HafenCity, Amburgo “Le città attraenti dal punto di vista architettonico crescono più velocemente delle altre” (Glasaer et al.) e, per sostenere la crescita urbana, sfruttando l’area del vecchio porto di proprietà pubblica, nel 1997, il Comune di Amburgo decide di proporre una versione anseatica della “città europea del 21° secolo”: HafenCity. Capacità attrattiva e velocità di crescita dovrebbero essere garantite dal fattore localizzazione - meno di 1 chilometro in linea d’aria dal centro, il fascino del “passato portuale”, la presenza del fiume Elba - e dalla qualità urbana e architettonica voluta e perseguita minuziosamente dall’amministrazione attraverso procedure di accompagnamento “punto punto” del progetto, dall’ideazione alla realizzazione. HafenCity viene pensata come una centralità, nuova e complementare al centro storico (e non in competizione, secondo gli ideatori), destinata a ospitare, tra 25 anni, 12.000 abitanti , 40.000 lavoratori, 80.000 visitatori. Un laboratorio, immenso, capace di coinvolgere grandi urbanisti e architetti, investitori e costruttori per dare forma a un’idea destinata a diventare un modello nella storia recente dell’urbanistica europea: una città aperta alla cultura della globalizzazione e, tuttavia, “fedele” alle radici storiche del vecchio continente, attenta alle problematiche ambientali e di risparmio energetico. Il master plan dell’équipe vincitrice del concorso - Astoc -, coordinata da Kees Christaansee, indetto dall’Amministrazione nel 2000 per dare forma e contenuti a un’idea in elaborazione già dal 1997, disegna una città “dei brevi percorsi”, densa, compatta e mista, formata da quartieri e strutturata attraverso il disegno dello spazio pubblico. La proposta si snoda su un’area di 157 ettari - pari al 40% della superficie del centro urbano - suddivisa in 127 ettari di terra e 30 di acqua. Un’ipotesi ambiziosa che, attraverso 10,5 chilometri di passeggiate lungo il fiume, rielabora il tema della riconciliazione tra città e natura e con 41,9 ettari di spazi aperti a disposizione di cittadini e di visitatori (28,1 dei quali pubblici e 13,8 ettari di uso pubblico) ribadisce il senso e il valore dei luoghi come elementi strutturanti dello spazio fisico e sociale della città e, attraverso la certificazione “ecolabel”, favorisce la costruzione di edifici a basso impatto ambientale. I fabbricati che disegnano la rete degli spazi aperti ospitano residenze (30%), uffici (48%), università, scuole, attività culturali, alberghi (13%), commercio e gastronomia (9%). Ogni edificio ospita, generalmente, più funzioni. Le architetture movimentano i volumi, disegnano le prospettive, incorniciano gli sfondi, sostanziano i landmark mentre la traiettorie degli utenti, diverse secondo lo status, animano la scena urbana. Come ormai è consuetudine, i landmark sono affidati alla progettazione di grandi firme di rilevanza mondiale e le architetture di sfondo sono opere non convenzionali, anche se evocano quell’international style caratteristico dei nuovi quartieri di questo millennio. Estranee al paesaggio locale e uniche anche nel panorama di HafenCity, gli edifici realizzati rimandano a modelli in costruzione o ultimati a Copenhagen come a Mosca. L’insieme di queste eccezionalità stenta a trovare una sua armonia. Quello che è certo è che HafenCity consentirà ad Amburgo di entrare nella geografia dei luoghi globali che contano. E la consapevolezza di agire in una dimensione mondiale guida i decisori a puntare decisamente sull’estetica dell’urban design che diventa, qui come altrove, parte del processo stesso di formazione della nuova centralità e del suo successo. Una centralità, come sostiene David Harvey, è un prodotto ad alta concentrazione di capitale e di potere che consente di attrarre e di produrre investimenti e, per dirla con Saskia Sassen, è destinato a competere a livello mondiale con centri di analoga finalità. Questo consente, al “territorio ospitante”, di entrare nel gotha dei luoghi che contano e di conquistarsi un posto nelle prime file della grande rappresentazione dell’economia globale. Ciò premesso, la realizzazione della centralità di HafenCity corrisponde alle intenzioni politiche ed economiche di proiettare il “sistema Amburgo” - 1,8 milioni di abitanti (4,3 milioni se ci si riferisce all’area metropolitana) - verso il futuro, agganciandolo alla locomotiva globale. In linea con le teorie classiche della crescita economica Amburgo, attraverso HafenCity, punta ad attirare popolazione, a consolidare posizioni economiche e decisionali, a diventare un hub mondiale. Se la Germania, nel suo complesso, perde popolazione (-1,5 milioni di cittadini secondo il censimento di quest’anno) Amburgo decide di “guadagnarne”, mirando, attraverso un progetto sofisticato, ad accogliere professionalità e strutture di respiro internazionale. Dall’headquarter della multinazionale Unilever a quello di Greenpeace. Il ritorno di immagine, legato agli investitori d’eccezione come al design sofisticato, si traduce in capacità attrattiva e quindi in redditività da reinvestire nelle infrastrutture urbane e nella qualità del contesto. I finanziamenti privati si attestano intorno agli 8 miliardi di euro, quelli pubblici ammontano a 2,4 miliardi di euro. Di questi, 1,5 miliardi di euro provengono dalla vendita dei lotti. I proventi, diretti e indiretti, dell’ “esercizio di centralità” sono ancora da quantificare ma l’afflusso di visitatori, durante le festività e nella bella stagione, costituisce già un indicatore positivo per la “piazza di Hafencity”. A dieci anni dalla posa della prima pietra e a dodici dall’ultimazione, HafenCity ha già fatto “il giro del mondo”. Quello che rimane da capire è se, alla fine, HafenCity riuscirà a integrare le esigenze di “città vetrina”, necessarie a soddisfare il mercato, e di “city for people”, per citare Jan Gehl, per normalizzare un contesto destinato anche alla vita quotidiana. Scenari usualmente non comparabili si confrontano per una sfida tutta tedesca per tempi e affidabilità.

