The contributions in this section "Looking beyond capitalism" address issues and problems different, at first sight, but deep down they have a common root, which is that of the system globalized economic within which, between the institutions, moves the company. It is interesting to examine the different types of method and approach that the authors use. The current globalization process is the economic social and cultural that, therefore, a much broader meaning than to internationalization, due to the relentless development technology and communications systems which led to the homogenization not only consumer tastes but also the lifestyle of people in the world: it is seen as the birth of a "Global market", where the various market segments are evaluated by companies no longer national but global; it can be stated So that internationalization is a direct consequence of globalization, enterprises in fact, over the years, and with various forms of integration, have exploited the birth

I contributi contenuti in questa sezione “Guardando al di là del capitalismo” affrontano temi e problemi diversi tra loro, ad una prima lettura, ma nel profondo hanno una comune radice che è quella del sistema economico globalizzato all’interno del quale, tra le istituzioni, si muove l’impresa. È interessante esaminare le diverse tipologie di metodo e di approccio che gli autori utilizzano. La globalizzazione attuale è il processo economico sociale e culturale che ha, quindi, un significato molto più ampio rispetto a quello di internazionalizzazione, dovuto all’inarrestabile sviluppo tecnologico e dei sistemi di comunicazione che ha portato alla omogeneizzazione non solo dei gusti dei consumatori ma anche dello stile di vita delle persone nel mondo: si è vista così la nascita di un “mercato globale”, dove i vari segmenti di mercato sono valutati dalle imprese non più a livello nazionale ma mondiale; si può affermare dunque che l'internazionalizzazione è una conseguenza diretta della globalizzazione, le imprese infatti, nel corso degli anni e con diverse forme di integrazione, hanno saputo sfruttare la nascita di questo mercato moltiplicando le opportunità di creare ricchezza. I processi di globalizzazione in atto stanno trasformando profondamente il panorama economico mondiale, scatenando conseguenze che si riversano al livello dei sistemi locali, mettendone in discussione le basi fondanti e le loro storiche traiettorie di sviluppo. I profondi processi in atto nel sistema di produzione internazionale stanno modificando il peso relativo delle economie avanzate in termini di percentuali di esportazione. Introduzione Donatella Strangio 60 OLTRE I CONFINI Si assiste ad una fase di transizione e cambiamento radicale che potrebbe portare ad un modello organizzativo e produttivo al passo coi tempi, in grado cioè di affrontare in modo adeguato le sfide della globalizzazione; in particolare, negli ultimi dieci anni, l'emergere delle economie asiatiche e l'introduzione dell'euro hanno messo in discussione le politiche tradizionali. In particolare, il fenomeno della globalizzazione ha contribuito ai processi di cambiamento nella configurazione dei distretti industriali e nel contempo ha posto con forza crescente l’interrogativo sul futuro dei distretti. Il concetto moderno di distretto fu coniato attorno al 1870 dall'economista inglese Alfred Marshall. Dove tutti vedevano semplici agglomerazioni industriali Marshall era riuscito ad individuare i distretti. Negli anni Sessanta del Novecento un gruppo di economisti italiani evidenziò che in alcune regioni d'Italia, principalmente in Toscana, mentre i settori industriali ad alta intensità di capitale cominciavano a mostrare evidenti segni di debolezza, si stava delineando, contemporaneamente, una particolare “anomalia”, consistente nella fioritura di piccole imprese manifatturiere con crescenti livelli di reddito, occupazione ed esportazione. Queste possedevano un ottimo livello di capacità tecniche, talvolta simile a quello raggiunto dalla grande impresa. Si localizzavano in territori non molto attraenti per la teoria economica ortodossa, usando forme organizzative e commerciali considerate obsolete (conduzione familiare, piccole associazioni e società). Questa dimensione “meso-economica” viene descritta come un sistema a tre livelli: l'apparato produttivo in senso stretto, le istituzioni di collegamento tra l'apparato produttivo e la comunità distrettuale nel suo complesso, il sistema di valori e la sua trasmissione. Per cui un “distretto industriale” può essere definito come un’entità socio territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, in una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali che tendono a compenetrarsi. È quello che emerge dal lavoro