L’ottica antica associa da sempre in maniera indissolubile fenomeno visivo e fenomeno luminoso. Lo stretto legame tra luce e visione - legame che oggi appare imprescindibile - costituisce una di quelle splendide ed eterne associazioni compiute dall’antichità per dar ragione di fenomeni fisici che altrimenti sarebbero apparsi difficilmente controllabili. Poiché l’Ottica di Euclide rappresenta il più antico trattato sulla visione giunto fino a noi è proprio al suo autore e alla sua limpida schematizzazione che dobbiamo la prima trattazione in parallelo dei due fenomeni. Nell’impostazione prettamente geometrica con cui Euclide affronta la materia e nel parallelismo continuo tra raggi visivi e raggi luminosi si è creduto di poter individuare il primo e più lontano riferimento per la formulazione quattrocentesca della teoria prospettica lineare. Il cono visivo euclideo può, di fatto, risultare sovrapponibile alla piramide visiva definita dall’Alberti nella prima metà del Quattrocento, ma questa osservazione non sembra di per sé sufficiente a spiegare l’arte pittorica del nostro Rinascimento. Il Rinascimento non limita il fenomeno prospettico ad una razionalizzazione geometrica, non risolve il problema della formazione delle immagini prospettiche nei termini meccanici di un marcar punti. Nel Quattrocento il rapporto tra immagine e visione è affidato (forse dovremmo dire ri-affidato) alla sensibilità dei pittori, che, per indole e formazione, non possono non fare di luce e colore materia di indagine approfondita. Se pure il parallelo tra Euclide e la codifica prospettica rivela tutta la sua efficacia su un piano strettamente meccanico resta da chiedersi cosa ci sia tra la visione geometrica euclidea e la sensibilità pittorica di Leonardo e della sua prospettiva de’ perdimenti e de’ colori. Di fatto, appare evidente come il colore risulti del tutto assente nell’approccio euclideo né è possibile trovare nell’Ottica - che pure associa alla trattazione della scienza della visione l’indagine relativa agli inganni della vista - alcun riscontro di un confronto con il fare artistico del pittore. Sarà Tolomeo, quattro secoli più tardi, a mostrare, in ambito scientifico, un notevole ed esplicito interesse nei confronti dello stretto legame tra luce, visione e colore e a riferire in maniera esplicita tutto ciò all’arte pittorica. Con l’Ottica di Tolomeo il trattato sulla visione mostra un decisivo ampliamento di orizzonti che risulterà determinante nel passaggio dei contenuti propri dell’ottica come scienza alle formulazioni teoriche dell’arte del nostro Rinascimento, o, se si vuole, alla ‘scienza della pittura’ di cui tratta Leonardo. Nel II secolo d.C., con il suo interesse per gli aspetti fisiologici e psicologici oltre che geometrici del vedere, Tolomeo torna ad assegnare a luce e colore quella centralità che la razionalità scientifica di Euclide aveva loro negato, arrivando ad individuare nell’appartenenza ad un medesimo genere (il genere luminoso) la stretta parentela che lega luce e flusso visivo al colore. Ma un’anticipazione del ruolo del colore nel rapporto tra luce e visione e tra percezione e immagine pittorica può essere individuata già a metà strada tra Euclide e Tolomeo, e, in particolare, nell’opera di Lucrezio.

Qualcosa di luminoso e qualcosa di opaco. Dalla luce all'immagine attraverso il colore / Carlevaris, Anna Laura. - STAMPA. - (2004), pp. 1-6.

Qualcosa di luminoso e qualcosa di opaco. Dalla luce all'immagine attraverso il colore

CARLEVARIS, Anna Laura
2004

Abstract

L’ottica antica associa da sempre in maniera indissolubile fenomeno visivo e fenomeno luminoso. Lo stretto legame tra luce e visione - legame che oggi appare imprescindibile - costituisce una di quelle splendide ed eterne associazioni compiute dall’antichità per dar ragione di fenomeni fisici che altrimenti sarebbero apparsi difficilmente controllabili. Poiché l’Ottica di Euclide rappresenta il più antico trattato sulla visione giunto fino a noi è proprio al suo autore e alla sua limpida schematizzazione che dobbiamo la prima trattazione in parallelo dei due fenomeni. Nell’impostazione prettamente geometrica con cui Euclide affronta la materia e nel parallelismo continuo tra raggi visivi e raggi luminosi si è creduto di poter individuare il primo e più lontano riferimento per la formulazione quattrocentesca della teoria prospettica lineare. Il cono visivo euclideo può, di fatto, risultare sovrapponibile alla piramide visiva definita dall’Alberti nella prima metà del Quattrocento, ma questa osservazione non sembra di per sé sufficiente a spiegare l’arte pittorica del nostro Rinascimento. Il Rinascimento non limita il fenomeno prospettico ad una razionalizzazione geometrica, non risolve il problema della formazione delle immagini prospettiche nei termini meccanici di un marcar punti. Nel Quattrocento il rapporto tra immagine e visione è affidato (forse dovremmo dire ri-affidato) alla sensibilità dei pittori, che, per indole e formazione, non possono non fare di luce e colore materia di indagine approfondita. Se pure il parallelo tra Euclide e la codifica prospettica rivela tutta la sua efficacia su un piano strettamente meccanico resta da chiedersi cosa ci sia tra la visione geometrica euclidea e la sensibilità pittorica di Leonardo e della sua prospettiva de’ perdimenti e de’ colori. Di fatto, appare evidente come il colore risulti del tutto assente nell’approccio euclideo né è possibile trovare nell’Ottica - che pure associa alla trattazione della scienza della visione l’indagine relativa agli inganni della vista - alcun riscontro di un confronto con il fare artistico del pittore. Sarà Tolomeo, quattro secoli più tardi, a mostrare, in ambito scientifico, un notevole ed esplicito interesse nei confronti dello stretto legame tra luce, visione e colore e a riferire in maniera esplicita tutto ciò all’arte pittorica. Con l’Ottica di Tolomeo il trattato sulla visione mostra un decisivo ampliamento di orizzonti che risulterà determinante nel passaggio dei contenuti propri dell’ottica come scienza alle formulazioni teoriche dell’arte del nostro Rinascimento, o, se si vuole, alla ‘scienza della pittura’ di cui tratta Leonardo. Nel II secolo d.C., con il suo interesse per gli aspetti fisiologici e psicologici oltre che geometrici del vedere, Tolomeo torna ad assegnare a luce e colore quella centralità che la razionalità scientifica di Euclide aveva loro negato, arrivando ad individuare nell’appartenenza ad un medesimo genere (il genere luminoso) la stretta parentela che lega luce e flusso visivo al colore. Ma un’anticipazione del ruolo del colore nel rapporto tra luce e visione e tra percezione e immagine pittorica può essere individuata già a metà strada tra Euclide e Tolomeo, e, in particolare, nell’opera di Lucrezio.
2004
Tra luce e ombra
9788871154176
Luce; ombra; visione; ottica antica; prospettiva; Rinascimento Light; shadows; vision; ancient optics; perspective; Renaissance
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Qualcosa di luminoso e qualcosa di opaco. Dalla luce all'immagine attraverso il colore / Carlevaris, Anna Laura. - STAMPA. - (2004), pp. 1-6.
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