For most of the second half of the 20th century, the Soviet Union controlled Eurasia from central Germany to the Pacific, as far south as the Caucasus and the Hindu Kush. When the Soviet Union collapsed, its western frontier moved east nearly 1000 miles, from the West German border to the Russian border with Belarus. Russian Power has now retreated farther east than it has been in centuries. After the Soviet Union dissolved, Ukraine moved into an alignment with the United States and away from Russia - this was a breaking point in Russian history. The Coup d’État in Ukraine, in February 2014, was the moment when the post-Cold War world genuinely ended for Russia. The Russians saw the events in Ukraine as an attempt by the United States to draw Ukraine into Nato and thereby set the stage for Russian disintegration. If the West had succeeded in dominating Ukraine, Russia would have become indefensible.

Il saggio di Eugenio Di Rienzo, Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale è il tentativo di confrontarsi con la storia presente, riprendendo una tradizione che va da Gioacchino Volpe a Federico Chabod, da Rosario Romeo a Renzo De Felice. Nello sforzo di ricostruire il «cuore antico» del conflitto tra Kiev e Mosca, Di Rienzo ripercorre in primo luogo sinteticamente le tappe fondamentali della storia ucraina dal divorzio dalla Russia medievale, alla dominazione austriaca e zarista, al risveglio del nazionalismo ottocentesco, al primo e al secondo conflitto mondiale, alla Guerra fredda, all’età post-sovietica, al risveglio imperiale della Federazione russa. Per l’autore il brusco cambio di regime avvenuto a Kiev tra le nebbie e le ombre di Majdán Nezaléžnosti è stato considerato dal Cremlino l’ultimo atto di una strategia messa in atto da Stati Uniti e Unione Europea per spingere l’Ucraina nella Nato e quindi per preparare il terreno alla definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza. Dopo aver assistito a questo tentativo di minare le basi geostrategiche della sicurezza russa, Putin è tornato con maggior forza a promuovere un’azione in grado di ricostituire la sfera d’influenza di Mosca nelle regioni dell'ex Unione Sovietica e di dimostrare alla comunità internazionale che l’«Orso russo» possiede ancora artigli affilati che gli consentono di tenere a bada i suoi avversari e di ricattare armi alla mano il debole governo ucraino. Ne è nata una guerra intestina con migliaia di morti, tra militari e civili, nella quale, da una parte e dall’altra, la figura del combattente regolare è stata largamente sostituita da quello irregolare: guerrigliero, terrorista, foreign fighter, contractor. Il lavoro di Di Rienzo, connotato da una non celata simpatia per la Russia, da un pronunciato euroscetticismo e da giudizio assai critico per la politica Usa, può anche essere non del tutto condivisibile. Certo è però che le sue tesi non si distaccano di molto da quelle espresse da Kissinger nel recente saggio World Order (Penguin Press 2014) e da quelle formulate dalla rivista statunitense, «Foreign Affairs», difficilmente sospettabile di nutrire simpatie per il regime di Putin, quando ha affermato che la reazione russa alla sfida dell’occidente era «giustificata e ampiamente prevedibile». Con quella sfida, conclude Di Rienzo, il Dipartimento di Stato ha dato il via a una crisi globale destinata a minare per i prossimi anni la possibilità di costruire un pacifico ordine mondiale. Il progetto elaborato nel 1997 da Zbigniew Brzezinski, nel saggio la Grande Scacchiera, poi ripreso dall’amministrazione Bush e Obama, di estromettere la Russia dal «grande spazio» eurasiatico e di neutralizzare l’«arco di crisi», che si estende dall’Afghanistan, al Medio Oriente, all’Africa settentrionale, grazie all’alleanza con le Potenze sunnite e il sostegno alle cosiddette «primavere arabe», è fallito. Per la prima volta, dopo il 1939, l’Europa si trova sull’orlo dell’abisso di un conflitto che potrebbe svilupparsi all’interno dei suoi confini mentre il modo arabo dal Golfo Persico al Levante fino all’Estremo Oriente è in preda dalla deriva islamista e minacciosi venti di guerra si levano dai Mari della Cina. Ed è proprio in un conflitto sino-americano, prima economico “freddo” e poi strategico “caldo”, che risiede la maggiore minaccia di questi tempi. Non certo nella Russia ormai priva della spinta aggressiva della stagione dalla Cold War, decisa a puntare invece sulla sua collocazione eurasiatica, e quindi non più proiettata nella costruzione di un “Impero” esteso ad occidente dei suoi confini. Una Russia, che secondo Di Rienzo, è oggi disposta a rafforzare i suoi rapporti di buon vicinato con l’Unione Europea, a patto di poter conservare la piena sovranità economico-politica e il suo peculiare modello di vita e di sviluppo.

Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale / DI RIENZO, Pio Eugenio. - STAMPA. - (2015), pp. 1-104.

Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale

DI RIENZO, Pio Eugenio
2015

Abstract

For most of the second half of the 20th century, the Soviet Union controlled Eurasia from central Germany to the Pacific, as far south as the Caucasus and the Hindu Kush. When the Soviet Union collapsed, its western frontier moved east nearly 1000 miles, from the West German border to the Russian border with Belarus. Russian Power has now retreated farther east than it has been in centuries. After the Soviet Union dissolved, Ukraine moved into an alignment with the United States and away from Russia - this was a breaking point in Russian history. The Coup d’État in Ukraine, in February 2014, was the moment when the post-Cold War world genuinely ended for Russia. The Russians saw the events in Ukraine as an attempt by the United States to draw Ukraine into Nato and thereby set the stage for Russian disintegration. If the West had succeeded in dominating Ukraine, Russia would have become indefensible.
2015
9788849843576
Il saggio di Eugenio Di Rienzo, Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale è il tentativo di confrontarsi con la storia presente, riprendendo una tradizione che va da Gioacchino Volpe a Federico Chabod, da Rosario Romeo a Renzo De Felice. Nello sforzo di ricostruire il «cuore antico» del conflitto tra Kiev e Mosca, Di Rienzo ripercorre in primo luogo sinteticamente le tappe fondamentali della storia ucraina dal divorzio dalla Russia medievale, alla dominazione austriaca e zarista, al risveglio del nazionalismo ottocentesco, al primo e al secondo conflitto mondiale, alla Guerra fredda, all’età post-sovietica, al risveglio imperiale della Federazione russa. Per l’autore il brusco cambio di regime avvenuto a Kiev tra le nebbie e le ombre di Majdán Nezaléžnosti è stato considerato dal Cremlino l’ultimo atto di una strategia messa in atto da Stati Uniti e Unione Europea per spingere l’Ucraina nella Nato e quindi per preparare il terreno alla definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza. Dopo aver assistito a questo tentativo di minare le basi geostrategiche della sicurezza russa, Putin è tornato con maggior forza a promuovere un’azione in grado di ricostituire la sfera d’influenza di Mosca nelle regioni dell'ex Unione Sovietica e di dimostrare alla comunità internazionale che l’«Orso russo» possiede ancora artigli affilati che gli consentono di tenere a bada i suoi avversari e di ricattare armi alla mano il debole governo ucraino. Ne è nata una guerra intestina con migliaia di morti, tra militari e civili, nella quale, da una parte e dall’altra, la figura del combattente regolare è stata largamente sostituita da quello irregolare: guerrigliero, terrorista, foreign fighter, contractor. Il lavoro di Di Rienzo, connotato da una non celata simpatia per la Russia, da un pronunciato euroscetticismo e da giudizio assai critico per la politica Usa, può anche essere non del tutto condivisibile. Certo è però che le sue tesi non si distaccano di molto da quelle espresse da Kissinger nel recente saggio World Order (Penguin Press 2014) e da quelle formulate dalla rivista statunitense, «Foreign Affairs», difficilmente sospettabile di nutrire simpatie per il regime di Putin, quando ha affermato che la reazione russa alla sfida dell’occidente era «giustificata e ampiamente prevedibile». Con quella sfida, conclude Di Rienzo, il Dipartimento di Stato ha dato il via a una crisi globale destinata a minare per i prossimi anni la possibilità di costruire un pacifico ordine mondiale. Il progetto elaborato nel 1997 da Zbigniew Brzezinski, nel saggio la Grande Scacchiera, poi ripreso dall’amministrazione Bush e Obama, di estromettere la Russia dal «grande spazio» eurasiatico e di neutralizzare l’«arco di crisi», che si estende dall’Afghanistan, al Medio Oriente, all’Africa settentrionale, grazie all’alleanza con le Potenze sunnite e il sostegno alle cosiddette «primavere arabe», è fallito. Per la prima volta, dopo il 1939, l’Europa si trova sull’orlo dell’abisso di un conflitto che potrebbe svilupparsi all’interno dei suoi confini mentre il modo arabo dal Golfo Persico al Levante fino all’Estremo Oriente è in preda dalla deriva islamista e minacciosi venti di guerra si levano dai Mari della Cina. Ed è proprio in un conflitto sino-americano, prima economico “freddo” e poi strategico “caldo”, che risiede la maggiore minaccia di questi tempi. Non certo nella Russia ormai priva della spinta aggressiva della stagione dalla Cold War, decisa a puntare invece sulla sua collocazione eurasiatica, e quindi non più proiettata nella costruzione di un “Impero” esteso ad occidente dei suoi confini. Una Russia, che secondo Di Rienzo, è oggi disposta a rafforzare i suoi rapporti di buon vicinato con l’Unione Europea, a patto di poter conservare la piena sovranità economico-politica e il suo peculiare modello di vita e di sviluppo.
conflitto russo-ucraino; ordine mondiale; equilibrio internazionale
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale / DI RIENZO, Pio Eugenio. - STAMPA. - (2015), pp. 1-104.
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