Per quanto riguarda attori, istituzioni e pratiche della comunicazione, la crisi diventa l'occasione per fare il punto sullo stato delle cose, sul funzionamento delle organizzazioni complesse, sui motivi di squilibrio di un sistema, e soprattutto sulla necessità di sostituire soluzioni organizzative che si sono dimostrate nel tempo poco efficienti. Ne conseguono processi spesso traumatici sia in termini di costi sia di accettazione sociale, che navigano tra l’idea di rivoluzione e la più dolce chance della transizione. Percorrendo le parole chiave della modernità, emerge uno scenario apparentemente pieno di rivoluzioni, che sfumano successivamente in lente transizioni. Un assunto che viene confermato dalla stessa storia della comunicazione italiana. Già la veloce ricostruzione degli scenari sociali e comunicativi a partire dal secondo Novecento, basta per far emergere che, tutte quelle che all’inizio sembravano rivoluzioni (il passaggio dal monopolio al duopolio televisivo, l’ingresso delle nuove tecnologie e, infine, la digitalizzazione), in realtà si sono ripetutamente configurate come faticose transizioni. Che cos’è, dunque, la transizione, e perché diventa funzionale ai fini della più esplicita argomentazione del nuovo ruolo della comunicazione e dei media nel superamento della crisi e del trauma da cambiamento? Le situazioni di transizione offrono un ventaglio di soluzioni, di prospettive e di strategie per il futuro. Implicano, dunque, progettualità e razionalità. Le stesse dimensioni che spesso tendono a venir meno in condizioni di stress provocato da crisi. In questo contesto, i media e la cultura diventano fondamentali, perché estraggono l’individuo dal tendenziale stato di isolamento, lo espongono al nuovo, stimolando e incoraggiando il cambiamento. Diventano quella potente forza che, in condizioni di complessità del mondo sociale e collusioni tra «serie causali indipendenti», come avrebbe detto Bourdieu, permetterebbe la ripresa, il ri-orientamento in funzione di valori condivisi e, dunque, l’ascesa, con la consequenziale uscita dalla crisi.
Crisi. Traumi, transizioni e strategie per il passaggio al futuro / Gavrila, Mihaela. - STAMPA. - 1(2013), pp. 34-45.
Crisi. Traumi, transizioni e strategie per il passaggio al futuro
GAVRILA, Mihaela
2013
Abstract
Per quanto riguarda attori, istituzioni e pratiche della comunicazione, la crisi diventa l'occasione per fare il punto sullo stato delle cose, sul funzionamento delle organizzazioni complesse, sui motivi di squilibrio di un sistema, e soprattutto sulla necessità di sostituire soluzioni organizzative che si sono dimostrate nel tempo poco efficienti. Ne conseguono processi spesso traumatici sia in termini di costi sia di accettazione sociale, che navigano tra l’idea di rivoluzione e la più dolce chance della transizione. Percorrendo le parole chiave della modernità, emerge uno scenario apparentemente pieno di rivoluzioni, che sfumano successivamente in lente transizioni. Un assunto che viene confermato dalla stessa storia della comunicazione italiana. Già la veloce ricostruzione degli scenari sociali e comunicativi a partire dal secondo Novecento, basta per far emergere che, tutte quelle che all’inizio sembravano rivoluzioni (il passaggio dal monopolio al duopolio televisivo, l’ingresso delle nuove tecnologie e, infine, la digitalizzazione), in realtà si sono ripetutamente configurate come faticose transizioni. Che cos’è, dunque, la transizione, e perché diventa funzionale ai fini della più esplicita argomentazione del nuovo ruolo della comunicazione e dei media nel superamento della crisi e del trauma da cambiamento? Le situazioni di transizione offrono un ventaglio di soluzioni, di prospettive e di strategie per il futuro. Implicano, dunque, progettualità e razionalità. Le stesse dimensioni che spesso tendono a venir meno in condizioni di stress provocato da crisi. In questo contesto, i media e la cultura diventano fondamentali, perché estraggono l’individuo dal tendenziale stato di isolamento, lo espongono al nuovo, stimolando e incoraggiando il cambiamento. Diventano quella potente forza che, in condizioni di complessità del mondo sociale e collusioni tra «serie causali indipendenti», come avrebbe detto Bourdieu, permetterebbe la ripresa, il ri-orientamento in funzione di valori condivisi e, dunque, l’ascesa, con la consequenziale uscita dalla crisi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.