The subject of this lecture is centred upon the knowledge, the enhancement and the preservation of cultural heritage, based on the Anglo-Saxon approach, which considers material and immaterial cultural heritage as a form of active and accruable heritage to be passed on to future generations. Objects, from the major to the smallest systems, are considered as ‘tokens of civilisation’, heralds of values linked to history, memory and social life; as well as of symbolic nuances, resulting from metaphorical projections that may not be ascribable to mere technical aspects. Inspired by this vision, in the first part the essay takes as a reference point the methods specific to classic archaeology, to some extent applicable to what has been defined as ‘modern archaeology’, i.e. the study of material remains of the industrial age. It is a field of research that concerns - from micro to macro - a vast heritage: from urban systems to common objects and clothes, well representing the design and anthropological culture of modernity. This approach to design takes as a reference point the biological metaphor applied to the life of things and also encompasses categories of hybrid or handmade objects, overcoming the idea of industrial products being exclusively manufactured by a machine. This is especially the case of Italian design history, which has recently been interpreted as an uninterrupted sequence of traces, of multilinear stories in-between craftsmanship and industry. This special evolution, supported by programmatic ideas that constitute its theoretical standpoint, has been possible through the transmission of an exceptional know-how rooted in the era of the Italian Comuni (a form of local Government that was established in Northern Italy around the 13th century). The ability to draw on the continuity of know-how and to revisit ideas and artefacts reproducing them through a metamorphic process opens the way to the second part of the essay, addressing the study methods of design - classification, functional analysis, evolutionary lines - based on the assumption that there is an analogy between the natural world and the artificial one, and that objects may be studied using the instruments of natural sciences. The classification allows to ‘tidy things up’ by classifying ‘species’ in order to highlight differences and similarities. The morphological method is centred upon the study of objects based on the principles of comparative anatomy, to enable the understanding of functional relations between external and internal forms. The third interpretation concerns the modifications objects have undergone over time, with reference to the doctrine of change, in order to identify the evolution of significant categories of objects. The third part takes as an emblematic point of reference the heritage of objects and architectures from the 1930s, develops issues related to their preservation and wraps up by identifying actions aimed at ‘studying and designing for the cultural heritage’: recognising in order to give meanings and values; acting in order to reuse what can be included in a new life cycle; enhancing through communication, being able to imagine change within a balance between permanence and metamorphosis.
Il tema della Lecture è incentrato sulla conoscenza, la valorizzazione e la tutela dei Beni Culturali, secondo la concezione anglosassone che considera il patrimonio materiale e immateriale come eredità attiva e incrementabile da trasmettere alle generazioni future. Gli oggetti, dai più importanti ai minimi sistemi, sono considerati “testimonianze aventi valore di civiltà”, portatori di valori legati alla storia, alla memoria e alla vita sociale; nonché di patine simboliche, risultato di proiezioni metaforiche non riconducibili a meri aspetti tecnici. A partire da tale visione, nella prima parte il saggio assume come riferimento le metodiche proprie dell’archeologia classica, per taluni aspetti applicabili a quella che è stata definita “archeologia moderna”, ossia lo studio dei resti materiali dell’età industriale. E’ un campo di ricerche che riguarda, dal macro al micro un vasto patrimonio: dai sistemi urbani fino agli oggetti comuni e agli abiti, emblematici della cultura del progetto e antropologica della modernità. Questo approccio al design assume come riferimento la metafora biologica applicata alla vita delle cose e ricomprende anche categorie di oggetti ibridi o fatti a mano secondo una concezione che supera quella del prodotto industriale esclusivamente realizzato a macchina. Ciò è vero soprattutto per la storia del design italiano che è stata di recente interpretata come una sequenza ininterrotta di tracce, di storie multilineari a cavallo tra artigianato e industria. Tale singolare evoluzione, sottesa da idee programmatiche che ne costituiscono il portato teorico, è stata resa possibile dalla trasmissione di un saper fare d’eccezione le cui radici risalgono all’epoca dei Comuni. La capacità di recuperare la continuità dei saperi e di rivisitare le idee e gli artefatti riproponendoli secondo un processo metamorfico, introduce alla seconda parte del saggio dedicata a metodiche di studio del design - la classificazione, l’analisi funzionale, le linee evolutive - basate sul presupposto che esiste un’analogia tra il mondo naturale e quello artificiale e gli oggetti possono essere studiati con gli strumenti delle scienze naturali. La classificazione consente di “mettere ordine” catalogando “le specie” al fine di far emergere differenze e somiglianze. Il metodo morfologico si incentra sullo studio degli oggetti secondo i principi dell’anatomia comparata per far comprendere le relazioni funzionali tra forme esterne e interne. La terza chiave di lettura riguarda l’interpretazione dei cambiamenti subiti nel tempo dagli oggetti facendo riferimento alla dottrina trasformista, con l’obiettivo di conoscere l’evoluzione di significative categorie di oggetti. La terza parte assume come riferimento emblematico il patrimonio di oggetti e architetture degli anni ’30, sviluppa questioni relative alla loro tutela e conclude individuando azioni mirate a “studiare e fare design per i Beni Culturali”: conoscere per attribuire significati e valori; intervenire per recuperare ciò che può essere inserito in un nuovo ciclo di vita; valorizzare attraverso la comunicazione, saper immaginare la trasformazione nel segno di un equilibrio tra permanenza e metamorfosi.
