L'antica chiesa di S. Ivo dei Bretoni, le cui origini risalgono probabilmente al VII secolo, quando era nota con il nome di S. Andrea de marmorariis, sorgeva nell'isolato posto fra via della Scrofa e vicolo della Campana, nel Rione Campo Marzio a Roma. Abbandonata fin dal 1824 e in condizioni di avanzato degrado, intorno al 1870 essa si trovò improvvisamente al centro di un rinnovato interesse da parte dei «Pieux Établissements de la France à Rome et à Lorette», proprietari dell'intero isolato e fermamente intenzionati ad accrescerne il valore grazie a una totale riedificazione. Dopo una sintetica ricostruzione delle vicende legate alle trasformazioni ottocentesche realizzate da Luca Carimini, l’articolo si sofferma sul tema del reimpiego, all'interno della nuova fabbrica, di parti o frammenti di quella antica. Se è infatti noto che alcuni capitelli, almeno due fusti di colonna e parte del pavimento cosmatesco, vennero riutilizzati nell'opera di Carimini, poche certezze si hanno su quanti esattamente di questi elementi siano stati effettivamente reimpiegati e con quale criterio. L’indagine, portata avanti facendo interagire i dati derivanti dalla ricerca storica e archivistica con l’analisi e il rilievo diretto della chiesa, coadiuvato da un rilievo laser scanner d’insieme e di dettaglio, ha permesso di avanzare nuove ipotesi in merito al reimpiego dei capitelli, di alcuni fusti di colonna e del pavimento cosmatesco, cercando anche di comprenderne ragioni e finalità in rapporto alle scelte progettuali e agli esiti figurativi.

Un difficile compromesso fra modernità e conservazione: il caso di S.Ivo dei Bretoni a Roma / Docci, Marina. - STAMPA. - 418(2008), pp. 431-442. [10.1400/119568].

Un difficile compromesso fra modernità e conservazione: il caso di S.Ivo dei Bretoni a Roma

DOCCI, Marina
2008

Abstract

L'antica chiesa di S. Ivo dei Bretoni, le cui origini risalgono probabilmente al VII secolo, quando era nota con il nome di S. Andrea de marmorariis, sorgeva nell'isolato posto fra via della Scrofa e vicolo della Campana, nel Rione Campo Marzio a Roma. Abbandonata fin dal 1824 e in condizioni di avanzato degrado, intorno al 1870 essa si trovò improvvisamente al centro di un rinnovato interesse da parte dei «Pieux Établissements de la France à Rome et à Lorette», proprietari dell'intero isolato e fermamente intenzionati ad accrescerne il valore grazie a una totale riedificazione. Dopo una sintetica ricostruzione delle vicende legate alle trasformazioni ottocentesche realizzate da Luca Carimini, l’articolo si sofferma sul tema del reimpiego, all'interno della nuova fabbrica, di parti o frammenti di quella antica. Se è infatti noto che alcuni capitelli, almeno due fusti di colonna e parte del pavimento cosmatesco, vennero riutilizzati nell'opera di Carimini, poche certezze si hanno su quanti esattamente di questi elementi siano stati effettivamente reimpiegati e con quale criterio. L’indagine, portata avanti facendo interagire i dati derivanti dalla ricerca storica e archivistica con l’analisi e il rilievo diretto della chiesa, coadiuvato da un rilievo laser scanner d’insieme e di dettaglio, ha permesso di avanzare nuove ipotesi in merito al reimpiego dei capitelli, di alcuni fusti di colonna e del pavimento cosmatesco, cercando anche di comprenderne ragioni e finalità in rapporto alle scelte progettuali e agli esiti figurativi.
2008
Il reimpiego in architettura. Recupero, trasformazione, uso
9782728308569
roma; storia; sant'ivo dei bretoni; riuso; architettura
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Un difficile compromesso fra modernità e conservazione: il caso di S.Ivo dei Bretoni a Roma / Docci, Marina. - STAMPA. - 418(2008), pp. 431-442. [10.1400/119568].
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