Il processo di avvicinamento all’assetto finale del progetto non procede in linea retta attraverso un determinismo non verificabile analisi-ideazione, così come, all’interno della fase analitica, l’approccio attraverso scale progressivamente più ravvicinate non garantisce il risultato più corretto. Acquisire consapevolezza degli spazi perciò, in quanto atto ermeneutica primario, significa anche arrivare a conoscere e ri-conoscere le proprietà di quello che sarà il risultato finale, cioè le proprietà dello spazio costruito: non dell’oggetto costruito ma, per l’appunto, dello spazio, il che presuppone il punto di vista di un osservatore che non frappone una distanza intellettuale ma è immerso nello spazio fisico. Anche nel caso degli assunti spaziali più astratti qualcuno vi camminerà dentro e non potrà fare a meno di avvertire anche la riuscita dei rapporti, delle proporzioni, delle sequenze, muovendosi lungo quei tragitti che lo spazio stesso renderà possibili. Come progettisti è necessario saper riconoscere come ottenere quelli che già Boullèe chiama gli “effetti spaziali”, quei caratteri che ci spingono a muoverci, comportarci, reagire, interagire, vivere in un certo modo quando ci confrontiamo con un determinato spazio. Prima di arrivare a comporre un linguaggio si dovranno riconoscere gli elementi che concorreranno a definirlo; se si escludono i fattori “sovrastrutturali” legati allo spirito del tempo, alle espressioni stilistiche, alle limitazioni o alla retorica delle tecniche, è possibile isolare dei nuclei primari intorno a cui ruota perennemente la ricerca di senso dello spazio costruito. Non è tanto la soggettività della percezione che interessa qui, quanto l’evidenza di una dimensione fenomenologica dello spazio che richiede di essere conosciuta e ri-conosciuta da parte di quanti pretendano di capire e far capire quanto lo spazio può raccontarci Lo spazio è un discorso, e questo discorso, che pure avrà una sua grammatica e una sua sintassi, che sarà il prodotto di decine di fattori che si depositeranno a formarne il palinsesto, sarà sempre imperniato su nuclei irriducibili e ineludibili, al fondo dei quali bisognerà sempre giungere a vedere con chiarezza, pur accettando che non può esistere uno spazio architettonico assoluto. Qui interessa il perché, cioè ricostruire i moventi per cui uno spazio ha assunto una specifica configurazione e che alimentano il primo interrogativo da sciogliere: che fare? Ma interessa anche il come , che non è ancora, in questa fase, una nozione tecnica, quanto piuttosto la capacità di inquadrare con chiarezza la finalità dell’azione; si tratta cioè di padroneggiare una capacità compositiva, non tecnica. Se il che fare corrisponde a una visione dello spazio, il come fare è il processo che piega invece le tecniche alla espressione compiuta della visione. Per conoscere questo processo e per formarsi una visione bisognerà approfondire la conoscenza e la confidenza con lo spazio, interrogarlo, decifrarlo, scegliersi un punto di vista.; situarsi, dunque.

Situarsi / Lambertucci, Filippo. - STAMPA. - (2014), pp. 168-185.

Situarsi

LAMBERTUCCI, FILIPPO
2014

Abstract

Il processo di avvicinamento all’assetto finale del progetto non procede in linea retta attraverso un determinismo non verificabile analisi-ideazione, così come, all’interno della fase analitica, l’approccio attraverso scale progressivamente più ravvicinate non garantisce il risultato più corretto. Acquisire consapevolezza degli spazi perciò, in quanto atto ermeneutica primario, significa anche arrivare a conoscere e ri-conoscere le proprietà di quello che sarà il risultato finale, cioè le proprietà dello spazio costruito: non dell’oggetto costruito ma, per l’appunto, dello spazio, il che presuppone il punto di vista di un osservatore che non frappone una distanza intellettuale ma è immerso nello spazio fisico. Anche nel caso degli assunti spaziali più astratti qualcuno vi camminerà dentro e non potrà fare a meno di avvertire anche la riuscita dei rapporti, delle proporzioni, delle sequenze, muovendosi lungo quei tragitti che lo spazio stesso renderà possibili. Come progettisti è necessario saper riconoscere come ottenere quelli che già Boullèe chiama gli “effetti spaziali”, quei caratteri che ci spingono a muoverci, comportarci, reagire, interagire, vivere in un certo modo quando ci confrontiamo con un determinato spazio. Prima di arrivare a comporre un linguaggio si dovranno riconoscere gli elementi che concorreranno a definirlo; se si escludono i fattori “sovrastrutturali” legati allo spirito del tempo, alle espressioni stilistiche, alle limitazioni o alla retorica delle tecniche, è possibile isolare dei nuclei primari intorno a cui ruota perennemente la ricerca di senso dello spazio costruito. Non è tanto la soggettività della percezione che interessa qui, quanto l’evidenza di una dimensione fenomenologica dello spazio che richiede di essere conosciuta e ri-conosciuta da parte di quanti pretendano di capire e far capire quanto lo spazio può raccontarci Lo spazio è un discorso, e questo discorso, che pure avrà una sua grammatica e una sua sintassi, che sarà il prodotto di decine di fattori che si depositeranno a formarne il palinsesto, sarà sempre imperniato su nuclei irriducibili e ineludibili, al fondo dei quali bisognerà sempre giungere a vedere con chiarezza, pur accettando che non può esistere uno spazio architettonico assoluto. Qui interessa il perché, cioè ricostruire i moventi per cui uno spazio ha assunto una specifica configurazione e che alimentano il primo interrogativo da sciogliere: che fare? Ma interessa anche il come , che non è ancora, in questa fase, una nozione tecnica, quanto piuttosto la capacità di inquadrare con chiarezza la finalità dell’azione; si tratta cioè di padroneggiare una capacità compositiva, non tecnica. Se il che fare corrisponde a una visione dello spazio, il come fare è il processo che piega invece le tecniche alla espressione compiuta della visione. Per conoscere questo processo e per formarsi una visione bisognerà approfondire la conoscenza e la confidenza con lo spazio, interrogarlo, decifrarlo, scegliersi un punto di vista.; situarsi, dunque.
2014
Atlante di Progettazione Architettonica
9788825173857
Composizione architettonica; luogo; progetto
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Situarsi / Lambertucci, Filippo. - STAMPA. - (2014), pp. 168-185.
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