La tesi muove dal riconoscimento dello spazio delle infrastrutture sotterranee (metropolitane, tunnel, etc) come interno per eccellenza che, innervato nel corpo della città esistente e venendo a contatto con i suoi spazi e manufatti, può e deve generare occasioni di interazione virtuosa. In questo senso il rapporto con la stratificazione archeologica di molte città può trasformarsi da interferenza a potenzialità, così come i punti di contatto con la superficie alimentano altrettante potenzialità (e problematiche) sia in relazione con il costruito vero e proprio che con gli spazi urbani; a questo proposito si vedano ad esempio i casi delle nuove linee metro a Roma e delle occasioni quasi mai colte di interazione con lo strato archeologico in corrispondenza delle stazioni, ma anche gli interventi in edifici di valore come la riorganizzazione attuata della stazione Termini o di quella imminente della Centrale di Milano, così come, ancora i casi di Lisbona, o della Liverpool Station a Londra, o Napoli e molti altri, che sollecitano risposte all’esigenza sempre più pressante di rifunzionalizzazione dell’esistente sotto la spinta di nuove esigenze d’uso della città. È facile immaginare quale sarebbe la portata di un tale approccio applicata al sottosuolo di Roma, dove pure sono in corso di realizzazione numerose nuove stazioni che, tuttavia, non sembra riusciranno a cogliere la possibilità offerta dalla stratificazione più ricca al mondo; là dove il rapporto con l’esistente in termini infrastrutturali è stato sempre visto in termini di impaccio e conflittualità, consigliando la linea recessiva della minore interferenza, potrebbe ora trasformarsi in offerta, cercando e riconoscendo tutte le situazioni in grado di attivare le potenzialità di luoghi ignoti e sottratti alla città, come in parte sta già facendo Siza a Napoli sotto il Maschio Angioino, con la stazione Municipio, o Fuksas con la stazione Duomo, e che potrebbe trovare straordinaria applicazione, ad esempio nelle stazioni Colosseo o Venezia della Linea C a Roma, se solo potessero coinvolgere gli strati dei Fori e le cavità del Vittoriano. Esiste dunque tutta una gamma di interni generati da esigenze di mobilità che pone attualissime questioni di scala, di figura, di senso che coinvolgono la dimensione pubblica e urbana dell’esistente, dove l’esistente non è solo un ambiente o un edificio ma la città stessa; sembra perciò opportuno cogliere tutto il valore dell’’infra’, dello stare ‘tra’ qualcosa, riconoscendo tutta la pregnanza dei nuovi interni, e chiedersi se e in che modo potranno mai sostituirsi o mitigare l’assenza o l’insufficienza degli spazi urbani contemporanei.

INTERNI METROPOLITANI. Spazi della mobilità nella città esistente / Lambertucci, Filippo. - STAMPA. - 03(2007), pp. 325-328.

INTERNI METROPOLITANI. Spazi della mobilità nella città esistente

LAMBERTUCCI, FILIPPO
2007

Abstract

La tesi muove dal riconoscimento dello spazio delle infrastrutture sotterranee (metropolitane, tunnel, etc) come interno per eccellenza che, innervato nel corpo della città esistente e venendo a contatto con i suoi spazi e manufatti, può e deve generare occasioni di interazione virtuosa. In questo senso il rapporto con la stratificazione archeologica di molte città può trasformarsi da interferenza a potenzialità, così come i punti di contatto con la superficie alimentano altrettante potenzialità (e problematiche) sia in relazione con il costruito vero e proprio che con gli spazi urbani; a questo proposito si vedano ad esempio i casi delle nuove linee metro a Roma e delle occasioni quasi mai colte di interazione con lo strato archeologico in corrispondenza delle stazioni, ma anche gli interventi in edifici di valore come la riorganizzazione attuata della stazione Termini o di quella imminente della Centrale di Milano, così come, ancora i casi di Lisbona, o della Liverpool Station a Londra, o Napoli e molti altri, che sollecitano risposte all’esigenza sempre più pressante di rifunzionalizzazione dell’esistente sotto la spinta di nuove esigenze d’uso della città. È facile immaginare quale sarebbe la portata di un tale approccio applicata al sottosuolo di Roma, dove pure sono in corso di realizzazione numerose nuove stazioni che, tuttavia, non sembra riusciranno a cogliere la possibilità offerta dalla stratificazione più ricca al mondo; là dove il rapporto con l’esistente in termini infrastrutturali è stato sempre visto in termini di impaccio e conflittualità, consigliando la linea recessiva della minore interferenza, potrebbe ora trasformarsi in offerta, cercando e riconoscendo tutte le situazioni in grado di attivare le potenzialità di luoghi ignoti e sottratti alla città, come in parte sta già facendo Siza a Napoli sotto il Maschio Angioino, con la stazione Municipio, o Fuksas con la stazione Duomo, e che potrebbe trovare straordinaria applicazione, ad esempio nelle stazioni Colosseo o Venezia della Linea C a Roma, se solo potessero coinvolgere gli strati dei Fori e le cavità del Vittoriano. Esiste dunque tutta una gamma di interni generati da esigenze di mobilità che pone attualissime questioni di scala, di figura, di senso che coinvolgono la dimensione pubblica e urbana dell’esistente, dove l’esistente non è solo un ambiente o un edificio ma la città stessa; sembra perciò opportuno cogliere tutto il valore dell’’infra’, dello stare ‘tra’ qualcosa, riconoscendo tutta la pregnanza dei nuovi interni, e chiedersi se e in che modo potranno mai sostituirsi o mitigare l’assenza o l’insufficienza degli spazi urbani contemporanei.
2007
Gli interni nel progetto sull'esistente
9788871155616
interiors; infrastructure; urban design
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
INTERNI METROPOLITANI. Spazi della mobilità nella città esistente / Lambertucci, Filippo. - STAMPA. - 03(2007), pp. 325-328.
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