Il contributo intende esaminare la proficuità euristica e le ragioni dell’istituzionalismo giuridico italiano (S. Romano e W. Cesarini Sforza), da un lato distinguendolo dal recente neo-istituzionalismo giuridico (N. MacCormick) e contrastandolo con la teoria generale del diritto di impianto giuspositivista “dall’alto” (J. Austin, H. Kelsen), dall’altro ponendolo in dialogo con altre prospettive filosofico-sociali (L. Wittgenstein, A. Gehlen, M. Mann). La proficuità euristica viene individuata: nella capacità di reinserire il diritto, attraverso il concetto di molteplici istituzioni/organizzazioni, nell’alveo di un sociale non intendibile come unità/totalità conchiusa entro confini territoriali o culturali; e nel riaprire lo sguardo sulla pluralità sia delle formulazioni linguistiche di cui vive il diritto (quale risorsa discorsivo-interazionale) sia dei molti suoi co-tessitori. Le ragioni risiederebbero nella impossibilità di ridurre il diritto o a normalità (come in C. Schmitt) o a norma impositiva, in quanto un diritto-organizzazione (produttore di poteri collettivi, pur differentemente ripartiti): disegna ruoli/posizioni differenziate, rinvia a finalità/funzioni, incorpora schemi cognitivi di categorizzazione del reale e di fattibilità, configura tipi di soggettività.
Le ragioni dell'«istituzionalismo socio-giuridico»: Santi Romano e Widar Cesarini Sforza / Marzocchi, Virginio. - STAMPA. - (2013), pp. 133-143.
Le ragioni dell'«istituzionalismo socio-giuridico»: Santi Romano e Widar Cesarini Sforza
MARZOCCHI, Virginio
2013
Abstract
Il contributo intende esaminare la proficuità euristica e le ragioni dell’istituzionalismo giuridico italiano (S. Romano e W. Cesarini Sforza), da un lato distinguendolo dal recente neo-istituzionalismo giuridico (N. MacCormick) e contrastandolo con la teoria generale del diritto di impianto giuspositivista “dall’alto” (J. Austin, H. Kelsen), dall’altro ponendolo in dialogo con altre prospettive filosofico-sociali (L. Wittgenstein, A. Gehlen, M. Mann). La proficuità euristica viene individuata: nella capacità di reinserire il diritto, attraverso il concetto di molteplici istituzioni/organizzazioni, nell’alveo di un sociale non intendibile come unità/totalità conchiusa entro confini territoriali o culturali; e nel riaprire lo sguardo sulla pluralità sia delle formulazioni linguistiche di cui vive il diritto (quale risorsa discorsivo-interazionale) sia dei molti suoi co-tessitori. Le ragioni risiederebbero nella impossibilità di ridurre il diritto o a normalità (come in C. Schmitt) o a norma impositiva, in quanto un diritto-organizzazione (produttore di poteri collettivi, pur differentemente ripartiti): disegna ruoli/posizioni differenziate, rinvia a finalità/funzioni, incorpora schemi cognitivi di categorizzazione del reale e di fattibilità, configura tipi di soggettività.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


