Per riflettere sul diritto costituzionale all’epoca della crisi, in particolare nel contesto europeo, può essere utile partire – per differenza – proprio dalla divergente modalità di “narrazione” della crisi economico-finanziaria nel contesto nord-americano rispetto a quella che invece si è venuta sviluppando nel contesto dottrinale, ma anche economico, istituzionale e di opinione pubblica del nostro continente (Maduro): negli Stati Uniti le cause della crisi vengono fatte ricadere interamente sulla finanza, o meglio, sui mercati finanziari, corrisponde cioè a quello che tradizionalmente gli economisti chiamano uno o più fallimenti del mercato; in Europa lo sguardo critico si volge alla “debolezza” degli Stati, così che il fallimento dei mercati si trasforma in un fallimento dello Stato o degli Stati o della “statualità ‘tout court’. È noto, peraltro, tanto alla letteratura giuridica quanto a quella economica, come la crisi abbia assunto dal 2007, cioè alle origini, le caratteristiche di una crisi finanziaria, con cause sottostanti ben specifiche. Tra queste, un inappropriato uso dei meccanismi di cartolarizzazione unito alla stipula di contratti di mutuo cd. sub-prime, insieme all’esplosione del fenomeno dei derivati (Capriglione). Altrettanto noto è, però, come – soprattutto a partire dal 2010 – questa crisi si sia trasformata, per alcuni Stati europei, in particolare, in una crisi dei debiti sovrani con un significativo passaggio da un “fallimento del mercato” (finanziario) ad un “fallimento dello Stato” (Napolitano). Una simile prospettiva “esterna” aiuta ad impostare correttamente il discorso intorno al rapporto tra crisi e diritto, diritto costituzionale, in particolare, ove contribuisce a comprendere che non è tanto il Finanz-Kapitalismus o il prorompente sviluppo delle economie emergenti a creare il “caos”, cioè il processo di trasformazione dell’economia che si manifesta in crisi sistemica, ma è quest’ultima che le rende possibile per effetto di specifiche “scelte” giuridico-politiche (Di Plinio). Con le parole di Giuseppe Guarino: «se vi sono degli speculatori vuol dire che il mercato li consente … Se il mercato rende possibili condotte discorsive, la responsabilità non è degli operatori che le compiono, bensì della regolazione che non le ha tempestivamente individuate e non ha provveduto a bloccarle ed a ricondurle al bene comune» (Guarino). Occorre quindi prendere atto di un processo di progressivo “sganciamento” del costituzionalismo dall’ordinamento che pure lo ha generato, quello dello Stato-nazione. Non c’è dubbio, infatti, che il processo di globalizzazione ponga problemi nuovi non governabili con le tradizionali forme di intervento economico e sociale dello Stato nazionale. In particolare, si è venuta a determinare una crescente sfasatura tra i circuiti di produzione e finanziari, basati su risorse sempre più “nomadi”, e i circuiti di cittadinanza, ancor oggi per la gran parte ancorati a diritti per definizione “stanziali”, quali sono i diritti nazionali. Ne deriva una asimmetria di fondo tra processi di mercato – sempre più globali – e forme ancora essenzialmente nazionali di controllo e di governo democratico, oltre che di redistribuzione a fini solidaristici delle risorse . In particolare in Europa, poi, l’essere stati i processi d’integrazione economica elemento storicamente necessario per dare impulso al processo d’integrazione politica ha posto e pone problemi in relazione alla forte necessità di rafforzare circuiti decisionali democratici capaci di promuovere una ‘governance economica’ coerente con gli indirizzi politici comunitari.

Costituzionalizzare l'economia all'epoca della crisi. Note brevi sui deficit dell'UE e sulle sfide del governo economico sovranazionale / Miccu', Roberto. - STAMPA. - (2012), pp. 553-570.

