L'architettura costruisce cose per la società e queste, comunque e sempre, dalla collettività sono vissute, quindi l'architettura è per sua natura un'azione politica. Architetto, dal latino architectus, deriva dal greco architekton: arche, superiorità, eccellenza e tekton, artefice. Quindi l'architettura è una pratica di techne, che per i greci corrispondeva a ciò che noi intendiamo essere l'arte insieme alla tecnica. Ossia la capacità di fare la cosa sia manualmente che secondo regola. Per i greci quindi la techne non corrisponde alla tecnologia ma al sapere legato alla tecnica e alla coscienza di tale sapere, insieme alla creatività che tale conoscenza e coscienza determina. Se techne vuol dire arte allora l'architettura è arte. Propria dell'arte, e quindi dell'architettura, è la sua doppia natura: la prima teorica, pitagorica e platonica, l'architettura deve essere necessariamente il risultato di un'idea preesistente; la seconda impulsiva e viscerale. L'architettura contemporanea vive a pieno queste due vocazioni e queste si rendono alternativamente evidenti con una velocità di avvicendamento che è strettamente legata alle innovazioni tecniche e ai mutamenti sociali in cui l'architettura è sempre direttamente coinvolta. Lo sviluppo informatico, le nuove tecnologie per il costruire, il nuovo modo di vivere lo spazio sia privato che collettivo, la globalizzazione, tutti fenomeni che spingono l'architettura verso uno dei due poli a secondo dei cambiamenti prima sociali poi dell'architetto che queste innovazioni comportano. Da questa varietà di manifestazioni, che ci troviamo costantemente a vivere, risulta difficile dare una responsabilità e quindi isolare un fenomeno dagli altri, si corre il rischio di perdere di vista l'aspetto complessivo, culturale e sociale del momento in cui viviamo. Troppo spesso, infatti, abbiamo assunto l'innovazione informatica come principale responsabile dell'attuale condizione morfologica dell'architettura in cui viviamo, senza renderci conto di quanto gli altri aspetti sociali e culturali influenzino in maniera sostanziale le nostre scelte di ricercatori e progettisti. Volendo possiamo leggere nel diverso uso dell'immagine il riflesso forse più evidente dei cambiamenti che l'architettura vive nel contemporaneo e forzatamente discretizzare tre tipologie d'immagini nel fenomeno complesso che è il modo di presentarsi dell'architettura. L'immagine più vera del vero. È l'immagine cinematografica, è perfetta nell'integrarsi in una realtà già predeterminata. L'immagine dimostra una oggettività perfetta e per questo non discutibile in quanto esattamente descritta. La perfezione dell'immagine è capace di far superare la realtà e dimostrarsi come una nuova ed effettiva possibilità, che solo la logica e l'esperienza contraddice. Di questo tipo di immagini fanno parte quelle che descrivono architetture futuribili. Anche in questo caso il messaggio visivo è e deve essere esatto. Sono immagini che hanno bisogno di costruire nella rappresentazione un sistema di collegamento, un ponte, tra la realtà rappresentata e la realtà condivisa dall'esperienza. La natura sia fisica che artificiale (paesaggi, alberi, piante, insieme a città, strade) collegano l'immagine al nostro quotidiano. Insieme con la verticalità come conseguenza della gravità la quale, proprio perché costantemente contraddetta dalla logica strutturale rappresentata, viene continuamente sottolineata. In queste immagini di architetture futuribili l'uomo, l'immagine dell'uomo, è assente, una razza estinta: quando presente è una figura contraddittoria, contrasta con la sua naturale precarietà l'esattezza della realtà descritta. L'uomo è un pesce fuor d'acqua. L'immagine vera. È di solito l'immagine di design, può essere vera perché decontestualizzata. La perfezione descrittiva la fa appartenere ad una non realtà fisica, in una condizione atemporale priva di tutti quei fenomeni che possono intaccare e corrompere la verità descritta. Di nuovo l'uomo non esiste, sarebbe un elemento inquinante che altera il non tempo dell'immagine dandogli concretezza. Molte sono le immagini di architettura che la descrivono come oggetto di design, fenomeno esatto non corrotto ne dal tempo ne dall'uso che il quotidiano impone immediatamente e costantemente su di essa. Infine c'è l'immagine bugiarda. Bugiarda, un termine affettuoso, famigliare che lega il fenomeno ad una certa goliardia, che descrive il bonario rapporto tra l'immagine e il suo fruitore. La bugia non è la volontà di comunicare una immagine falsa ma la consapevolezza dell'impossibilità di dare un immagine vera.

L'architettura è una pratica di thecne / Casale, Andrea; Valenti, Graziano Mario. - STAMPA. - (2012), pp. 121-127.