di Luca Scialanga (Industrial Clusters in India: productive structure and international economic relations) che adatta questo approccio marshalliano arricchito dalla teoria e dalla metodologia utilizzata per i distretti industriali italiani ad una realtà particolare quale è quella indiana. Lo studioso evidenzia alcune delle caratteristiche dei cluster industriali situati nel subcontinente Introduzione 61 indiano, al fine di definirne la loro particolare struttura produttiva. Inoltre, Scialanga sottolinea l'importanza di canali di accesso ai mercati internazionali al di fuori del sistema produttivo locale nel modellare relazioni industriali locali. Per illustrare questo aspetto viene descritto uno specifico episodio di complementarietà tra i settori tessili indiani e quelli italiani attraverso il caso di Git. Concentrandosi sulla dimensione del commercio internazionale, l’autore suggerisce che l’apparato metodologico del distretto marshalliano ancora fornisce una chiave di lettura per interpretare la dialettica tra il locale e il globale, che è alla base del sistema economico contemporaneo. Il caso di Git dimostra che la strategia competitiva degli attori del mercato internazionale del tessile e dell’abbigliamento ha implicazioni importanti sul fronte della produzione e, di conseguenza, sulla organizzazione del lavoro sociale dei sistemi locali coinvolti nel processo di produzione. Nonostante questo, la società locale del cluster fornisce al sistema produttivo metodi organizzativi originali in modo da reagire a tali impulsi. In altre parole, la specificità della risposta locale alla pressione imposta dal processo di globalizzazione del commercio dipende dalla struttura istituzionale della comunità locale. L'architettura relazionale locale reagisce alle sfide attuali, mantenendo e adattando gli elementi del proprio percorso all’evoluzione storica. L’impresa è al centro anche della disamina del saggio di Alberto Pastore e Ludovica Cesareo (Il fenomeno della contraffazione nella prospettiva del management. Verso un sistema per la brand protection) ma attraverso il fenomeno della contraffazione del marchio. Quali sono le cause e quali le politiche adottate da parte delle imprese per presidiare i propri assets e arginare il fenomeno? L’analisi qualitativa esplorativa condotta dagli Autori sulla contraffazione dal punto di vista delle imprese indaga sulle loro valutazioni al fine di comprenderne le strategie e le politiche che adottano per affrontare questo fenomeno. Il punto di partenza è stata la letteratura esistente su questo tema confrontandone le sue principali determinazioni con il punto di vista delle imprese di marca originali, raccolto attraverso 18 interviste con i responsabili della protezione del marchio e della proprietà intellettuale di importanti imprese del settore fashion. Le imprese sono state selezionate all’interno dei settori che sono maggiormente esposti al fenomeno della contraffazione (numero di sequestri, stima delle perdite dovute al fenomeno) a 62 OLTRE I CONFINI livello europeo negli ultimi anni. Tale disamina ha evidenziato che in un contesto globale, trainato dalla tecnologia e caratterizzato da un ridotto enforcement legislativo, le aziende individuano nella complicità dei consumatori e nella attitudine negativa verso le grandi imprese multinazionali due rilevanti fattori che spiegano la diffusione della contraffazione. Per far fronte a questi elementi, le imprese hanno necessità di costruire un sistema organico di protezione della marca e anti-contraffazione, all’interno del quale sorvegliare strettamente i "legami deboli", vale a dire le catene di approvvigionamento e di distribuzione così come la formazione del personale. Ciò è un rischio per l’impresa dal punto di vista economico ma soprattutto finanziario. Ecco quindi che il contributo al dibattito teorico apportato dal lavoro di Antonio Renzi, Giuseppe Sancetta e Beatrice Orlandi (Equity cost, fattori firm specific e volatilità nei giudizi degli analisti) porta a valutare attentamente il rapporto rischio/rendimento attraverso una disamina delle principali teorie delle analisi rischio/rendimento nell’ambito di tutte quelle valutazioni finanziarie basate su processi di attualizzazione. Come è risaputo, il capitale di rischio e l’autofinanziamento determinano, tempo per tempo, la dimensione dell’equity disponibile per l’impresa, cui corrisponde un costo opportunità del capitale ossia l’equity cost. Il modello rischio più noto e utilizzato è il capital ass pricing model. I limiti del modello sono quelli di essere legato allo scopo per il quale è stato concepito perché nasce per la stima dei rendimenti dei titoli negoziati sui mercati di capitali. Il lavoro contribuisce ad approfondire l’analisi rischio-rendimento, focalizzando