The ongoing social, political, economic and ecological crisis has accelerated the awareness that the model of growth guided by speculation and unstable financial markets is leading the planet to a chronic scarcity of resources. By 2050 it is estimated that the world population will reach 9.3 billion, of whom 6 billion will live in urban areas. In 2025 there will be 27 megalopolis with unimaginable consequences in terms of demand for services, consumption of resources and on the system of spaces and social relations. In 2010 about one-third of the urban population of the so-called developing countries lived in slums and the numbers are destined to grow and with them there will be an increase in urban poverty. Architecture today is called upon to face up to this global scenario and, as it is its nature to do so, anticipate future needs to respond to them. If traditionally the role of architecture was prevalently linked to “wealth”, to its potentiality to highlight a status symbol, today

L’attuale crisi sociale, politica, economica ed ecologica ha accelerato la consapevolezza che il modello di crescita guidato dalla speculazione e dai mercati finanziari instabili, sta portando il pianeta ad una scarsità cronica di risorse. Entro il 2050 si stima che la popolazione mondiale raggiungerà i 9,3 miliardi, di questi 6 miliardi vivrà in aree urbane. Nel 2025 le megalopoli saranno 27 a fronte delle 21 censite 2010, con conseguenze inimmaginabili in termini di domanda di servizi, di consumo delle risorse e sul sistema degli spazi e delle relazioni sociali. Al 2010 circa un terzo della popolazione urbana dei cosiddetti paesi in via di sviluppo vive negli slum ed i numeri, dalle previsioni effettuate, sono destinati a crescere e con essi l’aumento della povertà urbana. Il ruolo dell’architettura oggi è chiamato confrontarsi con questo scenario globalizzato e come nella sua natura, ad anticipare i bisogni futuri per darne risposta. Se tradizionalmente il ruolo dell’architettura è stato legato prevalentemente alla “ricchezza”, alle sue potenzialità di evidenziare uno status symbol, oggi si ritiene necessario rafforzare il suo campo di azione nella città diffusa e negli insediamenti informali, quali luoghi autodeterminati con pratiche spontanee. L’era della scarsità, di materiali e di risorse, offre l’opportunità, di riconfigurare la pratica in un modo radicalmente nuovo, alle diverse scale di intervento, dalla pianificazione al design in una direzione che alcuni definiscono della post-sostenibilità. Si affaccia un nuovo approccio nell’architettura definibile materialist and sensitive practice, connotato da una forte dimensione etica Di notevole interesse, in questo ambito specifico, è il filone dell’autoproduzione che si sta sempre più sviluppando in diversi comparti produttivi della società, e che, se per alcune fasce di popolazione è un’opportunità per “avviare” dal basso un nuovo modello di sviluppo, come testimonia il contemporaneo movimento dei “maker”, per altre è una necessità in assenza di risposte istituzionali. Il progetto esemplificativo dell’autoproduzione come necessità è quello della Torre Confinanzas, chiamata Torre David, presentato alla Biennale di Venezia nella sezione degli Arsenali. Nel centro di Caracas un grattacielo di 45 piani, che avrebbe dovuto ospitare un centro direzionale e appartamenti di lusso, finanziato da privati e successivamente rilevato dal Governo, è stato lasciato incompiuto ed abbandonato, a seguito della crisi economica sopraggiunta nei primi anni ’90. Vengono occupati spontaneamente 28 piani e la Torre David con i suoi 2500 squatter, alloggi e botteghe, diviene un modello di “spazio comune” e di “abitare collettivo e informale”. A questo progetto trasformazionale, di Justin McGuirk e Iwan Baan e Urban-Think Tank , definito uno slum verticale, è stata riconosciuta la capacità di cogliere le potenzialità delle associazioni informali. Il futuro che si intravede per agire su tali contesti nasce dalla stretta collaborazione tra tecnici, imprese e popolazione locale, in una sorta di laboratorio permanente, i cui metodi trascendono quelli tradizionali e nel quale è possibile coltivare i mezzi di sussistenza, recuperare la tradizione locale e studiare l’adattamento, con un forte potenziale di innovazione e sperimentazione.

L'era della scarsità: autoproduzione tra necessità ed opportunità / Giofre', Francesca. - STAMPA. - (2013), pp. 72-77.

