Le proteste contro gli interventi di trasformazione del territorio vengono abitualmente identificate attraverso una serie di acronimi, molti dei quali connotati negativamente, tra cui, il più conosciuto è certamente Nimby (Not In My Back Yard). Se l’origine del fenomeno (che inizia a manifestarsi innanzitutto in Gran Bretagna) è strettamente legata ai processi di industrializzazione e urbanizzazione che interessano i diversi paesi, accompagnati di solito dalla realizzazione di grandi infrastrutture, l’uso della definizione di “sindrome Nimby” risponde più che altro all’esigenza di fornire una facile spiegazione del rifiuto posto da alcune comunità dinanzi alle decisioni di localizzare determinati impianti ed opere nel proprio territorio. Alla base di questo rifiuto si identificano una serie di motivazioni per lo più egoistiche, legate al particolarismo e al localismo emergente in molte realtà italiane ed europee (Bobbio e Zeppatella, 1999). L’oggetto di questo volume, dunque, è proprio il tema dei conflitti ambientali, che sebbene non rappresenti un argomento del tutto originale, è anche vero che fino a oggi è stato affrontato soprattutto da un’angolazione politologica, attraverso lo sguardo di pianificatori sociali, politologi e sociologi interessati a comprenderne innanzitutto gli interrogativi posti sul piano delle modalità politico decisionali. La nostra proposta è di ampliare la prospettiva di studio sottesa a questo genere di conflittualità, assegnando un ruolo strategico alla comunicazione nel favorire la governabilità di un territorio e dunque la prevenzione stessa delle proteste. Servendoci dei dati emersi da alcune indagini sul campo (in particolare i conflitti di Scanzano Jonico, di Civitavecchia e di Porto Empedocle), proponiamo una lettura circostanziata ed ampia della questione, che si fonda sulla consapevolezza di quanto siano complesse le dinamiche in gioco nei diversi contesti, rispetto ai quali, infatti, non esiste una ricetta di immediata applicazione. D’altronde ogni volta che a livello nazionale sono state decise delle politiche di intervento e di sviluppo di un territorio, che prevedevano la realizzazione di nuove infrastrutture, si è immediatamente posto l’interrogativo di come gestire la contrapposizione di interessi. Da una parte quelli riconducibili al cosiddetto interesse nazionale, che solitamente si fa portavoce di esigenze riguardanti la modernizzazione del Paese, la sua autosufficienza energetica, l’investimento nelle fonti rinnovabili come pure nell’alta velocità dei trasporti. Dall’altra gli interessi delle comunità locali, che nell’assumere posizioni di contrarietà verso i nuovi impianti, portano in realtà all’attenzione problematiche più complesse: in molti casi la protesta si rivela come una manifestazione in superficie di sentimenti e ferite più profonde, legate all’esistenza di malesseri radicati nella storia di quel territorio, amplificati da un’erosione del collante sociale e della fiducia nei confronti della rappresentanza politica. L’insieme di queste tensioni ci consegna un compito non semplice come studiosi, quello di ricostruire le varie tessere del mosaico e di fornire, attraverso un approccio multidisciplinare, strumenti e chiavi di lettura efficaci all’interpretazione dei conflitti territoriali ambientali. L’intento di questo volume è proprio di mettere a disposizione del lettore una sorta di cassetta degli attrezzi, rappresentata dalle diverse competenze di cui si avvale l’Osservatorio Cambio di Sapienza Università di Roma (che riunisce al suo interno sociologi del territorio, mass mediologi, politologi ed esperti di ambiente e sostenibilità), per elaborare un modello analisi dei conflitti e proporre delle linee guida idonee a una loro gestione. Attraverso un approccio fondato sulla ricerca empirica portata avanti dall’Osservatorio nei sei anni dalla sua nascita (nel marzo 2006), le diverse parti del volume intrecciano “ricerca” e “teoria”, passando attraverso tre macro livelli: il territorio, i mass media, le politiche. La prima sezione del volume – “La città: le chiavi interpretative” – affronta il tema del rapporto tra tessuto sociale, politica locale e promotori dell’opera, usando come caso di studio il conflitto determinatosi a Civitavecchia in seguito alla decisione di Enel (nel 2002-2003) di riaprire la centrale elettrica, riconvertendola a carbone . Segue, nella seconda parte – Nel cortile dei media – lo studio delle rappresentazioni mediali del conflitto attraverso l’esame delle proteste delle popolazioni locali a Civitavecchia e a Scanzano Jonico, località indicata nel 2003 come deposito nazionale di scorie nucleari; la terza parte, infine, traccia un’analisi delle dinamiche decisionali dei conflitti ambientali, osservando il conflitto determinatosi nel 2007 a causa del rigassificatore di Porto Empedocle e quelli esplosi in altri contesti italiani.