in particolare l’attenzione su due aspetti di cui il primo riguarda la relazione tra equity cost e fattori firm specific secondo una prospettiva bottom-up mentre il secondo, la dispersione dei giudizi espressi dagli analisti finanziari, quale driver della dinamica rischio-rendimento in una prospettiva top-down. Questi concetti sono legati a quello della sostenibilità sempre più pressante in un sistema quanto mai globalizzato. E il contributo di Claudio Cecchi (Economics for Sustainability Science: the analysis of changes in public service provision) mette a fuoco una metodologia che possa contribuire alle scienze della sostenibilità nella dimensione economica. A questo riguardo l’economista esamina empiricamente il distretto di Grosseto come esempio pratico di questa politica. L’esercizio che svolge lo studioso sulla fornitura di servizi nel Introduzione 63 sud della Toscana supporta due importanti conclusioni. La prima conclusione riguarda i vantaggi metodologici di utilizzare il modello del NGR (Nicholas Georgescu Roegen). Come Cecchi ha dimostrato in questo lavoro, l'utilizzo dell'approccio innovativo di NGR alleggerisce il cambiamento nell'uso delle risorse naturali e artificiali fatto di fonti e, allo stesso tempo, rivela i flussi di beni e servizi che sono coinvolti nel cambiamento. L'utilizzo del modello di NGR obbliga l’analista di concentrarsi, nello stesso tempo, sui fornitori di servizi e sugli utenti dei servizi. In questo senso, il modello evidenzia la variazione dell'utilizzo delle risorse a seguito della variazione del modo in cui i servizi sono forniti e utilizzati. Inoltre, sottolineando la sua differenza con l'economia tradizionale, il modello enfatizza la variazione dell’utilizzo delle risorse a causa del cambiamento nel comportamento degli utenti. Cecchi sottolinea l'importanza del contributo di Nicholas Georgescu Roegen alla scienza della sostenibilità: la sua teoria risulta completamente integrata nel quadro multidisciplinare di questa scienza ed appare come un metodo che utilizza strumenti economici adeguati.

GUARDANDO AL DI LÀ DEL CAPITALISMO (PARTE II) / Strangio, Donatella. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 59-64. [10.13133/978-88-98533-44-2].

GUARDANDO AL DI LÀ DEL CAPITALISMO (PARTE II)

STRANGIO, Donatella
2014

Abstract

The contributions in this section "Looking beyond capitalism" address issues and problems different, at first sight, but deep down they have a common root, which is that of the system globalized economic within which, between the institutions, moves the company. It is interesting to examine the different types of method and approach that the authors use. The current globalization process is the economic social and cultural that, therefore, a much broader meaning than to internationalization, due to the relentless development technology and communications systems which led to the homogenization not only consumer tastes but also the lifestyle of people in the world: it is seen as the birth of a "Global market", where the various market segments are evaluated by companies no longer national but global; it can be stated So that internationalization is a direct consequence of globalization, enterprises in fact, over the years, and with various forms of integration, have exploited the birth
2014
Oltre i confini. Studi in onore di Giuseppe Burgio
9788898533442
I contributi contenuti in questa sezione “Guardando al di là del capitalismo” affrontano temi e problemi diversi tra loro, ad una prima lettura, ma nel profondo hanno una comune radice che è quella del sistema economico globalizzato all’interno del quale, tra le istituzioni, si muove l’impresa. È interessante esaminare le diverse tipologie di metodo e di approccio che gli autori utilizzano. La globalizzazione attuale è il processo economico sociale e culturale che ha, quindi, un significato molto più ampio rispetto a quello di internazionalizzazione, dovuto all’inarrestabile sviluppo tecnologico e dei sistemi di comunicazione che ha portato alla omogeneizzazione non solo dei gusti dei consumatori ma anche dello stile di vita delle persone nel mondo: si è vista così la nascita di un “mercato globale”, dove i vari segmenti di mercato sono valutati dalle imprese non più a livello nazionale ma mondiale; si può affermare dunque che l'internazionalizzazione è una conseguenza diretta della globalizzazione, le imprese infatti, nel corso degli anni e con diverse forme di integrazione, hanno saputo sfruttare la nascita di questo mercato moltiplicando le opportunità di creare ricchezza. I processi di globalizzazione in atto stanno trasformando profondamente il panorama economico mondiale, scatenando conseguenze che si riversano al livello dei sistemi locali, mettendone in