Premio Letteratura Urbanistica INU / Fratini, Fabiola. - (2015).

Premio Letteratura Urbanistica INU

Fabiola Fratini
2015

Abstract

HafenCity, Amburgo “Le città attraenti dal punto di vista architettonico crescono più velocemente delle altre” (Glasaer et al.) e, per sostenere la crescita urbana, sfruttando l’area del vecchio porto di proprietà pubblica, nel 1997, il Comune di Amburgo decide di proporre una versione anseatica della “città europea del 21° secolo”: HafenCity. Capacità attrattiva e velocità di crescita dovrebbero essere garantite dal fattore localizzazione - meno di 1 chilometro in linea d’aria dal centro, il fascino del “passato portuale”, la presenza del fiume Elba - e dalla qualità urbana e architettonica voluta e perseguita minuziosamente dall’amministrazione attraverso procedure di accompagnamento “punto punto” del progetto, dall’ideazione alla realizzazione. HafenCity viene pensata come una centralità, nuova e complementare al centro storico (e non in competizione, secondo gli ideatori), destinata a ospitare, tra 25 anni, 12.000 abitanti , 40.000 lavoratori, 80.000 visitatori. Un laboratorio, immenso, capace di coinvolgere grandi urbanisti e architetti, investitori e costruttori per dare forma a un’idea destinata a diventare un modello nella storia recente dell’urbanistica europea: una città aperta alla cultura della globalizzazione e, tuttavia, “fedele” alle radici storiche del vecchio continente, attenta alle problematiche ambientali e di risparmio energetico. Il master plan dell’équipe vincitrice del concorso - Astoc -, coordinata da Kees Christaansee, indetto dall’Amministrazione nel 2000 per dare forma e contenuti a un’idea in elaborazione già dal 1997, disegna una città “dei brevi percorsi”, densa, compatta e mista, formata da quartieri e strutturata attraverso il disegno dello spazio pubblico. La proposta si snoda su un’area di 157 ettari - pari al 40% della superficie del centro urbano - suddivisa in 127 ettari di terra e 30 di acqua. Un’ipotesi ambiziosa che, attraverso 10,5 chilometri di passeggiate lungo il fiume, rielabora il tema della riconciliazione tra città e natura e con 41,9 ettari di spazi aperti a disposizione di cittadini e di visitatori (28,1 dei quali pubblici e 13,8 ettari di uso pubblico) ribadisce il senso e il valore dei luoghi come elementi strutturanti dello spazio fisico e sociale della città e, attraverso la certificazione “ecolabel”, favorisce la costruzione di edifici a basso impatto ambientale. I fabbricati che disegnano la rete degli spazi aperti ospitano residenze (30%), uffici (48%), università, scuole, attività culturali, alberghi (13%), commercio e gastronomia (9%). Ogni edificio ospita, generalmente, più funzioni. Le architetture movimentano i volumi, disegnano le prospettive, incorniciano gli sfondi, sostanziano i landmark mentre la traiettorie degli utenti, diverse secondo lo status, animano la scena urbana. Come ormai è consuetudine, i landmark sono affidati alla progettazione di grandi firme di rilevanza mondiale e le architetture di sfondo sono opere non convenzionali, anche se evocano