la moda ha, oramai da lungo tempo, intrapreso uno stretto e proficuo dialogo con l’architettura trasparente, facendola diventare cifra stilistica preferita con cui mostrare i propri prodotti e affascinare così gli acquirenti. Cos’è che rende allora la zona commerciale di Omotesando a Tokyo un prodotto urbanistico, architettonico, sociale ed estetico originale? In primo luogo bisogna spendere due parole per capire cosa sia Omotesando. Omotesando è un insieme di tre arterie stradali, una sorta di boulevard, originariamente creato come viale di accesso posizionato di fronte al tempio scintoista Meiji (l’etimologia di Omotesando deriva proprio da Omote ovvero frontale; Sando ovvero entrata, accesso). Il tempio, dedicato all’Imperatore Meiji e all’Imperatrice Shoken, realizzato tra il 1915 e il 1920, distrutto poi durante la Seconda Guerra Mondiale, venne ricostruito alla fine degli anni ’50 grazie alla cittadinanza che ne finanziò l’opera di riedificazione. Oggi Omotesando è invece un vero e proprio district, un’area cioè consacrata allo shopping e considerata una sorta di versione giapponese degli Champs-Elysées parigini: un luogo dove passeggiare e osservare beni di lusso proposti allo sguardo attraverso complesse macchine espositive. Ovviamente non tutte le architetture che caratterizzano l’Omotesando district adottano la trasparenza e i diversi gradi di diafanità come proprie cifre stilistiche. Ma in un susseguirsi di differenti stilemi architettonici, che vanno dalle eclettiche forme dell’Oriental Bazaar (in cui ad una struttura di cemento armato sono incastonate, pleonasticamente, dettagli della tradizionale abitazione giapponese, come il tipico ampio tetto spiovente a pagoda) al gusto classicheggiante del retail di Ralph Lorain (la cui facciata è scandita da quattro imponenti lesene ioniche) alla particolare architettura della casa di cosmetici Shu Uemura Harajuku, gli elementi diafani sembrano assurgere a protagonisti delle, seppur differenti, architetture commerciali del distretto; costituendo così un comun denominatore e tessendo una relazione particolare tra il luogo, il brand — che adotta la diafanità, nelle sue differenti gradazioni (dal trasparente all’opaco), quale caratteristica precipua del proprio store — e chi passeggia per la stessa Avenue.
La seduzione della Trasparenza. Dall'architettura della moda al parco tematico: l'Omotesando District / RUSSO CECCOTTI, Leopoldo; Ogliotti, Eva; Lozano, Jorge; Pezzini, Isabella; Zagari, Franco. - STAMPA. - (2015), pp. 301-315.
La seduzione della Trasparenza. Dall'architettura della moda al parco tematico: l'Omotesando District
RUSSO CECCOTTI, LEOPOLDO;PEZZINI, Isabella;
2015
Abstract
la moda ha, oramai da lungo tempo, intrapreso uno stretto e proficuo dialogo con l’architettura trasparente, facendola diventare cifra stilistica preferita con cui mostrare i propri prodotti e affascinare così gli acquirenti. Cos’è che rende allora la zona commerciale di Omotesando a Tokyo un prodotto urbanistico, architettonico, sociale ed estetico originale? In primo luogo bisogna spendere due parole per capire cosa sia Omotesando. Omotesando è un insieme di tre arterie stradali, una sorta di boulevard, originariamente creato come viale di accesso posizionato di fronte al tempio scintoista Meiji (l’etimologia di Omotesando deriva proprio da Omote ovvero frontale; Sando ovvero entrata, accesso). Il tempio, dedicato all’Imperatore Meiji e all’Imperatrice Shoken, realizzato tra il 1915 e il 1920, distrutto poi durante la Seconda Guerra Mondiale, venne ricostruito alla fine degli anni ’50 grazie alla cittadinanza che ne finanziò l’opera di riedificazione. Oggi Omotesando è invece un vero e proprio district, un’area cioè consacrata allo shopping e considerata una sorta di versione giapponese degli Champs-Elysées parigini: un luogo dove passeggiare e osservare beni di lusso proposti allo sguardo attraverso complesse macchine espositive. Ovviamente non tutte le architetture che caratterizzano l’Omotesando district adottano la trasparenza e i diversi gradi di diafanità come proprie cifre stilistiche. Ma in un susseguirsi di differenti stilemi architettonici, che vanno dalle eclettiche forme dell’Oriental Bazaar (in cui ad una struttura di cemento armato sono incastonate, pleonasticamente, dettagli della tradizionale abitazione giapponese, come il tipico ampio tetto spiovente a pagoda) al gusto classicheggiante del retail di Ralph Lorain (la cui facciata è scandita da quattro imponenti lesene ioniche) alla particolare architettura della casa di cosmetici Shu Uemura Harajuku, gli elementi diafani sembrano assurgere a protagonisti delle, seppur differenti, architetture commerciali del distretto; costituendo così un comun denominatore e tessendo una relazione particolare tra il luogo, il brand — che adotta la diafanità, nelle sue differenti gradazioni (dal trasparente all’opaco), quale caratteristica precipua del proprio store — e chi passeggia per la stessa Avenue.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.