Visar Zhiti (1952), una delle voci più rilevanti della poesia albanese contemporanea, appartiene a quella folta schiera di poeti e scrittori incarcerati durante il regime e condannati al disumano lavoro nelle miniere di rame. La sua colpa fu quella di essere poeta “decadente” e “ermetico” per cui influenzato dall’ideologia “borghese-revisionista” e di conseguenza di essersi messo contro la linea del partito. Ma oggi scrive anche che in Albania “l’unica cosa che si aveva in eredità era la condanna” e il Nostro ebbe questa eredità dal padre. Le sue opere, in poesia e in prosa, sono fra le più tradotte nei Balcani, e silloge antologiche hanno visto la luce in molti paesi Europei e negli U.S.A. Le selezione di poesie tradotte dall’albanese, scritte in cattività e pubblicate solo alla caduta del regime, ha cercato di svolgere, nello spazio editoriale concesso, un percorso umano e poetico della sofferenza che giunge al rifiuto dell’uomo per diventare “fratello” degli animali. La traduzione, sempre difficile per la poesia che a volte diventa interpretazione nella lingua di arrivo, ha voluto mantenere gli importanti momenti della sonorità delle parole, della cadenza dei versi nel loro continuo variare della metrica, e una espressione dei sintagmi il più aderente possibile alla lingua di partenza. Certamente le poche poesie non documentano l’itinerario poetico di Zhiti negli ultimi vent’anni, ma segnano solo la partenza.
Visar Zhiti / Miracco, Elio. - STAMPA. - (2008), pp. 129-136.
Visar Zhiti
MIRACCO, ELIO
2008
Abstract
Visar Zhiti (1952), una delle voci più rilevanti della poesia albanese contemporanea, appartiene a quella folta schiera di poeti e scrittori incarcerati durante il regime e condannati al disumano lavoro nelle miniere di rame. La sua colpa fu quella di essere poeta “decadente” e “ermetico” per cui influenzato dall’ideologia “borghese-revisionista” e di conseguenza di essersi messo contro la linea del partito. Ma oggi scrive anche che in Albania “l’unica cosa che si aveva in eredità era la condanna” e il Nostro ebbe questa eredità dal padre. Le sue opere, in poesia e in prosa, sono fra le più tradotte nei Balcani, e silloge antologiche hanno visto la luce in molti paesi Europei e negli U.S.A. Le selezione di poesie tradotte dall’albanese, scritte in cattività e pubblicate solo alla caduta del regime, ha cercato di svolgere, nello spazio editoriale concesso, un percorso umano e poetico della sofferenza che giunge al rifiuto dell’uomo per diventare “fratello” degli animali. La traduzione, sempre difficile per la poesia che a volte diventa interpretazione nella lingua di arrivo, ha voluto mantenere gli importanti momenti della sonorità delle parole, della cadenza dei versi nel loro continuo variare della metrica, e una espressione dei sintagmi il più aderente possibile alla lingua di partenza. Certamente le poche poesie non documentano l’itinerario poetico di Zhiti negli ultimi vent’anni, ma segnano solo la partenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.