L’Italia e l’imperialismo giapponese in Estremo Oriente. L’interesse dell’Italia nei confronti della Cina si è manifestato a partire dall’Unificazione, sia in ottica commerciale sia nella speranza – rivelatasi a lungo inattuabile – di stabilire una presenza coloniale effettiva attraverso la creazione di una propria concessione. Il rafforzamento di un potere centrale e l’affermazione nel corso del 1928 del regime di Chiang Kai-shek sembrano però aprire nuove prospettive, politiche ed economiche, di cui l’Italia fascista cercherà di avvantaggiarsi. A questo punto Cina ed Estremo Oriente diventano nuovamente un teatro importante per la politica italiana, funzionale alla proiezione mondiale del nuovo regime, che può fare anche affidamento sulle simpatie di molti componenti della dirigenza nazionalista cinese nei confronti del regime fascista, cui si lega, almeno fino al 1937, una politica apertamente filocinese. Per comprendere al meglio la posizione dell’Italia in quegli anni è ovviamente necessario analizzare anche i rapporti tra Roma e Tōkyō, che fino alla metà degli anni Trenta si collocano su una linea di tradizionale cordialità. La conquista della Manciuria da parte del Giappone e la creazione del Manciukuò mettono però inizialmente a dura prova i rapporti tra i due paesi, creando non poche reciproche diffidenze e interessanti precedenti. A partire dal 1937, l’invasione della Cina contribuisce a ridefinire in forme nuove questi rapporti, non solo perché offre l’immagine chiara della crescente potenza giapponese, ma anche perché avviene in una fase in cui l’Italia, dopo la guerra d’Etiopia, sta procedendo ad un profondo riassetto delle sue relazioni internazionali. L’adesione dell’Italia al Patto Anticomintern al fianco di Germania e Giappone è senza dubbio una delle tappe fondamentali di questo percorso e rappresenta un passaggio fondamentale per comprendere il perché dell’invio nel 1938 di una delegazione del Partito Nazionale Fascista in Estremo Oriente. Il lavoro mostra la complessità di questi rapporti tra spinte verso una politica sempre più agguerrita e ampia e le reali potenzialità dell’Italia che si trova – più per motivi ideologici che per un reale interesse nazionale – come attore all’interno dei grandi equilibri internazionali. La relazione finale della Missione del Partito Nazionale Fascista in Giappone e nel Manciukuò è riprodotta in appendice.
L’Italia e l’imperialismo giapponese in Estremo Oriente. La missione del Partito Nazionale Fascista in Giappone e nel Manciukuò / Vagnini, Alessandro. - STAMPA. - (2015), pp. 5-255.
L’Italia e l’imperialismo giapponese in Estremo Oriente. La missione del Partito Nazionale Fascista in Giappone e nel Manciukuò
VAGNINI, ALESSANDRO
2015
Abstract
L’Italia e l’imperialismo giapponese in Estremo Oriente. L’interesse dell’Italia nei confronti della Cina si è manifestato a partire dall’Unificazione, sia in ottica commerciale sia nella speranza – rivelatasi a lungo inattuabile – di stabilire una presenza coloniale effettiva attraverso la creazione di una propria concessione. Il rafforzamento di un potere centrale e l’affermazione nel corso del 1928 del regime di Chiang Kai-shek sembrano però aprire nuove prospettive, politiche ed economiche, di cui l’Italia fascista cercherà di avvantaggiarsi. A questo punto Cina ed Estremo Oriente diventano nuovamente un teatro importante per la politica italiana, funzionale alla proiezione mondiale del nuovo regime, che può fare anche affidamento sulle simpatie di molti componenti della dirigenza nazionalista cinese nei confronti del regime fascista, cui si lega, almeno fino al 1937, una politica apertamente filocinese. Per comprendere al meglio la posizione dell’Italia in quegli anni è ovviamente necessario analizzare anche i rapporti tra Roma e Tōkyō, che fino alla metà degli anni Trenta si collocano su una linea di tradizionale cordialità. La conquista della Manciuria da parte del Giappone e la creazione del Manciukuò mettono però inizialmente a dura prova i rapporti tra i due paesi, creando non poche reciproche diffidenze e interessanti precedenti. A partire dal 1937, l’invasione della Cina contribuisce a ridefinire in forme nuove questi rapporti, non solo perché offre l’immagine chiara della crescente potenza giapponese, ma anche perché avviene in una fase in cui l’Italia, dopo la guerra d’Etiopia, sta procedendo ad un profondo riassetto delle sue relazioni internazionali. L’adesione dell’Italia al Patto Anticomintern al fianco di Germania e Giappone è senza dubbio una delle tappe fondamentali di questo percorso e rappresenta un passaggio fondamentale per comprendere il perché dell’invio nel 1938 di una delegazione del Partito Nazionale Fascista in Estremo Oriente. Il lavoro mostra la complessità di questi rapporti tra spinte verso una politica sempre più agguerrita e ampia e le reali potenzialità dell’Italia che si trova – più per motivi ideologici che per un reale interesse nazionale – come attore all’interno dei grandi equilibri internazionali. La relazione finale della Missione del Partito Nazionale Fascista in Giappone e nel Manciukuò è riprodotta in appendice.File | Dimensione | Formato | |
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