L’indagine muove da un ampio lavoro di ricerca, portato avanti dalla candidata in questi anni, che analizza la comunicazione di guerra e la sua evoluzione in relazione ai mutati scenari politici, comunicativi e tecnologici. La tesi si focalizza sui linguaggi della guerra della classe politica italiana: su come l’uomo politico abbia rinegoziato le proprie convinzioni, idee, universi simbolici e valoriali nei confronti dell’attuale fase di guerra permanente e, contestualmente, come li abbia tradotti per l’opinione pubblica (scelte verbali e argomentative, frame interpretativi e simbolici, stereotipi utilizzati, retoriche, etc.). Un contributo di grande interesse per la ricerca sociologica e comunicativa, condotto con ricchezza di strumenti e di prospettive. Lo studio inquadra le “emergenze” internazionali nel frame della complessa interazione tra forze politiche, media e opinione pubblica. Dopo una delimitazione teorica del fenomeno, finalizzata a precisare i meccanismi di influenza e di reciprocità esistenti fra i tre attori individuati, la ricerca si è centrata sul ruolo assunto nell’arena dei conflitti da parte delle forze politiche, nella duplice funzione di decisori e comunicatori. La candidata ha indagato in primo luogo il rapporto tra politica estera e democrazie, che comporta una riflessione sul peso esercitato dall’opinione pubblica nazionale (e dai cicli elettorali) negli affari esteri degli Stati, sulla “supposta” riluttanza delle democrazie a utilizzare il dispositivo della guerra preventiva e sull’ipotesi di una loro tendenza a privilegiare lo strumento diplomatico e il ricorso agli istituti internazionali (Onu) nella risoluzione delle controversie internazionali. Una seconda dimensione conoscitiva riguarda la riconfigurazione del rapporto tra guerra e pace, ovvero come la classe politica interpreti e ridefinisca tale relazione nel quadro delle guerre globali contemporanee. Dal momento in cui l’uso della forza si delinea come mezzo ordinario dell’azione politica e che la realizzazione di finalità positive sembra legata sempre più frequentemente a un ricorso alla violenza, si pone per la leadership anche un problema etico, sollevato proprio dal contrasto tra la efferatezza della guerra e l’indulgenza delle sue finalità. A partire da questa considerazione si affronta anche la relazione esistente tra la dimensione professionale e la dimensione più propriamente umana dell’attività politica - in altri termini, il rapporto tra il “politico di professione” e l’“uomo” – con l’obiettivo di comprendere come sia stato vissuto dai leader politici il conflitto morale, il contrasto dunque tra la violenza della guerra e i suoi obiettivi di “pacificazione”. Esplorando le interpretazioni, i giudizi e i sentimenti della classe politica di fronte al conflitto in Iraq, il fenomeno è stato studiato attraverso l’indagine su un panel di leader italiani, integrando tra loro tecniche di ricerca qualitative e quantitative. Accanto allo strumento delle interviste a testimoni privilegiati - agli esponenti politici resisi disponibili - sono stati analizzati i discorsi sulla guerra pronunciati dai leader osservati, selezionandoli all’interno di tre differenti spazi comunicativi, ciascuno dei quali legato a un determinato livello di formalità: dichiarazioni attraverso i quotidiani, discorsi pronunciati nelle sedute parlamentari e interventi pubblici nell’ambito di due talk show televisivi. Il repertorio di tecniche di analisi statistico testuale (Lexico, Taltac, Spad) utilizzato dalla candidata rimanda a un’ottima padronanza della ricerca empirica, tale da metterla nella condizione di ricostruire il “racconto” sulla guerra elaborato dai leader politici italiani

Guerra, media e politica. Il conflitto in Iraq nei linguaggi dei leader politici / Rega, Rossella. - STAMPA. - (2008), pp. 1-236.

