A partire dalla radicale filosofia di Leonardo Ricci, dalla sua ricerca dell'anonimato e dall'abbandono dei miti e maestri del XX secolo, il saggio descrive il fluire della sua creatività progettuale, capace di tradurre l’utopia dell’immaginazione in un concreto modo alternativo di vivere. L’idea di architettura comunitaria, organica e integrata alla terra, è valutata come una “pratica con(tro) la tecnica”, in quanto quest’ultima solo se è pienamente padroneggiata dall’architetto, e mai accettata come finalità prevaricatrice, può diventare strumento capace di trasferire l’immaginario in un realtà nuova, responsabile, persino portatrice di felicità. In un confronto diretto tra pensiero e opere, emergono i significati della poetica di Ricci attraverso l'analisi dei villaggi comunitari di Agàpe a Prali, di Monte degli Olivi a Riesi – costruiti dall’architetto per il Pastore valdese Tullio Vinay – e di Monterinaldi (Fiesole), fino alla casa ivi costruita per sé. Il tentativo di Ricci è di ritornare all’essenza dello stare al mondo in relazione diretta con le cose, in un rapporto primordiale, debitore anche alla corrente esistenzialista conosciuta direttamente nell’esperienza parigina. Ne consegue la rivalutazione della matericità originaria di elementi architettonici, quale il muro fatto di pietrame grezzo o le superfici in cemento lavorate a mano, la stessa aria e la luce che avvolgono o penetrano gli edifici. Plasmati in forme che sprigionano una sorprendente creatività, essi sono ricondotti così alle loro funzioni originarie: stare insieme, vivere in modo naturale, lo spazio attivo e riposante della vita familiare. Nuova umanità, forma, spazio, tecnica, terra e architettura fusi gli uni negli altri.
Premio Bruno Zevi per un saggio storico critico / Ghia, MARIA CLARA. - (2011).
Premio Bruno Zevi per un saggio storico critico
GHIA, MARIA CLARA
2011
Abstract
A partire dalla radicale filosofia di Leonardo Ricci, dalla sua ricerca dell'anonimato e dall'abbandono dei miti e maestri del XX secolo, il saggio descrive il fluire della sua creatività progettuale, capace di tradurre l’utopia dell’immaginazione in un concreto modo alternativo di vivere. L’idea di architettura comunitaria, organica e integrata alla terra, è valutata come una “pratica con(tro) la tecnica”, in quanto quest’ultima solo se è pienamente padroneggiata dall’architetto, e mai accettata come finalità prevaricatrice, può diventare strumento capace di trasferire l’immaginario in un realtà nuova, responsabile, persino portatrice di felicità. In un confronto diretto tra pensiero e opere, emergono i significati della poetica di Ricci attraverso l'analisi dei villaggi comunitari di Agàpe a Prali, di Monte degli Olivi a Riesi – costruiti dall’architetto per il Pastore valdese Tullio Vinay – e di Monterinaldi (Fiesole), fino alla casa ivi costruita per sé. Il tentativo di Ricci è di ritornare all’essenza dello stare al mondo in relazione diretta con le cose, in un rapporto primordiale, debitore anche alla corrente esistenzialista conosciuta direttamente nell’esperienza parigina. Ne consegue la rivalutazione della matericità originaria di elementi architettonici, quale il muro fatto di pietrame grezzo o le superfici in cemento lavorate a mano, la stessa aria e la luce che avvolgono o penetrano gli edifici. Plasmati in forme che sprigionano una sorprendente creatività, essi sono ricondotti così alle loro funzioni originarie: stare insieme, vivere in modo naturale, lo spazio attivo e riposante della vita familiare. Nuova umanità, forma, spazio, tecnica, terra e architettura fusi gli uni negli altri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.