discussione le basi fondanti e le loro storiche traiettorie di sviluppo. I profondi processi in atto nel sistema di produzione internazionale stanno modificando il peso relativo delle economie avanzate in termini di percentuali di esportazione. Introduzione Donatella Strangio 60 OLTRE I CONFINI Si assiste ad una fase di transizione e cambiamento radicale che potrebbe portare ad un modello organizzativo e produttivo al passo coi tempi, in grado cioè di affrontare in modo adeguato le sfide della globalizzazione; in particolare, negli ultimi dieci anni, l'emergere delle economie asiatiche e l'introduzione dell'euro hanno messo in discussione le politiche tradizionali. In particolare, il fenomeno della globalizzazione ha contribuito ai processi di cambiamento nella configurazione dei distretti industriali e nel contempo ha posto con forza crescente l’interrogativo sul futuro dei distretti. Il concetto moderno di distretto fu coniato attorno al 1870 dall'economista inglese Alfred Marshall. Dove tutti vedevano semplici agglomerazioni industriali Marshall era riuscito ad individuare i distretti. Negli anni Sessanta del Novecento un gruppo di economisti italiani evidenziò che in alcune regioni d'Italia, principalmente in Toscana, mentre i settori industriali ad alta intensità di capitale cominciavano a mostrare evidenti segni di debolezza, si stava delineando, contemporaneamente, una particolare “anomalia”, consistente nella fioritura di piccole imprese manifatturiere con crescenti livelli di reddito, occupazione ed esportazione. Queste possedevano un ottimo livello di capacità tecniche, talvolta simile a quello raggiunto dalla grande impresa. Si localizzavano in territori non molto attraenti per la teoria economica ortodossa, usando forme organizzative e commerciali considerate obsolete (conduzione familiare, piccole associazioni e società). Questa dimensione “meso-economica” viene descritta come un sistema a tre livelli: l'apparato produttivo in senso stretto, le istituzioni di collegamento tra l'apparato produttivo e la comunità distrettuale nel suo complesso, il sistema di valori e la sua trasmissione. Per cui un “distretto industriale” può essere definito come un’entità socio territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, in una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali che tendono a compenetrarsi. È quello che emerge dal lavoro di Luca Scialanga (Industrial Clusters in India: productive structure and international economic relations) che adatta questo approccio marshalliano arricchito dalla teoria e dalla metodologia utilizzata per i distretti industriali italiani ad una realtà particolare quale è quella indiana. Lo studioso evidenzia alcune delle caratteristiche dei cluster industriali situati nel subcontinente Introduzione 61 indiano, al fine di definirne la loro particolare struttura produttiva. Inoltre, Scialanga sottolinea l'importanza di canali di accesso ai mercati internazionali al di fuori del sistema produttivo locale nel modellare relazioni industriali locali. Per illustrare questo aspetto viene descritto uno specifico episodio di complementarietà tra i settori tessili indiani e quelli italiani attraverso il caso di Git. Concentrandosi sulla dimensione del commercio internazionale, l’autore suggerisce che l’apparato metodologico del distretto marshalliano ancora fornisce una chiave di lettura per interpretare la dialettica tra il locale e il globale, che è alla base del sistema economico contemporaneo. Il caso di Git dimostra che la strategia competitiva degli attori del mercato internazionale del tessile e dell’abbigliamento ha implicazioni importanti sul fronte della produzione e, di conseguenza, sulla organizzazione del lavoro sociale dei sistemi locali coinvolti nel processo di produzione. Nonostante questo, la società locale del cluster fornisce al sistema produttivo metodi organizzativi originali in modo da reagire a tali impulsi. In altre parole, la specificità della risposta locale alla pressione imposta dal processo di globalizzazione del commercio dipende dalla struttura istituzionale della comunità locale. L'architettura relazionale locale reagisce alle sfide attuali, mantenendo e adattando gli elementi del proprio percorso all’evoluzione storica. L’impresa è al centro anche della disamina del saggio di Alberto Pastore e Ludovica Cesareo (Il fenomeno della contraffazione nella prospettiva del management. Verso un sistema per la brand protection) ma attraverso il fenomeno della contraffazione del marchio. Quali sono le cause e quali le politiche adottate da parte delle imprese per presidiare i propri assets e arginare il fenomeno? L’analisi qualitativa esplorativa condotta dagli Autori sulla contraffazione dal punto di vista delle imprese indaga sulle