la pratica professionale (1922-1937) / Ippoliti, Elena. - STAMPA. - (2011), pp. 155-196.
Dal dibattito nazionale sulle riviste alla cronaca locale: i Monumenti ai Caduti di Messina e Siracusa. Gaetano Rapisardi e la pratica professionale (1922-1937)
IPPOLITI, ELENA
2011
Abstract
l punto di partenza del saggio e’, volutamente, l’opposto di quello adottato da Paola Barbera nel suo testo sull’Architettura in Sicilia tra le due guerre dove si pone l’obiettivo di “ricomporre la trama che riconnette la storia dell’architettura in Sicilia al quadro nazionale” attraverso un “sommario giro d’orizzonte” necessario per poi per inquadrare correttamente analisi puntuali, quali vicende locali e accadimenti particolari. Al giro di orizzonte sostituisco uno e piu’ recinti. Il racconto si dispiega scegliendo punti di vista a quote basse e ravvicinati agli oggetti, rimpiazzando alle ampie visuali angoli di campo ridotti, dove lo sguardo non puo’ spesso distendersi, limitato e impedito per la presenza di ostacoli. La scelta e’ quella di costruire una carta di grande dettaglio che e’ possibile comprendere solo a patto di riconsiderarla all’interno dell’intero “mappamondo”. Un primo recinto adottato per raccontare alcune vicende accadute in quegli anni in Sicilia e’ la fortunosamente sopravvissuta documentazione archivistica (diversi disegni originali e pochi carteggi) dell’architetto Gaetano Rapisardi e di suo fratello Ernesto, anch’egli architetto. L’altro limite e’ stato quello di soffermarmi su due particolari occasioni progettuali, il concorso per il Monumento ai Caduti di Messina e il Pantheon dei Caduti di Siracusa. Esempi che per i particolari temi affrontati, l’architettura monumentale della memoria e il rapporto tra architettura e scultura, ben rispondono alle generali questioni di cui si occupano le riviste del periodo, che infervorano i dibattiti teorici di quegli anni intorno alla ricerca e definizione di un’architettura e di un linguaggio che contemperi sia la modernita’ sia la tradizione. Gli estremi temporali entro cui si dipanano queste due vicende progettuali coincidono con gli anni che vedono particolari accadimenti: il 1922, la Marcia su Roma, e il 1937, il Capo del Governo in visita in Sicilia. Il 1° agosto 1922 e’ infatti pubblicato il primo bando per il concorso di Messina e il 13 agosto 1937 alla presenza del Duce e’ inaugurato il Pantheon dei Caduti di Siracusa. Per quanto il punto di vista sia assolutamente parziale e la documentazione priva di organicita’ e sistematicita’, lacunosa e discontinua, emergono comunque i “temi” e i “modi” del fare architettura di Gaetano Rapisardi, tutti pertinenti le questioni generali, da quelle culturali al rapporto tra progettazione e rappresentazione dell’architettura fino alle specificita’ del ruolo professionale, che tra le due guerre hanno coinvolto un’intera generazione di architetti, noti e meno noti, ma tutti veri e propri costruttori di citta’. Dalla lettura attenta sia del carteggio privato sia della pubblicistica corrente e’ possibile rintracciare in filigrana molte delle questioni che attraversano il dibattito architettonico nazionale di quegli anni, poiche’ ci rimandano, piu’ in generale, al rapporto tra la teoria e la prassi. Dal resoconto della pratica professionale emerge la complessita’ delle relazioni, spesso assai poco eroiche, consumate in un clima feroce di provincia e soggette all’influenza di alcune, poche, personalita’ che, tra concorsi e affidamenti diretti, controllano l’assegnazione degli incarichi e le dinamiche del rapporto tra formazione, professione e sindacato. Tale quadro e’ poi perfettamente integrato con quanto emerge dai disegni, ovvero un “fare architettura” risolto sempre attraverso uno sforzo grafico-progettuale incessante e continuo, dove l’oggetto architettonico e’ l’elemento di mediazione irrinunciabile tra la visione urbana complessiva e il dettaglio puntuale e accurato. Un metodo di studio e di lavoro che consente agli architetti del periodo di tenere saldamente insieme il disegno di architettura e il disegno urbano, l’edilizia e l’urbanistica, inserendo in questa relazione, quale motivo dialettico che sta alla base della cultura e delle arti a cavallo tra le due guerre, il rapporto tra modernita’ e tradizione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.