quell’international style caratteristico dei nuovi quartieri di questo millennio. Estranee al paesaggio locale e uniche anche nel panorama di HafenCity, gli edifici realizzati rimandano a modelli in costruzione o ultimati a Copenhagen come a Mosca. L’insieme di queste eccezionalità stenta a trovare una sua armonia. Quello che è certo è che HafenCity consentirà ad Amburgo di entrare nella geografia dei luoghi globali che contano. E la consapevolezza di agire in una dimensione mondiale guida i decisori a puntare decisamente sull’estetica dell’urban design che diventa, qui come altrove, parte del processo stesso di formazione della nuova centralità e del suo successo. Una centralità, come sostiene David Harvey, è un prodotto ad alta concentrazione di capitale e di potere che consente di attrarre e di produrre investimenti e, per dirla con Saskia Sassen, è destinato a competere a livello mondiale con centri di analoga finalità. Questo consente, al “territorio ospitante”, di entrare nel gotha dei luoghi che contano e di conquistarsi un posto nelle prime file della grande rappresentazione dell’economia globale. Ciò premesso, la realizzazione della centralità di HafenCity corrisponde alle intenzioni politiche ed economiche di proiettare il “sistema Amburgo” - 1,8 milioni di abitanti (4,3 milioni se ci si riferisce all’area metropolitana) - verso il futuro, agganciandolo alla locomotiva globale. In linea con le teorie classiche della crescita economica Amburgo, attraverso HafenCity, punta ad attirare popolazione, a consolidare posizioni economiche e decisionali, a diventare un hub mondiale. Se la Germania, nel suo complesso, perde popolazione (-1,5 milioni di cittadini secondo il censimento di quest’anno) Amburgo decide di “guadagnarne”, mirando, attraverso un progetto sofisticato, ad accogliere professionalità e strutture di respiro internazionale. Dall’headquarter della multinazionale Unilever a quello di Greenpeace. Il ritorno di immagine, legato agli investitori d’eccezione come al design sofisticato, si traduce in capacità attrattiva e quindi in redditività da reinvestire nelle infrastrutture urbane e nella qualità del contesto. I finanziamenti privati si attestano intorno agli 8 miliardi di euro, quelli pubblici ammontano a 2,4 miliardi di euro. Di questi, 1,5 miliardi di euro provengono dalla vendita dei lotti. I proventi, diretti e indiretti, dell’ “esercizio di centralità” sono ancora da quantificare ma l’afflusso di visitatori, durante le festività e nella bella stagione, costituisce già un indicatore positivo per la “piazza di Hafencity”. A dieci anni dalla posa della prima pietra e a dodici dall’ultimazione, HafenCity ha già fatto “il giro del mondo”. Quello che rimane da capire è se, alla fine, HafenCity riuscirà a integrare le esigenze di “città vetrina”, necessarie a soddisfare il mercato, e di “city for people”, per citare Jan Gehl, per normalizzare un contesto destinato anche alla vita quotidiana. Scenari usualmente non comparabili si confrontano per una sfida tutta tedesca per tempi e affidabilità.
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