loro valutazioni al fine di comprenderne le strategie e le politiche che adottano per affrontare questo fenomeno. Il punto di partenza è stata la letteratura esistente su questo tema confrontandone le sue principali determinazioni con il punto di vista delle imprese di marca originali, raccolto attraverso 18 interviste con i responsabili della protezione del marchio e della proprietà intellettuale di importanti imprese del settore fashion. Le imprese sono state selezionate all’interno dei settori che sono maggiormente esposti al fenomeno della contraffazione (numero di sequestri, stima delle perdite dovute al fenomeno) a 62 OLTRE I CONFINI livello europeo negli ultimi anni. Tale disamina ha evidenziato che in un contesto globale, trainato dalla tecnologia e caratterizzato da un ridotto enforcement legislativo, le aziende individuano nella complicità dei consumatori e nella attitudine negativa verso le grandi imprese multinazionali due rilevanti fattori che spiegano la diffusione della contraffazione. Per far fronte a questi elementi, le imprese hanno necessità di costruire un sistema organico di protezione della marca e anti-contraffazione, all’interno del quale sorvegliare strettamente i "legami deboli", vale a dire le catene di approvvigionamento e di distribuzione così come la formazione del personale. Ciò è un rischio per l’impresa dal punto di vista economico ma soprattutto finanziario. Ecco quindi che il contributo al dibattito teorico apportato dal lavoro di Antonio Renzi, Giuseppe Sancetta e Beatrice Orlandi (Equity cost, fattori firm specific e volatilità nei giudizi degli analisti) porta a valutare attentamente il rapporto rischio/rendimento attraverso una disamina delle principali teorie delle analisi rischio/rendimento nell’ambito di tutte quelle valutazioni finanziarie basate su processi di attualizzazione. Come è risaputo, il capitale di rischio e l’autofinanziamento determinano, tempo per tempo, la dimensione dell’equity disponibile per l’impresa, cui corrisponde un costo opportunità del capitale ossia l’equity cost. Il modello rischio più noto e utilizzato è il capital ass pricing model. I limiti del modello sono quelli di essere legato allo scopo per il quale è stato concepito perché nasce per la stima dei rendimenti dei titoli negoziati sui mercati di capitali. Il lavoro contribuisce ad approfondire l’analisi rischio-rendimento, focalizzando in particolare l’attenzione su due aspetti di cui il primo riguarda la relazione tra equity cost e fattori firm specific secondo una prospettiva bottom-up mentre il secondo, la dispersione dei giudizi espressi dagli analisti finanziari, quale driver della dinamica rischio-rendimento in una prospettiva top-down. Questi concetti sono legati a quello della sostenibilità sempre più pressante in un sistema quanto mai globalizzato. E il contributo di Claudio Cecchi (Economics for Sustainability Science: the analysis of changes in public service provision) mette a fuoco una metodologia che possa contribuire alle scienze della sostenibilità nella dimensione economica. A questo riguardo l’economista esamina empiricamente il distretto di Grosseto come esempio pratico di questa politica. L’esercizio che svolge lo studioso sulla fornitura di servizi nel Introduzione 63 sud della Toscana supporta due importanti conclusioni. La prima conclusione riguarda i vantaggi metodologici di utilizzare il modello del NGR (Nicholas Georgescu Roegen). Come Cecchi ha dimostrato in questo lavoro, l'utilizzo dell'approccio innovativo di NGR alleggerisce il cambiamento nell'uso delle risorse naturali e artificiali fatto di fonti e, allo stesso tempo, rivela i flussi di beni e servizi che sono coinvolti nel cambiamento. L'utilizzo del modello di NGR obbliga l’analista di concentrarsi, nello stesso tempo, sui fornitori di servizi e sugli utenti dei servizi. In questo senso, il modello evidenzia la variazione dell'utilizzo delle risorse a seguito della variazione del modo in cui i servizi sono forniti e utilizzati. Inoltre, sottolineando la sua differenza con l'economia tradizionale, il modello enfatizza la variazione dell’utilizzo delle risorse a causa del cambiamento nel comportamento degli utenti. Cecchi sottolinea l'importanza del contributo di Nicholas Georgescu Roegen alla scienza della sostenibilità: la sua teoria risulta completamente integrata nel quadro multidisciplinare di questa scienza ed appare come un metodo che utilizza strumenti economici adeguati.
Capitalismo; Confini; politiche economiche
02 Pubblicazione su volume::02c Prefazione/Postfazione
GUARDANDO AL DI LÀ DEL CAPITALISMO (PARTE II) / Strangio, Donatella. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 59-64. [10.13133/978-88-98533-44-2].
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