Gli Epigrammi di Giulia Balbilla, insieme con altre testimonianze di omaggio, sono incisi sulle gambe del “Colosso di Memnone”, che si innalza presso Tebe d’Egitto: tale caratteristica della trasmissione ha contribuito a lungo a far considerare questi testi materiale di quasi esclusiva rilevanza antiquaria, epigrafica ed archeologica; essi, invece, risultano importanti anche sotto il profilo storico-letterario e linguistico, perché sono l’ultima testimonianza a noi nota dell’uso dell’eolico come dialetto letterario. Lo studio di questi Epigrammi risulta anche di notevole interesse dal punto di vista storico-geografico per l’ambientazione in un’area particolare dell’Impero Romano, l’Egitto adrianeo, ed in età tarda rispetto ai primi documenti in eolico letterario, risalenti all’età arcaica, di Saffo e Alceo. Inoltre il contesto costituito dalle epigrafi, sia in lingua greca sia in lingua latina, che corredano il “Colosso”, documenta le pratiche, di tipo religioso e sacrale, che si svilupparono, a partire dall’età imperiale, intorno a questa statua “parlante”. L’autrice di questi epigrammi, Giulia Balbilla, non è più la «confidente del momento» dell’imperatrice Vibia Sabina, una che «componeva versi greci abbastanza bene», «la sciocca che credeva di udire, all’alba, la voce misteriosa di Memnone», che emerge dal libro di Marguerite Yourcenar, ma piuttosto la poetessa esclusa dai testi moderni di storia della letteratura greca, considerata una dilettante non significativa né per la storia della letteratura né per quella dei dialetti letterari greci, finita nel calderone delle innumerevoli epigrafi del Colosso di Memnone a Tebe d’Egitto; una figura di donna di stirpe regale, una donna che si sentiva pari alla sua amata imperatrice e, soprattutto, una intellettuale colta e inserita perfettamente nella vita culturale, religiosa e politica della sua epoca( come dimostra la sapienza profusa nel comporre gli epigrammi) e nel progetto di restaurazione classica del suo imperatore. Una donna curiosa del mondo e di una religiosità moderna e tollerante, come era tradizione della sua famiglia, e colta al punto di decidere di ispirarsi alla più conosciuta poetessa greca, Saffo, per scrivere quegli epigrammi che avrebbero ri- cordato il passaggio suo e della coppia imperiale presso la famosa statua “parlante” di Tebe d’Egitto. Nel nostro tempo d’incertezze trovare brani, come questi di Giulia Balbilla, da cui traspare la vita, è una provocazione tale che spinge a cercare di conoscere, con tutti gli ausili possibili, quanto più si può di questa poetessa: bisogna anche confessare che l’autrice stessa ci aiuta, perché la sua personalità, volutamente, cerca di farsi conoscere da chi leggerà i suoi versi. E quello che non ci dice direttamente traspare dall’uso che fa della versificazione, del dialetto, e dalla costruzione raffinata dei suoi epigrammi. Nel libro sono raccolte anche testimonianze epigrafiche ed iconografiche che completano la figura della poetessa rendendole , finalmente , il posto che le spetta e chiarendoci definitivamente che si tratta di una delle figure più importanti della sua epoca,inserita nelle vicende intime e pubbliche dell’imperatore Adriano e della di lui famiglia.

2007-2008 "Gli Epigrammi di Giulia Balbilla" (2007/2008): questa ricerca, è compresa tra le Ricerche d'Eccellenza 2009 dell’ Università di Roma “La Sapienza” per la Macroarea 3 / Cirio, Amalia Margherita. - (2009).

2007-2008 "Gli Epigrammi di Giulia Balbilla" (2007/2008): questa ricerca, è compresa tra le Ricerche d'Eccellenza 2009 dell’ Università di Roma “La Sapienza” per la Macroarea 3.

CIRIO, Amalia Margherita
2009

Abstract

Gli Epigrammi di Giulia Balbilla, insieme con altre testimonianze di omaggio, sono incisi sulle gambe del “Colosso di Memnone”, che si innalza presso Tebe d’Egitto: tale caratteristica della trasmissione ha contribuito a lungo a far considerare questi testi materiale di quasi esclusiva rilevanza antiquaria, epigrafica ed archeologica; essi, invece, risultano importanti anche sotto il profilo storico-letterario e linguistico, perché sono l’ultima testimonianza a noi nota dell’uso dell’eolico come dialetto letterario. Lo studio di questi Epigrammi risulta anche di notevole interesse dal punto di vista storico-geografico per l’ambientazione in un’area particolare dell’Impero Romano, l’Egitto adrianeo, ed in età tarda rispetto ai primi documenti in eolico letterario, risalenti all’età arcaica, di Saffo e Alceo. Inoltre il contesto costituito dalle epigrafi, sia in lingua greca sia in lingua latina, che corredano il “Colosso”, documenta le pratiche, di tipo religioso e sacrale, che si svilupparono, a partire dall’età imperiale, intorno a questa statua “parlante”. L’autrice di questi epigrammi, Giulia Balbilla, non è più la «confidente del momento» dell’imperatrice Vibia Sabina, una che «componeva versi greci abbastanza bene», «la sciocca che credeva di udire, all’alba, la voce misteriosa di Memnone», che emerge dal libro di Marguerite Yourcenar, ma piuttosto la poetessa esclusa dai testi moderni di storia della letteratura greca, considerata una dilettante non significativa né per la storia della letteratura né per quella dei dialetti letterari greci, finita nel calderone delle innumerevoli epigrafi del Colosso di Memnone a Tebe d’Egitto; una figura di donna di stirpe regale, una donna che si sentiva pari alla sua amata imperatrice e, soprattutto, una intellettuale colta e inserita perfettamente nella vita culturale, religiosa e politica della sua epoca( come dimostra la sapienza profusa nel comporre gli epigrammi) e nel progetto di restaurazione classica del suo imperatore. Una donna curiosa del mondo e di una religiosità moderna e tollerante, come era tradizione della sua famiglia, e colta al punto di decidere di ispirarsi alla più conosciuta poetessa greca, Saffo, per scrivere quegli epigrammi che avrebbero ri- cordato il passaggio suo e della coppia imperiale presso la famosa statua “parlante” di Tebe d’Egitto. Nel nostro tempo d’incertezze trovare brani, come questi di Giulia Balbilla, da cui traspare la vita, è una provocazione tale che spinge a cercare di conoscere, con tutti gli ausili possibili, quanto più si può di questa poetessa: bisogna anche confessare che l’autrice stessa ci aiuta, perché la sua personalità, volutamente, cerca di farsi conoscere da chi leggerà i suoi versi. E quello che non ci dice direttamente traspare dall’uso che fa della versificazione, del dialetto, e dalla costruzione raffinata dei suoi epigrammi. Nel libro sono raccolte anche testimonianze epigrafiche ed iconografiche che completano la figura della poetessa rendendole , finalmente , il posto che le spetta e chiarendoci definitivamente che si tratta di una delle figure più importanti della sua epoca,inserita nelle vicende intime e pubbliche dell’imperatore Adriano e della di lui famiglia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/556832
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