Conflitti e partecipazione. L'introduzione esamina il cambiamento delle forme di partecipazione e delle modalità di comunicare la protesta. Per indicare l’emersione di forme di attivismo che si sviluppano dal basso e oltre i confini della politica ufficiale, si fa riferimento - soprattutto a partire dagli anni ’60 – al termine “società civile”, intendendola come «costellazione di forme associative, legittimate dalla loro autonomia, spontaneità e innovazione» (Mastropaolo 2011, 274). Nel linguaggio contemporaneo parlare di società civile significa guardare allo spazio sociale - al di fuori dei «rapporti di potere che caratterizzano le istituzioni statali» (Bobbio 1976) - in cui si possono organizzare le riserve di spirito civico del paese, mobilitandole a favore di determinati interessi (in genere dei più deboli) e in nome di valori di ampio respiro (pace, ambiente, donne). A partire da questa più estesa accezione che oggi ha acquisito l’etichetta di società civile, si intuisce il suo legame con i nuovi movimenti, distinti dai tradizionali movimenti operai, a partire dalla diversità della composizione sociale, dei sistemi di valori, delle logiche organizzative e delle stesse forme della protesta (della Porta 1996, 328; Diani 1995, 343). Sociologi e politologi individuano nei nuovi movimenti l’espressione di istanze e interessi legati soprattutto alle “nuove classi medie”, che nei confronti del sistema politico non hanno trovato risposta e tantomeno rappresentanza (Ladogana e Vaccari 2005, 48). Gruppi sociali tendenzialmente giovani, ad alta scolarità (si pensi ad esempio al movimento dei girotondi) «più ricettivi verso nuove visioni del mondo e in particolare verso sistemi di valori postmaterialisti» (Diani 1995, 352). Non più espressione di una determinata classe e caratterizzati invece da una composizione sociale eterogenea, i movimenti odierni si delineano come attori temporanei, che offrono più spazio alla soggettività personale e meno attenzione ai valori di gruppo. Per questo la possibilità di impegnarsi va di pari passo con quella di disimpegnarsi e ciascuno è libero di scegliere a quale (o quali) gruppo aderire. La partecipazione diviene perciò intermittente e multipla, definita dalla simultanea adesione degli individui a diversi movimenti, che si caratterizzano per lo più come “reti di interazioni informali tra una pluralità di individui, gruppi e organizzazioni, impegnati in conflitti di natura politica e/o culturale, sulla base di una specifica identità collettiva”(Diani 1995, 343).
Introduzione: Conflitti e Partecipazione / Rega, Rossella. - STAMPA. - (2012), pp. 7-33. - CHANGE.
Introduzione: Conflitti e Partecipazione
REGA, Rossella
2012
Abstract
Conflitti e partecipazione. L'introduzione esamina il cambiamento delle forme di partecipazione e delle modalità di comunicare la protesta. Per indicare l’emersione di forme di attivismo che si sviluppano dal basso e oltre i confini della politica ufficiale, si fa riferimento - soprattutto a partire dagli anni ’60 – al termine “società civile”, intendendola come «costellazione di forme associative, legittimate dalla loro autonomia, spontaneità e innovazione» (Mastropaolo 2011, 274). Nel linguaggio contemporaneo parlare di società civile significa guardare allo spazio sociale - al di fuori dei «rapporti di potere che caratterizzano le istituzioni statali» (Bobbio 1976) - in cui si possono organizzare le riserve di spirito civico del paese, mobilitandole a favore di determinati interessi (in genere dei più deboli) e in nome di valori di ampio respiro (pace, ambiente, donne). A partire da questa più estesa accezione che oggi ha acquisito l’etichetta di società civile, si intuisce il suo legame con i nuovi movimenti, distinti dai tradizionali movimenti operai, a partire dalla diversità della composizione sociale, dei sistemi di valori, delle logiche organizzative e delle stesse forme della protesta (della Porta 1996, 328; Diani 1995, 343). Sociologi e politologi individuano nei nuovi movimenti l’espressione di istanze e interessi legati soprattutto alle “nuove classi medie”, che nei confronti del sistema politico non hanno trovato risposta e tantomeno rappresentanza (Ladogana e Vaccari 2005, 48). Gruppi sociali tendenzialmente giovani, ad alta scolarità (si pensi ad esempio al movimento dei girotondi) «più ricettivi verso nuove visioni del mondo e in particolare verso sistemi di valori postmaterialisti» (Diani 1995, 352). Non più espressione di una determinata classe e caratterizzati invece da una composizione sociale eterogenea, i movimenti odierni si delineano come attori temporanei, che offrono più spazio alla soggettività personale e meno attenzione ai valori di gruppo. Per questo la possibilità di impegnarsi va di pari passo con quella di disimpegnarsi e ciascuno è libero di scegliere a quale (o quali) gruppo aderire. La partecipazione diviene perciò intermittente e multipla, definita dalla simultanea adesione degli individui a diversi movimenti, che si caratterizzano per lo più come “reti di interazioni informali tra una pluralità di individui, gruppi e organizzazioni, impegnati in conflitti di natura politica e/o culturale, sulla base di una specifica identità collettiva”(Diani 1995, 343).File | Dimensione | Formato | |
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