Costituzionalizzare l'economia all'epoca della crisi. Note brevi sui deficit dell'UE e sulle sfide del governo economico sovranazionale

MICCU', Roberto
2012

Abstract

Per riflettere sul diritto costituzionale all’epoca della crisi, in particolare nel contesto europeo, può essere utile partire – per differenza – proprio dalla divergente modalità di “narrazione” della crisi economico-finanziaria nel contesto nord-americano rispetto a quella che invece si è venuta sviluppando nel contesto dottrinale, ma anche economico, istituzionale e di opinione pubblica del nostro continente (Maduro): negli Stati Uniti le cause della crisi vengono fatte ricadere interamente sulla finanza, o meglio, sui mercati finanziari, corrisponde cioè a quello che tradizionalmente gli economisti chiamano uno o più fallimenti del mercato; in Europa lo sguardo critico si volge alla “debolezza” degli Stati, così che il fallimento dei mercati si trasforma in un fallimento dello Stato o degli Stati o della “statualità ‘tout court’. È noto, peraltro, tanto alla letteratura giuridica quanto a quella economica, come la crisi abbia assunto dal 2007, cioè alle origini, le caratteristiche di una crisi finanziaria, con cause sottostanti ben specifiche. Tra queste, un inappropriato uso dei meccanismi di cartolarizzazione unito alla stipula di contratti di mutuo cd. sub-prime, insieme all’esplosione del fenomeno dei derivati (Capriglione). Altrettanto noto è, però, come – soprattutto a partire dal 2010 – questa crisi si sia trasformata, per alcuni Stati europei, in particolare, in una crisi dei debiti sovrani con un significativo passaggio da un “fallimento del mercato” (finanziario) ad un “fallimento dello Stato” (Napolitano). Una simile prospettiva “esterna” aiuta ad impostare correttamente il discorso intorno al rapporto tra crisi e diritto, diritto costituzionale, in particolare, ove contribuisce a comprendere che non è tanto il Finanz-Kapitalismus o il prorompente sviluppo delle economie emergenti a creare il “caos”, cioè il processo di trasformazione dell’economia che si manifesta in crisi sistemica, ma è quest’ultima che le rende possibile per effetto di specifiche “scelte” giuridico-politiche (Di Plinio). Con le parole di Giuseppe Guarino: «se vi sono degli speculatori vuol dire che il mercato li consente … Se il mercato rende possibili condotte discorsive, la responsabilità non è degli operatori che le compiono, bensì della regolazione che non le ha tempestivamente individuate e non ha provveduto a bloccarle ed a ricondurle al bene comune» (Guarino). Occorre quindi prendere atto di un processo di progressivo “sganciamento” del costituzionalismo dall’ordinamento che pure lo ha generato, quello dello Stato-nazione. Non c’è dubbio, infatti, che il processo di globalizzazione ponga problemi nuovi non governabili con le tradizionali forme di intervento economico e sociale dello Stato nazionale. In particolare, si è venuta a determinare una crescente sfasatura tra i circuiti di produzione e finanziari, basati su risorse sempre più “nomadi”, e i circuiti di cittadinanza, ancor oggi per la gran parte ancorati a diritti per definizione “stanziali”, quali sono i diritti nazionali. Ne deriva una asimmetria di fondo tra processi di mercato – sempre più globali – e forme ancora essenzialmente nazionali di controllo e di governo democratico, oltre che di redistribuzione a fini solidaristici delle risorse . In particolare in Europa, poi, l’essere stati i processi d’integrazione economica elemento storicamente necessario per dare impulso al processo d’integrazione politica ha posto e pone problemi in relazione alla forte necessità di rafforzare circuiti decisionali democratici capaci di promuovere una ‘governance economica’ coerente con gli indirizzi politici comunitari.
2012
Il diritto costituzionale alla prova della crisi economica
9788824321471
Crisi economica; governance economica; Unione europea
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Costituzionalizzare l'economia all'epoca della crisi. Note brevi sui deficit dell'UE e sulle sfide del governo economico sovranazionale / Miccu', Roberto. - STAMPA. - (2012), pp. 553-570.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/513739
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