Guerra, media e politica. Il conflitto in Iraq nei linguaggi dei leader politici

REGA, Rossella
2008

Abstract

L’indagine muove da un ampio lavoro di ricerca, portato avanti dalla candidata in questi anni, che analizza la comunicazione di guerra e la sua evoluzione in relazione ai mutati scenari politici, comunicativi e tecnologici. La tesi si focalizza sui linguaggi della guerra della classe politica italiana: su come l’uomo politico abbia rinegoziato le proprie convinzioni, idee, universi simbolici e valoriali nei confronti dell’attuale fase di guerra permanente e, contestualmente, come li abbia tradotti per l’opinione pubblica (scelte verbali e argomentative, frame interpretativi e simbolici, stereotipi utilizzati, retoriche, etc.). Un contributo di grande interesse per la ricerca sociologica e comunicativa, condotto con ricchezza di strumenti e di prospettive. Lo studio inquadra le “emergenze” internazionali nel frame della complessa interazione tra forze politiche, media e opinione pubblica. Dopo una delimitazione teorica del fenomeno, finalizzata a precisare i meccanismi di influenza e di reciprocità esistenti fra i tre attori individuati, la ricerca si è centrata sul ruolo assunto nell’arena dei conflitti da parte delle forze politiche, nella duplice funzione di decisori e comunicatori. La candidata ha indagato in primo luogo il rapporto tra politica estera e democrazie, che comporta una riflessione sul peso esercitato dall’opinione pubblica nazionale (e dai cicli elettorali) negli affari esteri degli Stati, sulla “supposta” riluttanza delle democrazie a utilizzare il dispositivo della guerra preventiva e sull’ipotesi di una loro tendenza a privilegiare lo strumento diplomatico e il ricorso agli istituti internazionali (Onu) nella risoluzione delle controversie internazionali. Una seconda dimensione conoscitiva riguarda la riconfigurazione del rapporto tra guerra e pace, ovvero come la classe politica interpreti e ridefinisca tale relazione nel quadro delle guerre globali contemporanee. Dal momento in cui l’uso della forza si delinea come mezzo ordinario dell’azione politica e che la realizzazione di finalità positive sembra legata sempre più frequentemente a un ricorso alla violenza, si pone per la leadership anche un problema etico, sollevato proprio dal contrasto tra la efferatezza della guerra e l’indulgenza delle sue finalità. A partire da questa considerazione si affronta anche la relazione esistente tra la dimensione professionale e la dimensione più propriamente umana dell’attività politica - in altri termini, il rapporto tra il “politico di professione” e l’“uomo” – con l’obiettivo di comprendere come sia stato vissuto dai leader politici il conflitto morale, il contrasto dunque tra la violenza della guerra e i suoi obiettivi di “pacificazione”. Esplorando le interpretazioni, i giudizi e i sentimenti della classe politica di fronte al conflitto in Iraq, il fenomeno è stato studiato attraverso l’indagine su un panel di leader italiani, integrando tra loro tecniche di ricerca qualitative e quantitative. Accanto allo strumento delle interviste a testimoni privilegiati - agli esponenti politici resisi disponibili - sono stati analizzati i discorsi sulla guerra pronunciati dai leader osservati, selezionandoli all’interno di tre differenti spazi comunicativi, ciascuno dei quali legato a un determinato livello di formalità: dichiarazioni attraverso i quotidiani, discorsi pronunciati nelle sedute parlamentari e interventi pubblici nell’ambito di due talk show televisivi. Il repertorio di tecniche di analisi statistico testuale (Lexico, Taltac, Spad) utilizzato dalla candidata rimanda a un’ottima padronanza della ricerca empirica, tale da metterla nella condizione di ricostruire il “racconto” sulla guerra elaborato dai leader politici italiani
2008
978-88-88764-94-8
Mass Media; Linguaggi Politici; Comunicazione Politica
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Guerra, media e politica. Il conflitto in Iraq nei linguaggi dei leader politici / Rega, Rossella. - STAMPA. - (2008), pp. 1-236.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/575188
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