L'architettura è una pratica di thecne

CASALE, Andrea;VALENTI, Graziano Mario
2012

Abstract

L'architettura costruisce cose per la società e queste, comunque e sempre, dalla collettività sono vissute, quindi l'architettura è per sua natura un'azione politica. Architetto, dal latino architectus, deriva dal greco architekton: arche, superiorità, eccellenza e tekton, artefice. Quindi l'architettura è una pratica di techne, che per i greci corrispondeva a ciò che noi intendiamo essere l'arte insieme alla tecnica. Ossia la capacità di fare la cosa sia manualmente che secondo regola. Per i greci quindi la techne non corrisponde alla tecnologia ma al sapere legato alla tecnica e alla coscienza di tale sapere, insieme alla creatività che tale conoscenza e coscienza determina. Se techne vuol dire arte allora l'architettura è arte. Propria dell'arte, e quindi dell'architettura, è la sua doppia natura: la prima teorica, pitagorica e platonica, l'architettura deve essere necessariamente il risultato di un'idea preesistente; la seconda impulsiva e viscerale. L'architettura contemporanea vive a pieno queste due vocazioni e queste si rendono alternativamente evidenti con una velocità di avvicendamento che è strettamente legata alle innovazioni tecniche e ai mutamenti sociali in cui l'architettura è sempre direttamente coinvolta. Lo sviluppo informatico, le nuove tecnologie per il costruire, il nuovo modo di vivere lo spazio sia privato che collettivo, la globalizzazione, tutti fenomeni che spingono l'architettura verso uno dei due poli a secondo dei cambiamenti prima sociali poi dell'architetto che queste innovazioni comportano. Da questa varietà di manifestazioni, che ci troviamo costantemente a vivere, risulta difficile dare una responsabilità e quindi isolare un fenomeno dagli altri, si corre il rischio di perdere di vista l'aspetto complessivo, culturale e sociale del momento in cui viviamo. Troppo spesso, infatti, abbiamo assunto l'innovazione informatica come principale responsabile dell'attuale condizione morfologica dell'architettura in cui viviamo, senza renderci conto di quanto gli altri aspetti sociali e culturali influenzino in maniera sostanziale le nostre scelte di ricercatori e progettisti. Volendo possiamo leggere nel diverso uso dell'immagine il riflesso forse più evidente dei cambiamenti che l'architettura vive nel contemporaneo e forzatamente discretizzare tre tipologie d'immagini nel fenomeno complesso che è il modo di presentarsi dell'architettura. L'immagine più vera del vero. È l'immagine cinematografica, è perfetta nell'integrarsi in una realtà già predeterminata. L'immagine dimostra una oggettività perfetta e per questo non discutibile in quanto esattamente descritta. La perfezione dell'immagine è capace di far superare la realtà e dimostrarsi come una nuova ed effettiva possibilità, che solo la logica e l'esperienza contraddice. Di questo tipo di immagini fanno parte quelle che descrivono architetture futuribili. Anche in questo caso il messaggio visivo è e deve essere esatto. Sono immagini che hanno bisogno di costruire nella rappresentazione un sistema di collegamento, un ponte, tra la realtà rappresentata e la realtà condivisa dall'esperienza. La natura sia fisica che artificiale (paesaggi, alberi, piante, insieme a città, strade) collegano l'immagine al nostro quotidiano. Insieme con la verticalità come conseguenza della gravità la quale, proprio perché costantemente contraddetta dalla logica strutturale rappresentata, viene continuamente sottolineata. In queste immagini di architetture futuribili l'uomo, l'immagine dell'uomo, è assente, una razza estinta: quando presente è una figura contraddittoria, contrasta con la sua naturale precarietà l'esattezza della realtà descritta. L'uomo è un pesce fuor d'acqua. L'immagine vera. È di solito l'immagine di design, può essere vera perché decontestualizzata. La perfezione descrittiva la fa appartenere ad una non realtà fisica, in una condizione atemporale priva di tutti quei fenomeni che possono intaccare e corrompere la verità descritta. Di nuovo l'uomo non esiste, sarebbe un elemento inquinante che altera il non tempo dell'immagine dandogli concretezza. Molte sono le immagini di architettura che la descrivono come oggetto di design, fenomeno esatto non corrotto ne dal tempo ne dall'uso che il quotidiano impone immediatamente e costantemente su di essa. Infine c'è l'immagine bugiarda. Bugiarda, un termine affettuoso, famigliare che lega il fenomeno ad una certa goliardia, che descrive il bonario rapporto tra l'immagine e il suo fruitore. La bugia non è la volontà di comunicare una immagine falsa ma la consapevolezza dell'impossibilità di dare un immagine vera.
2012
Verso l'era post-digitale, tra design e architettura
8838761922
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
L'architettura è una pratica di thecne / Casale, Andrea; Valenti, Graziano Mario. - STAMPA. - (2012), pp. 121-127.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/530993
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