Design e beni culturali. Giacimenti della modernità / DAL FALCO, Federica. - 3(2014), pp. 44-67.
Design e beni culturali. Giacimenti della modernità.
DAL FALCO, Federica
2014
Abstract
Il tema della Lecture è incentrato sulla conoscenza, la valorizzazione e la tutela dei Beni Culturali, secondo la concezione anglosassone che considera il patrimonio materiale e immateriale come eredità attiva e incrementabile da trasmettere alle generazioni future. Gli oggetti, dai più importanti ai minimi sistemi, sono considerati “testimonianze aventi valore di civiltà”, portatori di valori legati alla storia, alla memoria e alla vita sociale; nonché di patine simboliche, risultato di proiezioni metaforiche non riconducibili a meri aspetti tecnici. A partire da tale visione, nella prima parte il saggio assume come riferimento le metodiche proprie dell’archeologia classica, per taluni aspetti applicabili a quella che è stata definita “archeologia moderna”, ossia lo studio dei resti materiali dell’età industriale. E’ un campo di ricerche che riguarda, dal macro al micro un vasto patrimonio: dai sistemi urbani fino agli oggetti comuni e agli abiti, emblematici della cultura del progetto e antropologica della modernità. Questo approccio al design assume come riferimento la metafora biologica applicata alla vita delle cose e ricomprende anche categorie di oggetti ibridi o fatti a mano secondo una concezione che supera quella del prodotto industriale esclusivamente realizzato a macchina. Ciò è vero soprattutto per la storia del design italiano che è stata di recente interpretata come una sequenza ininterrotta di tracce, di storie multilineari a cavallo tra artigianato e industria. Tale singolare evoluzione, sottesa da idee programmatiche che ne costituiscono il portato teorico, è stata resa possibile dalla trasmissione di un saper fare d’eccezione le cui radici risalgono all’epoca dei Comuni. La capacità di recuperare la continuità dei saperi e di rivisitare le idee e gli artefatti riproponendoli secondo un processo metamorfico, introduce alla seconda parte del saggio dedicata a metodiche di studio del design - la classificazione, l’analisi funzionale, le linee evolutive - basate sul presupposto che esiste un’analogia tra il mondo naturale e quello artificiale e gli oggetti possono essere studiati con gli strumenti delle scienze naturali. La classificazione consente di “mettere ordine” catalogando “le specie” al fine di far emergere differenze e somiglianze. Il metodo morfologico si incentra sullo studio degli oggetti secondo i principi dell’anatomia comparata per far comprendere le relazioni funzionali tra forme esterne e interne. La terza chiave di lettura riguarda l’interpretazione dei cambiamenti subiti nel tempo dagli oggetti facendo riferimento alla dottrina trasformista, con l’obiettivo di conoscere l’evoluzione di significative categorie di oggetti. La terza parte assume come riferimento emblematico il patrimonio di oggetti e architetture degli anni ’30, sviluppa questioni relative alla loro tutela e conclude individuando azioni mirate a “studiare e fare design per i Beni Culturali”: conoscere per attribuire significati e valori; intervenire per recuperare ciò che può essere inserito in un nuovo ciclo di vita; valorizzare attraverso la comunicazione, saper immaginare la trasformazione nel segno di un equilibrio tra permanenza e metamorfosi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.