L'era della scarsità: autoproduzione tra necessità ed opportunità

GIOFRE', Francesca
2013

Abstract

The ongoing social, political, economic and ecological crisis has accelerated the awareness that the model of growth guided by speculation and unstable financial markets is leading the planet to a chronic scarcity of resources. By 2050 it is estimated that the world population will reach 9.3 billion, of whom 6 billion will live in urban areas. In 2025 there will be 27 megalopolis with unimaginable consequences in terms of demand for services, consumption of resources and on the system of spaces and social relations. In 2010 about one-third of the urban population of the so-called developing countries lived in slums and the numbers are destined to grow and with them there will be an increase in urban poverty. Architecture today is called upon to face up to this global scenario and, as it is its nature to do so, anticipate future needs to respond to them. If traditionally the role of architecture was prevalently linked to “wealth”, to its potentiality to highlight a status symbol, today
2013
EXpo - 2010 Shangai 2015 Milano
9788889819500
L’attuale crisi sociale, politica, economica ed ecologica ha accelerato la consapevolezza che il modello di crescita guidato dalla speculazione e dai mercati finanziari instabili, sta portando il pianeta ad una scarsità cronica di risorse. Entro il 2050 si stima che la popolazione mondiale raggiungerà i 9,3 miliardi, di questi 6 miliardi vivrà in aree urbane. Nel 2025 le megalopoli saranno 27 a fronte delle 21 censite 2010, con conseguenze inimmaginabili in termini di domanda di servizi, di consumo delle risorse e sul sistema degli spazi e delle relazioni sociali. Al 2010 circa un terzo della popolazione urbana dei cosiddetti paesi in via di sviluppo vive negli slum ed i numeri, dalle previsioni effettuate, sono destinati a crescere e con essi l’aumento della povertà urbana. Il ruolo dell’architettura oggi è chiamato confrontarsi con questo scenario globalizzato e come nella sua natura, ad anticipare i bisogni futuri per darne risposta. Se tradizionalmente il ruolo dell’architettura è stato legato prevalentemente alla “ricchezza”, alle sue potenzialità di evidenziare uno status symbol, oggi si ritiene necessario rafforzare il suo campo di azione nella città diffusa e negli insediamenti informali, quali luoghi autodeterminati con pratiche spontanee. L’era della scarsità, di materiali e di risorse, offre l’opportunità, di riconfigurare la pratica in un modo radicalmente nuovo, alle diverse scale di intervento, dalla pianificazione al design in una direzione che alcuni definiscono della post-sostenibilità. Si affaccia un nuovo approccio nell’architettura definibile materialist and sensitive practice, connotato da una forte dimensione etica Di notevole interesse, in questo ambito specifico, è il filone dell’autoproduzione che si sta sempre più sviluppando in diversi comparti produttivi della società, e che, se per alcune fasce di popolazione è un’opportunità per “avviare” dal basso un nuovo modello di sviluppo, come testimonia il contemporaneo movimento dei “maker”, per altre è una necessità in assenza di risposte istituzionali. Il progetto esemplificativo dell’autoproduzione come necessità è quello della Torre Confinanzas, chiamata Torre David, presentato alla Biennale di Venezia nella sezione degli Arsenali. Nel centro di Caracas un grattacielo di 45 piani, che avrebbe dovuto ospitare un centro direzionale e appartamenti di lusso, finanziato da privati e successivamente rilevato dal Governo, è stato lasciato incompiuto ed abbandonato, a seguito della crisi economica sopraggiunta nei primi anni ’90. Vengono occupati spontaneamente 28 piani e la Torre David con i suoi 2500 squatter, alloggi e botteghe, diviene un modello di “spazio comune” e di “abitare collettivo e informale”. A questo progetto trasformazionale, di Justin McGuirk e Iwan Baan e Urban-Think Tank , definito uno slum verticale, è stata riconosciuta la capacità di cogliere le potenzialità delle associazioni informali. Il futuro che si intravede per agire su tali contesti nasce dalla stretta collaborazione tra tecnici, imprese e popolazione locale, in una sorta di laboratorio permanente, i cui metodi trascendono quelli tradizionali e nel quale è possibile coltivare i mezzi di sussistenza, recuperare la tradizione locale e studiare l’adattamento, con un forte potenziale di innovazione e sperimentazione.
slum; self-production; construction
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
L'era della scarsità: autoproduzione tra necessità ed opportunità / Giofre', Francesca. - STAMPA. - (2013), pp. 72-77.
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