Conflitti insostenibili. Media, società civile e politiche nelle controversie ambientali / Rega, Rossella; Caramis, A.. - (2012), pp. 1-346. [10.4458/9490]
Conflitti insostenibili. Media, società civile e politiche nelle controversie ambientali
REGA, Rossella;
2012
Abstract
Le proteste contro gli interventi di trasformazione del territorio vengono abitualmente identificate attraverso una serie di acronimi, molti dei quali connotati negativamente, tra cui, il più conosciuto è certamente Nimby (Not In My Back Yard). Se l’origine del fenomeno (che inizia a manifestarsi innanzitutto in Gran Bretagna) è strettamente legata ai processi di industrializzazione e urbanizzazione che interessano i diversi paesi, accompagnati di solito dalla realizzazione di grandi infrastrutture, l’uso della definizione di “sindrome Nimby” risponde più che altro all’esigenza di fornire una facile spiegazione del rifiuto posto da alcune comunità dinanzi alle decisioni di localizzare determinati impianti ed opere nel proprio territorio. Alla base di questo rifiuto si identificano una serie di motivazioni per lo più egoistiche, legate al particolarismo e al localismo emergente in molte realtà italiane ed europee (Bobbio e Zeppatella, 1999). L’oggetto di questo volume, dunque, è proprio il tema dei conflitti ambientali, che sebbene non rappresenti un argomento del tutto originale, è anche vero che fino a oggi è stato affrontato soprattutto da un’angolazione politologica, attraverso lo sguardo di pianificatori sociali, politologi e sociologi interessati a comprenderne innanzitutto gli interrogativi posti sul piano delle modalità politico decisionali. La nostra proposta è di ampliare la prospettiva di studio sottesa a questo genere di conflittualità, assegnando un ruolo strategico alla comunicazione nel favorire la governabilità di un territorio e dunque la prevenzione stessa delle proteste. Servendoci dei dati emersi da alcune indagini sul campo (in particolare i conflitti di Scanzano Jonico, di Civitavecchia e di Porto Empedocle), proponiamo una lettura circostanziata ed ampia della questione, che si fonda sulla consapevolezza di quanto siano complesse le dinamiche in gioco nei diversi contesti, rispetto ai quali, infatti, non esiste una ricetta di immediata applicazione. D’altronde ogni volta che a livello nazionale sono state decise delle politiche di intervento e di sviluppo di un territorio, che prevedevano la realizzazione di nuove infrastrutture, si è immediatamente posto l’interrogativo di come gestire la contrapposizione di interessi. Da una parte quelli riconducibili al cosiddetto interesse nazionale, che solitamente si fa portavoce di esigenze riguardanti la modernizzazione del Paese, la sua autosufficienza energetica, l’investimento nelle fonti rinnovabili come pure nell’alta velocità dei trasporti. Dall’altra gli interessi delle comunità locali, che nell’assumere posizioni di contrarietà verso i nuovi impianti, portano in realtà all’attenzione problematiche più complesse: in molti casi la protesta si rivela come una manifestazione in superficie di sentimenti e ferite più profonde, legate all’esistenza di malesseri radicati nella storia di quel territorio, amplificati da un’erosione del collante sociale e della fiducia nei confronti della rappresentanza politica. L’insieme di queste tensioni ci consegna un compito non semplice come studiosi, quello di ricostruire le varie tessere del mosaico e di fornire, attraverso un approccio multidisciplinare, strumenti e chiavi di lettura efficaci all’interpretazione dei conflitti territoriali ambientali. L’intento di questo volume è proprio di mettere a disposizione del lettore una sorta di cassetta degli attrezzi, rappresentata dalle diverse competenze di cui si avvale l’Osservatorio Cambio di Sapienza Università di Roma (che riunisce al suo interno sociologi del territorio, mass mediologi, politologi ed esperti di ambiente e sostenibilità), per elaborare un modello analisi dei conflitti e proporre delle linee guida idonee a una loro gestione. Attraverso un approccio fondato sulla ricerca empirica portata avanti dall’Osservatorio nei sei anni dalla sua nascita (nel marzo 2006), le diverse parti del volume intrecciano “ricerca” e “teoria”, passando attraverso tre macro livelli: il territorio, i mass media, le politiche. La prima sezione del volume – “La città: le chiavi interpretative” – affronta il tema del rapporto tra tessuto sociale, politica locale e promotori dell’opera, usando come caso di studio il conflitto determinatosi a Civitavecchia in seguito alla decisione di Enel (nel 2002-2003) di riaprire la centrale elettrica, riconvertendola a carbone . Segue, nella seconda parte – Nel cortile dei media – lo studio delle rappresentazioni mediali del conflitto attraverso l’esame delle proteste delle popolazioni locali a Civitavecchia e a Scanzano Jonico, località indicata nel 2003 come deposito nazionale di scorie nucleari; la terza parte, infine, traccia un’analisi delle dinamiche decisionali dei conflitti ambientali, osservando il conflitto determinatosi nel 2007 a causa del rigassificatore di Porto Empedocle e quelli esplosi in altri contesti italiani.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.